Sabato 15 marzo scorso, presso il “Music Park Life” di Bientina (Pisa), i Death SS hanno tenuto la loro prima data in Toscana dopo ben nove anni di assenza. Se l’anno passato abbiamo avuto modo di assistere alla loro “resurrezione” (vedi qui l’anteprima di maggio 2013), sia a livello discografico (qui la recensione a Resurrection) sia in merito alle esibizioni live, nei mesi successivi abbiamo visto l’uscita di ben due EP: Eaters, per le feste del solstizio invernale, e ancor più di recente Dionysus, entrambi comprensivi di quattro tracce perlopiù esclusive e due videoclip. A questo punto, mancava solo una data in patria, dove nessuno è profeta, sì, ma anche dove lo zoccolo duro degli ultras si autogenera. Ed è proprio nello scorgere varie generazioni a confronto che il pubblico si è dimostrato interessato e coinvolto, in barba all’attesa quasi decennale.

Il Music Park Life, immerso nel nulla e nella nebbia, è uno spazio suggestivo per questo tipo di eventi. Abbastanza capiente, si è rivelato in grado di ‘contenere’ l’allestimento di un palco impegnativo quale quello della band, difficile da gestire non solo a livello tecnico-sonoro ma anche e soprattutto scenografico.

L’apertura dei Simple Lies non mi ha convinta. La band si è dimostrata ancora acerba ed è stata penalizzata da scelte di scaletta discutibili (presentare - per esempio - la cover di "Holy Diver" in una serata come questa, può far storcere la bocca a gran parte della vecchia guardia, soprattutto se non la si elabora in maniera personale, e di sicuro non può trasmettere il potenziale di un gruppo giovane). C’è di buono che, giustappunto, i ragazzi sono giovani, e sussiste un ampio margine di miglioramento, data l’energia.

Con gli ultimi ritocchi al palco e la semina di crocefissi e fiamme dell’Inferno, l’ora prevista per l’inizio dello spettacolo dei Death SS slitta dalle 23.30 alla mezzanotte in punto, quando l’Ave Satani di Jerry Goldsmith (The Omen) introduce a poco a poco la

band, nonché la storica e violenta Piece of Mind, col suo Magus alla ricerca della verità assoluta. E forse non è un caso che si prosegua con l’Avvento della Bestia e un altro dei brani - e riff - più conosciuti del gruppo: l’energica e catchy Horrible Eyes. Si arriva però al momento di ricordare che, in ogni caso, si è ‘risorti’, e l’Inno di Pan rielaborato in The Crimosn Shrine si rivela una scelta azzeccata per evidenziare l’efficacia live dei pezzi inclusi nell’ultimo album: il retrogusto gothic e la ricchezza dell’arrangiamento acquistano nello spazio del palco ancora più consistenza, e il Fantasma dell’Opera Freddy Delirio, racchiuso al suo organo fra candelabri, diventa una sorta di direttore d’orchestra per questa formazione di cui lui stesso si definisce molto soddisfatto a livello live: oltre al massiccio e instancabile Bozo Wolff, ultimo entrato in line up, incontriamo per la prima volta in Toscana con i Death SS anche il talentuoso chitarrista Al De Noble (nella band dal 2007), uno di quei rari esempi in cui la precisione si unisce al calore; e se, mentre sullo sfondo stelle a sette punte e videoclip richiamano simboli e trame esoteriche, un alchimista deve aver infuso l’argento vivo al bassista Glenn Strange, che dà tutto se stesso da ogni angolo del palco. In tutto questo, l’attenzione del pubblico è calamitata dal Grande Magus dell’Opera in corso, Steve Sylvester: magnetico, carismatico, imperturbabile, sia nell’eseguire classici da condividere con i fan quali Where have you gone? sia nel teatralizzare elegantemente con cilindri e incenso il rituale voodoo del suo Baron Samedi. E di nuovo salti come in un Greatest Hits fra presente e passato, dalla colonna sonora dell’omonimo horror The Darkest Night, primo singolo della resurrezione, alla magica ed evocativa Scarlet Woman, primadonna crowleyana del quarto sigillo (vedi qui l'analisi delle tappe), fino all’ampio capolavoro Terror, dove prende più spazio anche la giovane performer Martyna Smith. Trovandosi alle sue prime esibizioni, non ha ancora uno stuolo di seguaci quanto Dalila, tuttavia la ragazza si dimostra sciolta e disinvolta anche in momenti ostici e molto estremi (precisiamo che Dalila resta comunque la performer titolare). Dati i tempi e i rivolgimenti, sarebbe stato divertente vedere la scena del crocefisso e della suora unita alle tematiche di Sinful Dove; purtroppo Humanomalies e The Seventh Seal sono stati tagliati fuori dalla scaletta. Non ci viene comunque negata la croce in fiamme, né l'entrata in scena dei tenebrosi monaci.

L‘impressione suscitata da The Crimson Shrine raddoppia con l’estatica e orecchiabile Dionysus, ma il pubblico è definitivamente trascinato in cori sistematici da Baphomet: duplice per sua natura nella forma e nei contenuti, si suddivide tra palco e pubblico come parti di un ermafrodito, chiamando gli spettatori a replicare spontaneamente col giuramento anthemico dei templari. Sensazione/immaginario che ovviamente si protrae per tutta la durata dell’invito di Let The Sabbath Begin, in questo equinozio di primavera anticipato di una settimana, nel corso della trascinante Cursed Mama e nello slogan di in Hi-Thech Jesus. Il finale è affidato all’inizio del primo sigillo, ovvero Vampire, con il Signore della Notte che teatralizza la comunione dell’immortalità col suo pubblico attraverso l’offerta del sangue dal calice sacro. Ma il pubblico sa che non può essere finita qui, e la band ritorna per il sunto finale dopo il ricongiungimento degli opposti, col Dio Pan e la sua celebrazione dell’euphoria e del dionisiaco. Dopo Panic, l’immancabile inno di Heavy Demons, e il definivo allontanamento dal palco.

E lo spettacolo non si conclude con le ultime note, ma prosegue in sala con i membri (vecchi e nuovi) della band che si intrattengono con un pubblico in parte cremato dalle fontanelle pirotecniche, in parte segnato da strisce sanguinolente sul volto, residuo della comunione panica (si vocifera che il contenuto del calice abbia un buon sapore).

I Death SS saranno headliner all’Headbanger Open Air (Germania) il prossimo 25 luglio ed è confermata la partecipazione quale unica band italiana allo Sweden Rock Fest di giugno (con, fra gli altri, Alice Cooper, Black Sabbath, W.A.S.P., Rob Zombie e Megadeth). Tenendo conto di questo e della suddetta locuzione “nemo propheta in patria”, vediamo comunque di non far passare altri nove anni prima di rivederli da queste parti...