Palo Mayombe 2011 è scaricabile in formato ebook  da Kipple Officina Libraria, alla quale già altri numerosi autori hanno aderito. Stampa digitale contro stampa cartacea.  Il tuo parere e come vedi in quest’ottica il futuro dell’editoria.

Mah, non vedo perché debba esistere il “contro”. Le due forme possono coesistere perché presuppongono due tipologie diverse di pubblico. Io sono per la carta perché leggo ormai solo più a letto, Nel cuore della notte e dormo un tubo. E poi mi piace la carta, il copertinario, la quarta, le ali... Beh, sono un vecchio e so bene che non è un mondo per vecchi. Ma non sono affatto contro il digitale. Alcuni miei lavori futuri usciranno prima in digitale che in cartaceo. Il futuro non lo conosco, ma suppongo che in Italia le due forme procederanno assieme per un bel po' d tempo. E' molto probabile che il cartaceo perda inevitabilmente qualche numero.

L’anno che si è concluso è stato florido di titoli zombeschi nel cinema, nella TV, nella narrativa e fumetti. Per esempio “L’isola dei sopravvissuti” (sesto capitolo della saga zombesca di George A. Romero) per quanto riguarda il cinema, “The Walking Dead” di Frank Darabont per le serie  TV (ma già a sua volta fumetto),  “Rot & Ruin” di Jonathan Maberry  nella collana Odissea Zombie di Delos Books. Con Selene Pascarella e Giuliano Santoro hai pubblicato, per Gargoyle,  “L’alba degli zombi” che si propone di essere “una summa sull'esalogia romeriana dei living dead”. Raccontaci come hai lavorato a sei mani con gli altri autori e un tuo pensiero sulla figura dello zombie nell’horror (come è cambiata, se è cambiata, per esempio, nel corso del tempo).

Bah, lavorare a sei mani, una volta che ti sei diviso bene il progetto non è per nulla problematico. Ci siamo accordati sul fatto che io mi sarei smazzato la parte storica del tema a mo' di lunga prefazione, lasciando a loro la massima libertà per quel che concerne i voli pindarici sul fronte sociologico, filosofico, statistico etc. Peraltro i due hanno inciampato in me con il progetto già formato e infiocchettato il giorno dopo che io ho ricevuto la commissione del libro da Gargoyle. Unire le forze mi è sembrata una cosa sensata e ragionevole, soprattutto nell'interesse del lettore. E poi, vuoi mettere, tre autori al prezzo di uno? Sullo zombie che si può dire?... E' un archetipo che ha un versante molto curioso, nato con precisi limiti geografici e temporali (Haiti, anni Trenta...) e divenuto, grazie al cinema (e a Romero), un tòpos di valenza universale in grado di spiegare, meglio di tanti salotti televisivi, il temuto scontro di civiltà che speriamo resista nel recinto delle paure più profonde dell'Occidente, senza mai uscirne. Trovo puntualissima l'analogia di Pascarella e Santoro tra lo zombie e la figura del migrante. Come trovo sempre più profetiche e sconcertanti tante immagini del trascorso cinema Romeriano, visualizzate attraverso un'allucinazione in diretta dal futuro (magari quel “serbatoio delle idee” di cui parlavamo prima...), che si materializzano sempre più in certi telegiornali contemporanei. Quei ghetti che sembrano campi di concentramento, quei fili spinati, quella gente “scura” che barcolla ai margini della nostra “civiltà”... George ce li ha già fatti vedere. Il giorno degli zombi, L'alba dei morti viventi... parlavano anche, o soprattutto, di questo.

"Morbo Veneziano" (Cut Up Editore, 2011), tratto da "L’Onda" di Morgan Perdinka, è la tua prima graphic novel.  Che rapporto hai con i fumetti e come ti sei approcciato a questo media nuovo per te? Quali sono state i principali ostacoli e le differenze rispetto allo scrivere narrativa? 

Sono cresciuto a pane e fumetti. Citane uno dagli anni Cinquanta in poi e stai certo che mi è passato tra le mani. La proposta di Stefano “El Brujo” Fantelli non mi ha colto quindi impreparato, quanto meno dal punto di vista del lettore. Tuffarmi nei panni dello sceneggiatore, per quanto non l'avessi mai fatto prima, non è stato difficile e peraltro, da teorico del cinema di lunghissimo corso, conosco ogni passo delle sceneggiature filmiche. Certo, la graphic novel non è proprio la stessa cosa. Però, prodotte le prime 4-5 cartelle, Stefano mi ha gratificato dicendomi: “Vai così, sei perfetto” e sono andato liscio fino alla fine in modo spedito. Le differenze rispetto alla pagina bianca dello scrittore sono immaginabili. Su tutte una: la narrativa non ha limiti di griglia e soprattutto di “parlato”, mentre la graphic novel deve sottostare a un numero imposto di foliazione e non invadere con troppa “verbosità” la tavola che è il regno del disegnatore. Per questo chi arriva dalla narrativa deve autodisciplinarsi in modo rigido, creando mondi con occhio fotografico – e anche cinematografico – perché, occorre ricordarlo, nel reame della graphic novel il disegnatore è il creativo fondamentale. Sono due immaginari che collidono e s'integrano, ma è lui che dona vita al delirio dello sceneggiatore.

Sei un appassionato di leggende metropolitane, ne hai raccontate molte in numerosi articoli e altre le hai raccolte in volumi (ricordiamo il riuscitissimo “Tutte Storie”, pubblicato da Costa & Nolan nel 1994). Da dove nasce questa passione e c’è qualche leggenda metropolitana che ti è rimasta particolarmente impressa?

Sono convinto che ogni genuino frequentatore del mondo horror debba essere anche un buon appassionato di urban legend. Il legame tra i due mondi è per tanti versi molto tenace e basterebbe all'uopo leggere con attenzione non tanto il mio “Tutte Storie” quanto i tanti libri dedicati all'argomento da Ian Harold Brunvand. Nelle leggende americane, poi, ci stanno disseminati poi tanti spunti per non dire veri plot che cinema e letteratura hanno da par loro abbondantemente saccheggiato. E, come ricorderai, alcuni anni fa ci sono stati persino alcuni film dal titolo esplicito, Urban Legend. E' giocoforza rispondere alla seconda parte della domanda che, essendo lo scrittore che ha dato vita alla leggenda di Melissa, la mia leggenda contemporanea preferita è proprio quella del “fantasma della strada” che il fantasma della Bologna-Padova incarna alla perfezione. E giova ricordare che Melissa l'ho incontrata in rete come leggenda spacciata per vera: peraltro è proprio questo il paradosso delle “storie raccontate in giro dall'amico dell'amico”.

Del 2010 è, invece, "Gli Uccelli di Alfred Hitchcock", pubblicato da Un mondo a parte, un saggio che ripercorre la genesi della pellicola del maestro del brivido e la difficile realizzazione e le interpretazioni che si sono susseguite nel tempo. Com’è nato questo progetto, quanto e come ci hai lavorato sopra?

Il progetto nasce da una proposta dell'amico Paolo Zelati, curatore di una collana che si chiama “Libri di sangue”, ottimi volumi dedicati monograficamente a una pellicola di culto. Paolo voleva inaugurare la collana con me e mi ha chiesto di scegliere un film tra quelli più graditi. Non ho avuto dubbi: “Gli uccelli”, anche se qualcuno può dichiararsi non d'accordo, è ancora la summa teorica del thriller contemporaneo, con il suo gioco, perfetto e meraviglioso, tra il “battere” e il “levare”. E poi c'è Tippi, sulla quale nel '63 devo avere sviluppato un gigantesco Mostro dell'Id ancora in giro per il mondo. Ci ho messo più o meno sei mesi. Sono molto contento di questo libro, anche se come molti libri di settore ha una grama distribuzione e poca visibilità. Però ricevere dall'America una foto autografata di Tippi Hedren, con dedica personale e cuoricino affettuoso, non ha prezzo. Più altre foto di lei con il mio libro fra le mani. Questo miracolo lo ha reso possibile Paolo Zelati.

Hai pubblicato più di quaranta libri, sei un instancabile “nomade editoriale”. Cambiare spesso editore è un’esigenza, un’insofferenza o c’è il desiderio di fare le cose a modo tuo?

Caro Gianfranco, io sono transitato attraverso qualsiasi esperienza nel settore. Ho avuto un importante agente e da un certo momento in poi non l'ho più avuto. Ho pubblicato con majors quali Corbaccio, Longanesi, Mondadori, così come ho pubblicato con tanti, valorosi medi e piccoli editori. Non rimpiango né rinnego alcuna esperienza, ma, se ci sono spazio e possibilità, faccio le cose a modo mio, senza che questo naturalmente vada a detrimento degli interessi di chi ha investito soldi sul mio lavoro. Esposto questo con assoluta sincerità, credo di non essere io il nomade editoriale... E' la letteratura che frequento e che produco a essere nomade e non per vocazione quanto per scelta coatta. E' un mondo artistico e immaginale che chiamiamo “horror” per capirci (anche se, come spesso ho confessato, il termine nel mio caso non corrisponde al 100% a quel che scrivo...) e che in Italia fa molta fatica a trovare “casa”. Poi, certo, io sono un curioso dei Gemelli, nomade psichico senza dubbio, sempre alla ricerca di nuovi contatti e nuove esperienze. E questo ha il suo peso. Adesso, da pochissimo, ho stipulato un accordo di rappresentanza con l'egregerrimo Alessandro Manzetti dell'agenzia Dark Circle. Nel senso che torno ad avere l'agente perché l'agente – Cassandra Marsalis insegna... - deve amare il suo rappresentato e il suo lavoro, deve lottare con lui e per lui, e viceversa naturalmente. E ho la certezza che Alessandro, pur non essendo una gnoccona come Cassandra, stima il mio lavoro a profondo livello “motivazionale”. E poi con lui c'è il proposito di andare alla conquista dei mercati esteri. E questa è una nuova e tosta sfida.

Il tuo processo creativo: dall’ideazione di una storia al suo successivo sviluppo. Quali sono le tue tecniche narrative? Quali i tuoi trucchi del mestiere? Quali i tuoi tempi di lavoro?

Le storie, di solito, le rubo alla cronaca. Se ci fai caso, parto sempre da qualche input che ha un corrispettivo nel mondo reale e mediatico. Rock nasce con evidenza dalle troppe, misteriose morti di celebri rock star. Palo Mayombe dal turpe eccidio di Matamoros e dalla carriera criminale di Adolfo de Jesus Constanzo. Malapunta e L'estate di Montebuio dalle profezie in salsa Maya sulla fine del mondo che certo non auspico, ma che mi piace come argomento narrativo. Cronache di Bassavilla e tutto il serial con varianti su Melissa sono state ispirate da un sito in rete che si chiama www.melissa1999 e che raccontava, forse inventandolo, l'enigmatico investimento di una ragazza bionda al km.98 della Bologna/Padova nella notte del 29 dicembre 1999. Non invento nulla perché la realtà è ben più ricca della mia limitata fantasia. Non ho particolari tecniche narrative né trucchi. Un capitolo per volta e, dopo la prima stesura, almeno altri cinque o sei passaggi. Se il romanzo lo richiede (ma se posso, evito...), montaggio alternato con il contrastante punto di vista, e allora in questo caso bisogna limare su varie simmetrie, formali e tematiche. Mi piace molto l'io narrante, che è una funzione “classica” però è molto rischioso per l'univocità visuale. Quel che però mi piace sul serio è “sperimentare” e rompere le regole... Che so, i dieci punti di vista con altrettanti personaggi diversissimi tra loro in Palo Mayombe; le pagine scritte da una macchina da scrivere “posseduta" in L'estate di Montebuio; l'io narrante di un avatar virtuale in Malapunta che sparisce dalla scena a un terzo di libro perché ucciso in una sorta di sogno lucido condiviso. Gli editor di scuola qualche volta mi hanno rimproverato perché, a loro dire, il “focus” in questo modo è traballante. Non sono ovviamente d'accordo, ma è vero che sono indisciplinato e che sin dalla più tenera età detesto nozionismi e pedanterie scolastiche. Poi, per carità, se devo farlo, mi adeguo ai suggerimenti di un editor.  Perché in questo modo deve comportarsi un vero professionista. Ma l'horror deve essere ancora il campo dello sperimentalismo e delle avanguardie.

Chiudiamo con una domanda di rito. Ci puoi dare qualche anticipazione sui progetti futuri?

Progetti ne ho. E lavori in corso pure. Ma adesso con Dark Circle ho il dovere di tacere e di dare fiato alle trombe quando e se concretizzeremo le nostre ambizioni. Comunque Melissa sta per tornare. E stavolta scatena la guerra.

Grazie, Gianfranco.

Danilo Arona, giornalista, scrittore, musicista, ma anche ricercatore sul campo di "storie ai confini della realtà", critico cinematografico e letterario, instancabile "nomade" editoriale. Al suo attivo un incalcolabile numero di saggi sul cinema horror e fantastico e sul Lato Oscuro della Realtà. Decine sono i titoli dei suoi romanzi, da anni si dedica alla narrativa elaborando un personale concetto di horror italiano legato alle paure del territorio, forse in grado di dimostrare che la nostra solare penisola è uno dei più vasti contenitori mitologici del pianeta.