In questo mese di febbraio troviamo in libreria il romanzo La figura di cera (2011) dello scrittore romano Riccardo D’Anna.

L’autore dichiara che l’idea  del suo romanzo è scaturita dalla lettura del famoso romanzo di Simon Raven, dal titolo Il morso sul collo,  pubblicato a suo tempo, era il 1968, dalla Longanesi e poi riproposto recentemente da Gargoyle.

Il romanzo di Raven è un mix di vampirismo e antichi riti minoici e su questo romanzo Riccardo D’Anna  ha costruito il suo La figura di cera che potremmo considerare una sorta di sequel.

I protagonisti ora si trovano alla prese con una serie di misteriosi suicidi e con la scomparsa dalla tomba del corpo di una marchesa famosa per la sua bellezza e per essere stata amante di Gabriele d’Annunzio. Scompare anche una statua di cera con le sue fattezze nobildonna, forse creata con pratiche negromantiche e da cui avrebbe attinto nuova vita.

L’azione poi si sposta a Venezia e successivamente a Berlino, una città che mostra ancora le ferite della guerra, ma dove si possono rintracciare i residui di società segrete legate alle pratiche magiche del nazismo.

Sarà una corsa contro il tempo.

 

L’autore:

È nato a Roma nel 1962. Vive e lavora nella sua città natale.

Ha curato l'antologia sull'idea di nazione Frammenti d'Italia (Roma 1993). Ha pubblicato Roma preraffaellita. Note su Gabriele D'Annunzio, Diego Angeli, Giulio Aristide Sartorio, per l'Accademia nazionale dei Lincei (Roma 1995), e un saggio sui mutamenti riguardanti scrittura e lettura in epoca contemporanea (e-Book. Il libro a una dimensione, Roma 2001). Collabora a Nuovi Argomenti, con interventi critici, testi poetici e altro.

Nel 2006 ha pubblicato Una stagione di fede assoluta.

Nel 2009 esce il suo secondo romanzo: Saint-Ex, ipotesi fantasiosa sugli ultimi giorni di vita di Antoine de Saint-Exupéry.

 

Un brano:

... una mano ossuta emerse fulminea da un mantello scuro che si confondeva col buio circostante, lo afferrò saldamente per un polso. Jean comprese che ogni tentativo di divincolarsi o di sfuggire

al dominio di quella creatura sarebbe stato vano: gli occhi sembravano dilatarsi progressivamente e bruciavano dentro i suoi, mentre una sensazione di gelo, penetratagli dalla nuca, si diffondeva in tutte le ossa. Tentò di urlare, ma dalla bocca spalancata non venne fuori alcun suono.

Un alito mortifero di fiori marci e terra umida lo investì, nauseandolo, fino a fargli quasi perdere i sensi. Poi non sentì più nulla, come se il corpo gli fosse improvvisamente divenuto un'entità disincarnata. C'era solo il sangue, che pulsava a rapide ondate nei globi oculari. La mano aveva allentato la sua presa d'acciaio, risalendo l'arco delle spalle fino a carezzargli il viso.

Labbra vellutate gli sfioravano il collo. I neri capelli della donna fluivano come un fiume sotterraneo, notturno.

 

La “quarta”

 

Londra 1958.

Una serie di misteriosi suicidi preludono alla riapertura di un caso risolto forse solo in apparenza, denso di preoccupanti e inaspettati sviluppi.

La scomparsa dalla tomba di una marchesa caduta in disgrazia, da poco defunta fra le mura di un appartamento londinese – donna dall’indiscutibile fascino, musa ispiratrice di D’Annunzio, appassionata di occultismo e interprete dei brillanti riti della belle époque – muove i protagonisti, in una corsa contro il tempo, alla ricerca del suo calco di cera da cui ella avrebbe potuto riattingere vita.

Dopo un incontro a Venezia con Peggy Guggenheim, i nostri eroi si vedranno costretti a recarsi a Berlino, in una città che mostra ancora le ferite della guerra e dove sopravvivono gli ultimi scampoli di quelle società segrete che furono legate ai presupposti oscuri e alle origini magiche del nazismo.

Non solo, quindi, un semplice romanzo di genere, ma un racconto che coniuga atmosfere noir e sfondi storici, personaggi reali e derive fantastiche.

Concepito quale omaggio al Morso sul collo di Simon Raven (Gargoyle 2009), La figura di cera è in realtà una sorta di obolo sentimentale che l’autore versa nei confronti dell’horror classico, che riaffiora timidamente non tanto e non solo in chiave letteraria: dai film della Universal a quelli della Hammer, da Vincent Price e Lon Chaney junior a Basil Rathbone e Nigel Bruce, indimenticati interpreti della coppia Holmes-Watson.