Il cinema italiano è impresentabile, ingiustificabile e ridicolo. Adesso è pure morto? Oh! E noi dovremmo piangere lacrime di coccodrillo? Suvvia, signori, siamo seri. C'è da festeggiare e farsi quattro risate!

Qui non si tratta di voler fare provocazione, né creare polemiche o altro. Semmai si tratta di dire le cose come stanno, senza tanti fronzoli sociologici, psicologici, o altre supercazzole assortite.

Si parla un po' dappertutto dell'autunno difficile del cinema italiano. Altro che difficile: a dire così sembra che ci sia ancora qualcosa da salvare. Ma niente, bisognerebbe dichiarare l'ora del decesso. Punto e basta.

Diamo un'occhiata alla top 100 dei film più visti di quest'anno: c'è l'eccezione-che-conferma-la-regola, Non ti muovere di Sergio Castellitto al decimo posto con 8 milioni 449 mila euro d'incasso. Poi? 34esimo per Le chiavi di casa di Gianni Amelio con 3 milioni 691 mila euro; 51esimo posto per Ovunque sei di Michele Placido con 2 milioni 247 mila euro; 52esimo L'amore ritrovato di Carlo Mazzacurati con 2 milioni 231 mila euro. Il vuoto. Ed ecco poi la commedia all'italiana dei Vanzina, In questo mondo di ladri (1 milione 112 mila euro), lo stra-super-impegnato Lavorare con lentezza di Guido Chiesa (973 mila euro), l'italico-noir-di-cui-tutti-parlano-bene Le conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino (912 mila euro), etc, etc, disastro dopo disastro, flop dopo flop, uno spreco di soldi e tempo e risorse umane dopo l'altro.

Bene. Tutto questo cosa c'entra con l'horror, col weird, col fantastico?

Nulla. Si tratta solo di avere qualche conto in sospeso, qualche sassolino nelle scarpe.

Quali sassolini? Vediamo un po' se indovinate perché a noi viene da ridere quando pensiamo che in un weekend Donnie Darko ha incassato venti volte quello che ha totalizzato Nel mio amore di Susanna Tamaro.

In un week end.

Che risate!

Parliamo di un film assente dai cinema nostrani per 4 anni (Donnie, mica quello della Tamaro)! Un film che se non fosse stato per il tam-tam dei fan e la fibra ottica, nelle nostre sale non ci sarebbe mai arrivato, più o meno come quel Dog Soldiers relegato subito in formato dvd.

Ma ecco arrivare le supercazzole dei critici, degli esperti prezzolati, dei difensori dell'onore del cinema del paese dei cachi. Perché guai, guai a dire che si merita la condizione in cui si trova. Guai a fare un po' di sana autocritica e darsi due bei sberloni sulla faccia per svegliarsi.

E' colpa della tv, ceeerto! Ma pensateci un po': accendi la tv è dappertutto c'è Donnie Darko. Speciali, interviste, dietro le quinte, servizi al tiggì, regista e attori ospiti di Maurizio Costanzo. Mentre Stefano Accorsi non lo vedi manco a pagare, mai uno specialino su di lui, mai due minuti di intervista. Mai.

E' proprio vero, no?!

Oppure, vuoi vedere che il problema è il pubblico!

Ecco, dobbiamo sentirci in colpa! La causa dei risultati disastrosi del cinema italiano siamo noi! Noi siamo troppo beceri per capire la poesia delle piccole cose, dei sentimenti, delle piccole cazzatine quotidiane. Caspita, non andiamo nemmeno a vedere il noir made in Italy del momento! Che ottusi, che neanderthaliani! Ma come, tutti a dire che il noir italico è un genere splendido e splendente (anche se nessuno ha ancora capito cosa diavolo sia), di immensa potenza espressiva, che racconta la realtà in modo disincantato...

Ecco, sì, certo... andate a vedere Occhi di cristallo, per esempio. Poi ne riparliamo. E sì che si presentava pure bene.

Siamo esterofili, allora. Qualsiasi cosa viene dall'estero la preferiamo ai prodotti italiani anche quando è qualitativamente inferiore.

Balle! Balle di dimensioni planetarie!

Siamo esterofili perché non c'è altra possibilità. Perché i prodotti italiani decenti si contano sulle dita di una mano, e ce li teniamo ben cari (devo citarvi certe cose di Dario Argento? O Mario Bava?). Il resto è spazzatura. E va deriso oppure mandato in discarica e dimenticato. Non farlo significa essere complici dello scempio.

Nei salottini bene della critica salariata si viene guardati in cagnesco se si dice che sì, si ama l'horror, il fantastico, e non ci si spiega perché (altro esempio) Shaun of the Dead non sia mai stato distribuito nelle nostre sale, dove invece hanno trovato posto (grazie a chissà quali maneggi) i soliti pidocchiosi filmetti nostrani. Che beceri! Davvero! Ma che bestie siamo se preferiamo gli zombi alla suddetta piccola poesia delle cazzatine di provincia?

Capiamoci: nei salottini bene della critica salariata sono tutti molto presi a stringersi le mani sudaticce e "sentirsi" intellighenzia, cantori radical-chic dell'attuale momento storico, oppure a organizzare cene e cenette e pranzi e colazioni e merende e spuntini di mezzanotte in cui sedersi attorno a un tavolo e fare elite o cose tipo il finale di Society di Brian Yuzna. E l'horror, a meno che non sia stravecchio o di serie-Z (perché l'intellighenzia ha un culto per il trash, per autentica simpatia, come per i film di Pierino), non fa abbastanza figo. Per non parlare della fantasy o dei film coi supereroi! Giusto un po' di fantastascienza ogni tanto, se è abbastanza d'autore e offre simboliche critiche sul presente e i problemi delle periferie.

Però, un momento... non è che siamo dei fanatici dell'escapismo a tutti i costi? Degli sfigatissimi nerd maniaci dell'intrattenimento vuoto? Macché, mica ci sorbiamo i reality show in tv. Tutt'altro. Solo la pensiamo come Giuseppe Lippi, che in un celebre editoriale di Urania (n. 1288) scriveva: "Se un buon romanzo, oltre a essere avvincente, è anche profondo, benissimo! Ma non si può, e non si deve, promuovere con un 6 un'opera mediocre, noiosa o mal scritta solo perché al suo centro è l'uomo, riflette le problematiche di domani, è una metafora, ecc. ecc. Diciamo che ci interessano molto meno le metafore dei racconti e romanzi ben scritti." Sostituite romanzi e racconti con film, e c'è poco da aggiungere.

Ultima ipotesi: siamo invidiosi. In Italy siamo tutti artisti, no? Tutti scrittori, registi, poeti... allora diamo contro al cinem(ino) nostrano perché ci rode che a farlo siano altri. Non possiamo essere invidiosi del cinema americano, che è troppo lontano e sempre un po' esotico, ma possiamo esserlo del nostro.

Anche in questo caso: come no! E mica perché in fondo non siamo pure un po' invidiosi. Vedete, invidia significa (Devoto-Oli alla mano) "malanimo provocato dalla vista dell'altrui soddisfazione".

Soddisfazione?! Il cinema nostrano? Per cosa? Per aver conquistato il 55esimo posto al botteghino, con sopra il capoccione persino le peggiori teen comedy americane! Ma questo è cabaret! E' comicità pura e semplice!

Non c'è invidia perché non c'è un cavolo da invidiare, né qualità né risultati (uhm, dimeticavo i contributi statali, però)!

Troppo cattivi?

Forse. Ma ecco un'ultima piccolissima riflessione.

Esiste un cinema italiano underground vivo e vegeto, pieno di idee e di fermento.

Non serve citare questo o quel regista di corti. Il nostro sito è pieno di segnalazioni di rassegne e iniziative "amatoriali".

Ne consegue una (moto)sega mentale: che si butti acqua, bambino, tinozza, asciugamani. Anzi: che in una scena alla Qualcuno volò sul nido del cuculo, si sdradichino pure i lavantini, i boiler, le vasche da bagno e si usino per schiantare le porte e le finestre di questo manicomio conosciuto come "cinema italiano".

Che si butti tutto, senza eccezioni, senza pietà.

Al diavolo la gavetta, i maestri e le scuole. Che si riparta da zero proprio da quei giovani registi delle rassegne amatoriali. Ora, subito, prima che la mancanza di tempo (lavorano, loro!) e di denaro faccia sì che si rompano le palle e appendano la videocamera al chiodo.