Ciao Cristiana. Benevenuta su Horror Magazine. Io entrerei subito nel vivo, per parlare dell’ultimo progetto in cui sei stata coinvolta, ovvero “Anime Nere Reloaded”. Puoi raccontarci com’è successo e come hai accolto la proposta?

Be’, al curatore Alan D. Altieri era piaciuta la mia raccolta di racconti Il Re dei topi e altre favole oscure che in effetti contiene una massiccia dose di crudeltà… forse è stato uno degli elementi che l’ha spinto a invitarmi a partecipare. Inoltre Sergio è un grande amante dell’horror e mi ha chiesto se potevo dare una connotazione di quel genere al mio racconto. Per me è stato un invito a nozze (di sangue ovviamente!)… non vedevo l’ora di mettermi a scrivere!

Il racconto che hai scritto per la raccolta (“… Ti piace il sangue?”) è incentrato sull’eterno mito dei vampiri, ma si tratta di vampiri ben lontani dallo stereotipo letterario ottocentesco. Rimane, in un certo senso, l’aspetto ‘dandy’, quantomeno nella griffe, ma la loro superficialità e banalità interiore si distacca anche dal superomismo di certi personaggi legati a varie serie televisive. Come ti è venuta l’idea?

Avevo voglia di parlare di vampiri, ma non quelli del cliché ottocentesco o dei romanzi di Anne Rice. Perché nella nostra società dei consumi ciò che ci inquieta di più è quello che temiamo di poter diventare: superficiali, indifferenti, anaffettivi. Così ho scartato subito il vampiro romantico e decadente e ho provato a immaginarne uno cinico e nichilista, insomma, un vampiro nell’aspetto ma uno zombi nei sentimenti.

Inoltre, anche secondo la tradizione, il vampiro è l’unico mostro che non viene riflesso dallo specchio: è infatti un nulla e per esistere è condannato a succhiare il sangue, la vita e l’identità di chi lo circonda.

So che sei laureata in psicologia. Si tratta indubbiamente di una materia che aiuta nella caratterizzazione dei personaggi e nella costruzione di intrecci intriganti. Quanto fai ricorso ai tuoi studi universitari nel momento in cui stai ideando una storia?

Spesso. I labirinti mentali mi intrigano e mi affascina costruire personaggi complessi che agiscono spinti da forze psicodinamiche. Forse il mio racconto più psicoanalitico è proprio Il re dei topi in cui ho utilizzato nozioni che avevo appreso sulla violenza domestica e sulle famiglie disfunzionali. Non a caso lo considero anche il più crudele. Mi piace però inserire i riferimenti in modo occulto e sottile, non sbandierare le classiche tematiche freudiane per raccontare per esempio i traumi dei serial killer, come fanno molti romanzieri americani, spesso in modo cialtrone.

La tua raccolta “Il re dei topi e altre favole oscure” ha suscitato grande scalpore. Joe R. Lansdale ha detto di te: “Una scrittrice di storie lucide e taglienti, una stella brillante che diffonde rapidamente il suo chiarore nei cieli della letteratura”. Che effetto ti ha fatto?

Be’ era da anni che leggevo le sue storie, quando ancora in Italia era un perfetto sconosciuto e lo pubblicavano solo su vecchi Urania o su raccolte horror che scovavo in biblioteca. Eppure il suo personaggio mi affascinava: non ci sono molti scrittori come Joe appassionati di fumetti splatter, di cinema horror, di Elvis e di Johnny Cash e con quel dannata ironia che anziché smitizzare le storie paradossalmente le rende più epiche. Quando mi è arrivata la sua mail con il blurp sono praticamente svenuta!

Ma Lansdale non è certo stato il solo. Per Alan D. Altieri hai “tutti i numeri per diventare la nuova frontiera dell’horror Italian-style”. Ma, per chi volesse seguire le tue orme, come si potrebbe definire ‘l’horror Italyan-style’? Quali caratteristiche dovrebbe avere, al di là dell’ambientazione?

Posso dire qual è la mia idea di horror, poi non so se questo debba essere l’Italian Style, anche perché considero tra i miei più diretti ispiratori due stranieri come Stephen King ed Edgar Allan Poe. Mi sento molto vicina al King più realistico, quello che narra l’orrore del quotidiano, come in Misery, Uscita per l’Inferno, Stand by me, lo stesso It. Alla fine in It quello che fa più paura non è il mostro, ma il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Nelle mie storie prevale quindi l’intreccio psicologico, ma narrato attraverso l’azione, l’avventura, il noir… Racconto le paure che abbiamo dentro, gli istinti inconfessabili, l’amore che ci succhia il sangue, le debolezze nostre e altrui, la difficoltà nell’affrontare i lutti, le ossessioni che ci torturano. Nessun mostro, dunque, o forse troppi. Come quando a volte ti alzi alla mattina e non hai il coraggio di guardarti allo specchio perché sai che il vero mostro sei tu.

Ho avuto occasione di leggere il tuo racconto “Primo Step” (raggiungibile attraverso il blog del tuo MySpace). Il retrogusto, più che horror, è decisamente hitchcockiano. So che hai scritto anche diversi saggi d’argomento cinematografico. Quali sono i tuoi capisaldi?

Il cinema mi appassiona da sempre e indubbiamente influenza la mia scrittura, sia nella forma che nei contenuti. Per me una storia perfetta sarebbe quella con il rigore di Cronenberg, l’irriverenza di Todd Solondz, le musiche di Carpenter, la perversione di Mario Bava, la cattiveria di Haneke, il ritmo di Di Leo, la passione di Peter Jackson e di Rodriguez, i dialoghi di Sergio Leone… ma mi fermo altrimenti non finisco più!

Hai scritto anche il romanzo a fumetti “L'amore ci separerà” (De Falco). Potresti parlarne ai nostri lettori distratti? Ne approfitterei anche per fare un excursus sui tuoi gusti musicali, visto che il titolo richiama chiaramente un celebre brano dei Joy Division…

Sì… non saprei dire se si tratta di un horror a sfondo romantico o di una storia romantica a sfondo horror, comunque sicuramente Eros e Thanatos ne sono i protagonisti, insieme a una ragazza che si innamora di un tipo misterioso e dal passato inquietante il cui destino si intreccia con una leggenda di esorcismi… Da leggere con l’omonima canzone dei Joy Division che mi ha ispirato. Mi capita spesso di affidarmi alle suggestioni delle canzoni. Ascolto soprattutto musica rock (specie quella anni Settanta), ma anche new wave, e un po’ di metal, dai Rolling Stones ai Velvet Underground, dai Cure a Nick Cave, dai Metallica ai Led Zeppelin a Johnny Cash… ma la vera passione che mi porto dall’adolescenza è quella per Bruce Springsteen. Sogno di riuscire a scrivere un racconto che emozioni come i suoi pezzi migliori…

Com’è nata la tua passione per il fumetto e, soprattutto, la determinazione per portare avanti progetti di questo tipo?

Ho sempre letto fumetti, fin da piccola… ricordo che adoravo Diabolik, Satanik, Asterix, Dylan Dog e i mitici racconti di Zio Tibia… Molti genitori non vogliono che i figli li leggano, li considerano una scorciatoia dai “libri veri”. Invece li trovo molto istruttivi: ti fanno capire come si racconta dal punto di vista visivo, sviluppano il gusto cinematografico per il montaggio e per le inquadrature, il senso del ritmo e dei dialoghi, tutti elementi fondamentali per la scrittura in prosa. E, soprattutto, ti fanno vedere un mondo parallelo a quello quotidiano e ti convincono che l’avventura esiste… che è poi il motivo vero per cui non smetteresti mai di scrivere. Berenice di E. A. Poe l’ho letto la prima volta alle elementari in una di quelle riduzioni a fumetti in bianco e nero. Ricordo ancora il dettaglio delle labbra della donna e la didascalia a caratteri cubitali che diceva: “Quei denti… volesse Dio che non li avessi mai guardati o che, avendoli guardati, fossi morto!” E poi c’era il titolo, non Berenice e basta come il classico di Poe, ma “Berenice!”. Ed è in quel punto interrogativo, secondo me, che sta gran parte del senso del fumetto.

Hai tradotto autori come Jeffrey Deaver, Douglas Preston, Richard Stark, Jeff Lindsay e Stuart Kaminsky. Sei alle prese con qualcosa di particolare, ultimamente?

Purtroppo sì… dico purtroppo nel senso che manca poco alla data della consegna e quando lavori troppe ore al giorno su un testo finisce che spesso ti ci immedesimi. Figuriamoci ora che sto traducendo Monster Nation di David Wellington (il seguito di Zombie Island), una storia apocalittica in cui gli zombi invadono gli Stati Uniti… non posso certo dire di annoiarmi! Anche se la traduzione in assoluto più divertente è stata Dearly Devoted Dexter, il secondo volume delle avventure del mitico serial killer di serial killer, il protagonista dell’omonimo telefilm. Mi ero così affezionata a quel personaggio che mi era quasi dispiaciuto finire il libro e per un po’ mi veniva da parlare usando il suo lessico bizzarro.

Ma sicuramente avrai anche qualcosa di tuo che scalpita nel cassetto…

In effetti sì, ma per scaramanzia preferisco non parlarne, anche perché si tratta di un incrocio tra un noir e una storia di spettri e, si sa, con i fantasmi non si scherza, specie con quelli di attrici di B-movie misteriosamente scomparse che poi ricompaiono…

Grazie mille per la tua disponibilità, Cristiana. Speriamo di avere presto news sui tuoi lavoro futuri.

Cristiana Astori, nata ad Asti, vive a Fossano (Cuneo). Laureata in psicologia, vincitrice di numerosi premi letterari, ha pubblicato racconti su antologie, fra cui Agenda Fnac (2004), l'antologia bilingua Santi - Lives of modern saints per la casa editrice americana Black Arrow (2008), Anime Nere Reloaded (Mondadori, 2008) e periodici (fra i quali M-Rivista del mistero) e il romanzo a fumetti L'amore ci separerà (De Falco, 2003), disegnato da Alberto Lingua. Il suo Il re dei topi e altre favole oscure (Alacràn, 2006) è il primo libro italiano cui Joe R. Lansdale abbia dedicato una frase di lancio.

L'indirizzo MySpace dell'autrice è: www.myspace.com/lost_tulip