Con Lingue morte il giovane Davide Garbero ha raggiunto la sua prima pubblicazione ad appena diciotto anni, un esordio controverso e precoce che ha avuto il sapore di un caso letterario. I racconti di questo giovane autore sono stati rifiutati dal giornalino della scuola perché ritenuti contro la morale. E con buone ragioni. Perché allo stesso modo di altre raccolte di racconti “da battaglia” come Anime Nere, Davide rovescia sul lettore una carica di violenza talmente esagerata da sfiorare il surreale, senza mai trattenere i colpi o scadere nel peccato mortale dell'autocensura, ma anzi intingendo il suo stile di un umorismo spietato e di una lingua affilata e talentuosa. E sono questi i racconti che più ci piacciono, quelli che dicono la verità senza porsi alcun freno alla lingua: Davide la morale la vede, ma con la rabbia e l'incoscienza di un teenager la irride e poi ci piscia sopra. D'altronde, come redimere l'immagine di un nano drogatissimo e vestito da Tarzan che usa le gambe mozzate di una bambina come armi?

Ispirato dall'immaginario di cattivi maestri come Bukowski, Luttazzi e soprattutto da Tarantino e dal suo Pulp Fiction (film da cui Davide prende a prestito sia la struttura che le situazioni di molti racconti), in Lingue morte l'autore ci presenta dieci racconti cannibali, dove i protagonisti sono piccoli criminali, reietti, sfigati, cannaioli e antieroi vari, tutti a modo loro preda di situazioni che partono dalla quotidianità per poi scivolare senza fine (colpevoli o meno) per un sentiero scosceso lastricato di depravazione e sfortuna nera. Tutti i racconti dell'antologia sono di buona qualità, anche se non tutti sono eccelsi: la violenza domestica portata all'estremo di 26 dicembre setta il tono dell'intero libro, passando per i bellissimi L'ispirazione, A Bridge To Paradise e il climatico giro di boa di La bara, mentre i racconti in chiusura sono forse meno scioccanti e più che altro “scostumati” e ironici (penso a Buona Domenica e Padre Pio), fino alla entropico non-sense di Prove d'assurdo. Ma in fondo non si tratta altro che delle scorie (pur profumate) di una altrimenti possente esplosione di talento.

Una lettura per stomaci forti e dalla mente aperta, e un autore da tenere d'occhio per i suoi prossimi lavori.