E' una calda giornata estiva. Un'allegra famiglia è in viaggio, pronta per godersi giorni di spensieratezza presso la propria villetta sul lago. Non appena giungono alla residenza, i coniugi notano subito stranezze nei vicini. Non passa molto tempo che due giovani a modo suonano al campanello, chiedendo gentilmente in prestito qualche uovo.

Michael Haneke non si limita a riproporre quanto realizzato da lui stesso solo dieci anni prima, con qualche stella in più nel cast e l'ambizione di sfondare dove non era riuscito in precedenza, ma riesce a creare un remake fondato sulla citazione che non sia fine a se stesso. I riferimenti ai grandi classici del passato si sprecano, a partire dalla locandina, che atteggia l'opera ad Arancia meccanica del nuovo millennio, ai titoli di testa richiamanti spudoratamente Shining. Addentrandosi nella visione si assiste a un susseguirsi di scene prese da tutta la filmografia di genere orrorifico, in un concatenamento di deja-vu che risulta tutt'altro che spiacevole.

Tutto questo, come abbiamo già detto, è finalizzato. Il fatto di essere rifacimento di se stesso viene utilizzato per amplificare la critica già presente nella prima versione, mentre le molte citazioni vengono saggiamente impiegate per un'accurata analisi dello spettacolo dell'orrore. Lo spettatore viene preso in giro utilizzando i più banali trucchetti psicologici, inducendo aspettative che vengono immancabilmente deluse e sadicamente denigrate. Al contempo, si ironizza sull'onnipotenza del deus ex-machina che è il regista, utilizzando i cliché più diffusi per renderli parodia.

Tuttavia si è ben lontani dalla demenziale autoironia di film come Scary movie: Funny games è una seria critica ricca più di sarcasmo che di ironia e che difficilmente riuscirà a strappare dei sorrisi. Il cinema viene caricaturizzato in certi suoi aspetti, ma non viene mai fatto scadere nel ridicolo. Al contrario, la tensione viene sempre mantenuta sul filo del rasoio e, nonostante certi passaggi volutamente tragicomici, l'amarezza e la crudeltà non vengono mai risparmiate.

Tutto il lavoro si manifesta tramite un'ottima realizzazione tecnica, con delle inquadrature taglienti e una fotografia ineccepibile. Una nota di merito va alle interpretazioni, in particolare a quelle dei due “drughi”, che riescono a conciliare la loro anima da delinquenti col viso d'angelo, con una gentilezza perversa alla Annie Wilkes (Misery non deve morire). La solida sceneggiatura sostiene una trama in se poco innovativa, ma che non manca di elementi di originalità, soprattutto per la maniera in cui viene posta. Un accenno lo merita anche la scelta delle musiche, utilizzate in pochi passaggi ma in maniera efficace, con l'accostamento agrodolce della musica classica di Mozart col grindcore dei Naked city.

Il difetto principale di Funny games risiede nel suo essere forse un po' troppo altezzoso, aspetto che a qualcuno potrebbe dar fastidio. La ricerca di qualche virtuosismo un po' forzato farà storcere il naso dei cinefili più raffinati, ma non comprometterà in alcun modo il piacere della visione. Inoltre, gli amanti del gore potrebbero lamentarsi di qualche fuori campo di troppo, mentre qualche scena di splatter ponderato ma più spinto sarebbe stata certamente funzionale.

A conti fatti, Michael Haneke porta a casa un ottimo risultato, creando un buon film dell'orrore a modo suo originale, che riesce a distinguersi nel marasma di copia/incolla generalizzato e riuscendo a proporre qualcosa di nuovo pur essendo un remake. Assolutamente consigliato.