A due anni di distanza da Songs of darkness, words of light, tornano i re incontrastati del doom. I My Dying Bride possono essere ormai considerati una band storica a tutti gli effetti, con una carriera di otto studio album in quattordici anni, curante i quali, fin dallo splendido debutto As the flower witers, il combo britannico non ha mai fatto un passo falso. Regalando ogni volta album dai gusti profondamente diversi gli uni dagli altri, ma sempre segnati dal loro inconfondibile marchio di fabbrica, lungo gli anni i My Dying Bride si sono saputi evolvere, dapprima discostandosi dagli opprimenti inizi per dedicarsi a un romanticismo dolce e malinconico, per poi andare a ripescare le tematiche death negli ultimi lavori.

Con questa esperienza alle spalle esce A line of deathless kings, nono full-lenght per gli inglesi, che ancora una volta non deludono sfornando un lavoro nuovo ma che non dimentica le proprie radici. Non aggressivo come il predecessore, né disperato come The light at the end of the world e privo della malinconia di The dreadfull hours, quest'ultimo studio-album risulta un perfetto connubio tra death melodico e le atmosfere cupe che caratterizzano lo stile musicale dei nostri. I cantati di Aaron sono quasi sempre puliti mentre il growl si sente solo in un paio di rapidi passaggi. La sua voce è convinta e meno pregna di quel senso di disperazione cui ci aveva abituato col suo gelido lamento. Le chitarre sono sempre potenti, le ritmiche spesso si avvicinano molto a quelle del melodic-death, senza però sacrifcare nulla all'atmosfera. Inoltre la struttura del disco è particolarmente compatta, priva di passaggi più atmosferici come potevano essere Sear me III o My wine in silence, né sono presenti track più sperimentali come The blue lotus o Le figlie della tempesta.

Una nota di riguardo va rivolta all'artwork, mai stato così curato nei loro precedenti lavori. Armature, spine dorsali fluttuanti e spettrali cavalieri alati campeggiano su uno sfondo in bianco e nero a metà tra l'epico e l'industriale.

Nel complesso i My Dying Bride sfornano il nono ottimo album, col quale continuano a dimostrare di essere gli inavvicinabili sovrani del doom inglese. Assolutamente consigliato.

Tracklist

1. To reamin tombless

2. L'amour detruit

3. I cannot be loved

4. And I walk with them

5. Thy raven wings

6. Love's intolerable pain

7. One of beuaty's daughters

8. Deeper down

9. The blood, the wine, the roses