Il nome Meshuggah è ormai da dieci anni sinonimo di sperimentazione a favore di un Thrash metal dalle forti inclinazioni progressive condite da ferocia sovraumana. Gli svedesi, consapevoli delle loro doti tecniche e dell'incredibile songwriting, confezionano un lavoro di altissimo livello compositivo che non lascia spazio alla melodia ma che si prefigge un unico obiettivo concreto: fare della violenza sonora un'elemento sì lobotomizzante ed ipnotico ma soprattutto imprevedibile.

Obiettivo centrato concependo Catch 33 come un' unica canzone divisa in 13 capitoli capaci a loro volta di spaziare dal thrash metal, al progressive, all'acustico, al jazz, al death con una disinvoltura tale da annichilire l'ascoltatore forte di un'assalto sonoro di rara potenza.

Perché è proprio la potenza l'elemento base del sound, sempre presente nel mondo del metal ma troppo spesso di inefficace presa, ma non in questo caso: i Meshuggah giocano sul fatto di riuscire a ipnotizzare l'ascoltatore con continui cambi di tempo dalla grande presa e un tiro dei pezzi tutt'altro che scontato.

Gli assi che calano gli svedesi non sono certo ritornelli o sulfuree melodie, ma riff che s'incastrano in un marchingegno perfetto sviluppando trame oscure e schizofreniche, guidate dalla pazza voce di Tomas Haake che ricorda un malato che urla disperato chiuso in una camera di qualche manicomio.

L'umida oscurità che permea il lavoro innalza episodi come nella centrale In Death is Death dove un break di soffocante efficacia trascina la canzone attraverso i tredici minuti della sua durata come attraversare un labirinto.

Le caratteristiche del gruppo, per chi li segue dall'esordio Destroy Erase Improve, sono anche qui pienamente riconoscibili: suono tozzo, basso rugginoso, cantato urlato, batteria triggerata, il tutto a favore di quell'ideale distruzione sonora che è chiara fin dal primo ascolto.

Chiaro è il fatto che il gruppo ha spostato il mirino nella pulizia del sound in sede di produzione, a differenza del precedente Nothing il full-lenght risulta meno pastoso e più "snello" evidenziando la precisione chirurgica dei singoli strumenti.

Punto a favore quindi per i Meshuggah che si candidano come haedliner di un movimento musicale che forse potrà risultare per i più conformisti monotono, poco accessibile e difficilmente digeribile, ma dopo continui ascolti l'album cresce a dismisura catturando prima i sensi, poi il cervello; sensazioni nevrotiche di freddo, ma stranamente piacevoli.TRACKLIST:

1. Autonomy Lost

2. Imprint Of The Unsaved

3. Disenchantment

4. The Paradoxial Spiral

5. Re-inanimate

6. Entrapment

7. Mind's Mirror

8. In Death Is Life

9. In Death Is Death

10. Shed

11. Personae Non Gratae

12. Dehumanization

13. Sum