Nel corso di una notte intera, un’équipe televisiva composta dalla reporter Angela e dal suo cameraman Pablo accompagna una squadra di vigili del fuoco nei suoi interventi. Si tratta di seguirli dal vivo e in diretta per mostrare il modo di vivere di questi professionisti, il loro lavoro, le lunghe attese, le situazioni di rischio.

La loro prima uscita, quella che sembrava un’azione di routine, si trasforma inaspettatamente in un inferno. Intrappolati all’interno dell’edificio, la coppia di vigili del fuoco e l’équipe televisiva dovranno confrontarsi con un terrore sconosciuto e letale. Qualcosa di sinistro e maligno che si sta estendendo senza controllo.

“Pablo riprendi tutto… porca puttana!” con questa frase, detta dalla reporter Angela (Manuela Velasco) al suo cameraman Pablo, si può riassumere il tratto distintivo di Rec, film spagnolo nelle sale italiane dal 29 Febbraio, diretto dalla coppia di registi Jaume Balagueró e Paco Plaza.

Nel momento in cui l’orrore si palesa, Angela non esita a incitare il suo cameraman a non mollare letteralmente “la presa”, a essere sempre dentro l’azione, dentro il terrore, comunque vada, obbedendo al suo credo “della notizia a tutti i costi”.

Lo spettatore vede le immagini scorrere sullo schermo tramite le riprese fatte con una cinepresa a mano, per dare l’effetto di un filmato amatoriale volto a documentare gli eventi che accadono realmente senza nessun tipo di filtro.

Seguiamo passo per passo la concitazione degli avvenimenti, i dubbi, le domande, le rivelazioni e il tentativo di sopravvivenza dei protagonisti.

Rec è l'orrore sparato in digitale con un montaggio minimo e lunghissimi piani sequenza.

L’effetto è claustrofobico, iperteso, brutale, spaventoso e angosciante.

Il linguaggio usato è quello giornalistico, con la cronaca dei fatti minuto per minuto, con le interviste ai codomini del palazzo accompagnato ai dialoghi della gente comune.

Le riprese sono curate, nonostante la tecnica amatoriale, e ci mostrano sempre tutto fino all’ultimo e in alcuni casi riusciamo a rivedere anche alcune scene, in cui l’équipe giornalistica si assicura di non aver perso niente di quello che sta accadendo ("Ce l’hai Pablo? Fammelo rivedere...").

E’ il risultato della società dell’immagine in cui viviamo e della comunicazione a tutti i costi (“La gente deve sapere cosa succede qui dentro”), dove ogni cosa viene ripresa, anche l’orrore più estremo, rivisto e riproposto su altri media (TV, internet, giornali).

Da notare sono anche gli stacchi delle cinepresa. Mentre le riprese in alcuni film girati con questa tipo di tecnica (come ad esempio l’attuale Cloverfield) sono praticamente un unico piano sequenza, in Rec la telecamera si spegne e ci lascia in alcuni terribili momenti al buio e nell’angoscia di cosa stia accadendo, aumentando così la tensione.

La storia è molto semplice e lineare. Dopo un inizio ordinario in cui ci vengono presentati i protagonisti, Angela e Paco, in visita in una stazione dei vigili del fuoco di Barcellona per girare un servizio per la trasmissione televisiva Mentre tu dormi, siamo ben presto catapultati nell’edificio dove i due seguono i vigili per una chiamata.

L’intera struttura del film, semplice ed efficace, può essere scomposta benissimo e assimilata a quelle di un dramma teatrale con le sue tre unità: di tempo, gli accadimenti si svolgono nell’arco di una sola nottata, di luogo, escludendo la parte introduttiva non usciremo più dall’edificio, e di azione, la vicenda racconta l'origine e gli effetti del male che si sviluppa dentro l'edificio.

La trama, pur non presentando particolari novità (un virus che trasforma in creature orribili le persone costrette in un condominio isolato dal mondo esterno), riserva comunque numerosi colpi di scena, alcuni sono cliché dell’horror che tuttavia funzionano sempre, e tiene alta l’attenzione e la tensione.

Quello che conta qui è il “come viene raccontato” rispetto al “cosa”, la formula della tv verità ha un ruolo chiave, senza la quale il film non sarebbe ovviamente lo stesso, il coinvolgimento dello spettatore è altissimo, sballottolato direttamente dentro il film, la velocità della narrazione e dell’azione non dà mai un attimo di tregua.

La pellicola gioca inoltre con alcune citazioni cinematografiche, a partire da The Blair Witch Project, di cui è il figlio più diretto e a cui è più immediato l’accostamento per l’espediente del film documentario e della telecamera in soggettiva, passando per La Notte dei morti viventi (le creature sono assimilabili agli zombie di Romero, ma sono veloci e letali come quelli di 28 Giorni dopo), all’estetica dei videogiochi, dove alcune dissacranti sequenze in soggettiva ricordano famosi videogiochi a partire da Doom per arrivare a Resident Evil o Silent Hill, fino al ritrovamento infine di un nastro che fornisce la spiegazione dell’origine del male in stile Evil Dead di Sam Raimi.

Una particolare nota va al doppiaggio che costituisce la “colonna sonora del film”. Per rendere questa concitazione della realtà è stata adottata una tecnica chiamata “emulazione della presa diretta”, in pratica sono stati utilizzati dei microfoni non fissi che si muovono insieme agli attori, per riportare le sporcature dell’audio, le emozioni e i respiri degli attori, le urla agghiaccianti delle spaventose creature, tutto per rendere più convincente l’effetto di presa diretta dalla realtà. Un leggero accento spagnolo accompagna la cadenza di alcuni attori, quasi con l’intenzione di connotare la nazionalità anche nei dialoghi in italiano, soprattutto nella prima parte del film, che in alcuni frangenti risulta quasi più teatrale e meno coinvolgente della seconda parte in cui i protagonisti entrano nel pieno dell’incubo.

Non mancano infine gli effetti splatter e grandguignoleschi, con una discreta cura per il makeup. Il film è ammantato dalla presenza del sangue, che sgorga dalle terribili ferite dei morsi delle creature e ricopre il corpo dei sopravvissuti che lottano disperatamente per uscire vivi dall'incubo. A questo proposito è emblematico il look di Angela che passa da una cura maniacale per la sua immagine, per la pettinatura, i vestiti, alla scelta della luce per una ripresa migliore ai capelli bagnati e disordinati, lo faccia sconvolta e disperata e la maglietta intrisa di sangue.

In un mercato dove le major americane la fanno da padroni sfornando un remake dietro l’altro, è rassicurante che il cinema horror spagnolo sia vivo e vegeto e che faccia uscire sul mercato prodotti del genere, con attori non famosi e realizzazioni artigianali che sanno però tenere agganciato allo schermo lo spettatore e meritarsi una giusta attenzione. Non è un caso, infatti, che il film sia stato già opzionato per una versione americana.

In definitiva Rec si rivela un buon film horror, un ottovolante dal quale è difficile scendere e che riserva anche alcuni momenti di riflessione sulla società moderna. Da non perdere.