L'ignoto

«La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell'ignoto.» Lovecraft con una sintetica e nota definizione suggerisce il profondo legame tra  gli abissi incomprensibili della realtà e il panico che emerge dall'impossibilità di reagire direttamente per dominare tali situazioni alterate. Il terrore che ne segue  provoca una paura psicologica legata a elementi terreni o metafisici  che sfuggono al controllo umano a causa di un "caos minaccioso" dove l'uomo viene concepito come un bambino che si è smarrito nel bosco: la sua sopravvivenza viene costantemente minacciata da una Natura sconosciuta e avversa agli occhi dell’uomo. In tale situazione di panico, l'improvviso ululato di un vento impetuoso provoca, nell'immaginario infantile del bambino, la paura di essere aggredito da dei fantasmi se non provvede subito a trovare un riparo. Di conseguenza, nella fantasia del fanciullo, sorgono, come istintiva reazione fobica, proprio quelle "creature mitiche" che si sostituiscono alle vere cause. Lovecraft, nel suo saggio, ci dà un esempio illuminante nell'esprimere la reale natura dell'orrore cosmico e scrive: «I bambini avranno sempre paura del buio, gli uomini il cui spirito sia sensibile agli stimoli  ereditari tremeranno sempre al pensiero di nascosti ed incommensurabili universi  pregni di strane forme di vita, le quali pulsano al di là del vortice celeste o premono minacciose alle porte del nostro mondo, abitando dimensioni spaventose che solo i morti o i folli lunatici possono riuscire a scorgere. Su tale base non fa certo meraviglia che esista una letteratura del terrore cosmico.»  

Ma il terrore prende il totale sopravvento nella  mente della vittima quando non si riescono più a interpretare i fenomeni che si vedono o si odono da una provenienza  esterna a noi inaccessibile. «Tale tendenza, ovviamente, è stata anche favorita dal fatto che l’incerto e il pericoloso vanno sempre a braccetto: per cui è facile che un universo ignoto divenga un mondo pieno di pericoli e maligni accadimenti

Un ottimo esempio di disorientamento psicologico lo troviamo ne La visione del caos (The Crawling Chaos) nel quale la paura diventa assoluta perché il protagonista non è più in grado di identificare la causa, naturale o ultraterrena, proveniente da un irriconoscibile ambiente ostile e la sua mente, fagocitata da una condizione confusionale e scombussolata da sostanze stupefacenti,  cade in preda al panico di fantasie brutali che identificano l’essere o la cosa nascosta in un  mostro abominevole dall'aspetto indescrivibile, propenso  ad agire in  un modo  astratto e incontrollabile. 

Poco a poco, ma inesorabilmente, si insinuò nella mia coscienza e giunse a dominare ogni altra sensazione una sconcertante paura dell’ignoto: paura tanto più grande in quanto non riusciva ad analizzarla  e che sembrava riguardare un pericolo che si faceva sempre più vicino. Non era la morte ma qualcosa di inaudito e orrendo, qualcosa che non si può esprimere.[…] Le onde erano scure e violette, quasi nere, e si aggrappavano al fango rosso e cedevole della terraferma come mani avide e rozze. Non potei fare a meno di pensare che un’orribile entità marina avesse dichiarato guerra alla terra, aiutata magari dal cielo iracondo.                                                                                                                                              

I miti di Cthulhu

È proprio quel perverso legame psicologico, fatto di delirio fabulatorio e associazione del mito con un’ingenua teofania, a spingere Lovecraft verso la geniale e originale creazione dei "miti di Cthulhu"; i quali sembrano essere congeneri al dio del caos  Seth, della mitologia egiziana. La  predisposizione  della mitologia pagana a concordarsi  con le teorie  cosmologiche inducono, molto probabilmente, Lovecraft verso la creazione di un pantheon ispirato alla sua cosmogonia. Difatti, tali divinità simboleggiano la  struttura caotica della realtà cosmica.   

Nella terribile dimensione del caos, lo scrittore descrive pittoricamente, con grande immaginazione, l'incubo proveniente da dimensione sconosciute in cui la "luce" è solo un inganno per la nostra percezione del mondo perché è nelle “tenebre” dell’ignoto che risiede il vero volto dell'umanità in cui Lovecraft diventa una sorte di “sacerdote nero” di un pantheon cosmico immanentistico, dove la visione del reale senza nessun  mascheramento provoca uno spaventoso delirio psicologico. Nel famoso racconto Dagon possiamo analizzare, con righe memorabili,  questa manifestazione mitologica e tenebrosa.

Era così terribile che la luna, ancora relativamente bassa nel cielo, non riusciva a illuminare il fondo. Mi parve di essere sull'orlo del mondo e di guardare oltre il bordo, in un abisso incommesurabile di notte e caos..[…] Poi guardai il baratro in cui la luce non era mai entrata.[…] L'essere affiorò dall'acqua nera con un solo risucchio: vasto, ciclopico e disgustoso sfrecciò verso l'obelisco come un meraviglioso mostro d'incubo, poi abbracciò la stele con le enormi braccia  scagliose  e piegò la testa, emettendo una serie di suoni misurati. Credo di essere impazzito allora.

Quando viviamo simili situazioni di panico, finiamo per creare, inconsapevolmente, delle mitologie che, in linea massima, rappresentano le vicende umane. Quindi prendendo in esempio quanto ci ricorda la psicoanalisi, noi attraverso i miti non facciamo altro che dare  un “volto” a noi stessi mediante la “maschera” del mito che,  inconsciamente, esprime il nostro reale modo di essere e di vivere. 

L’insopportabile situazione indifesa e smarrita verso l’inconoscibile e l’irriconoscibile, che diviene terribilmente inafferrabile tanto da provocare un terribile delirio psichico, richiama, in un certo senso, il racconto L’abitatore del buio (The Haunter of the Dark) quando compare a Robert Blake il dio stupido e cieco Azathoth che vive al centro dell'universo in modo insensato e  disinteressato, fino a esprimere proprio l’ apatico  universo di Lovecraft.

Davanti ai suoi occhi danzava un caleidoscopio d’immagini fantasmagoriche, che, ad intervalli dissolvevano nella visione di un immenso, insondabile abisso notturno ove vorticavano soli e mondi ancora più neri. E allora pensò alle antiche leggende  del Caos Primigenio, al cui centro brancica  goffamente, cieco e idiota, il dio Azathoth, Signore di Tutte le Cose, circondato dalla sua inetta schiera di danzatori ottusi e amorfi e cullato dal sottile, monotono lamento d’un flauto demoniaco stretto da mani mostruose.

È importante ricordare che tra Azathoth e il coinvolgimento di Robert Blake accade una specie di assimilazione: l’aspetto delirante del dio idiota viene, celermente, a compenetrarsi con lo stato d’animo del protagonista quasi a indicare l’assorbimento psicologico della fragile condizione umana dinanzi all’anonimo.

I miti di  Cthulhu ti scaraventano di fronte all’indefinibile, ti sprofondano nell’ottenebrato sguardo dell'abisso, ti pervadono di una paura ancestrale che sfocia nel terrore cosmico con un eterno e irrisolvibile ritorno dell’evento pauroso. Essi ti collocano di fronte all’impenetrabilità dell’ignoto con  un’ assoluta assenza di contenuti semantici facilmente individuabili, fino al punto di rivelarti  come il caos sia il solo ordine  imperante che nessuno può comprendere. In questo diabolico sistema, i miti ti mostrano il vero volto della realtà cosmica, al prezzo di un angosciante stato psicologico vicino alla follia.                                                

L'incubo di Prometeo

La paura sorge anche dall'inutilità esistenziale dell'uomo che, pur dotato di ragione e di notevoli mezzi tecnico-scientifici, si trova spesso solo di fronte all'immensità di uno sconosciuto e ostile universo caotico, infuriato  da una forza cieca e irrimediabile dove aleggiano, per esempio, stormi di "magri notturni", ovvero malefiche e anonime  creature perché non hanno volto, di colore nero, silenziose, alate come pipistrelli e munite di  pericolose code  con aculei.

Contrariamente a quanto pensano in molti, il progresso  conoscitivo della scienza non ha eliminato la paura dell’ignoto ma, al contrario, ha provocato  nuove fobie dovute dalla scoperta di recenti enigmi cosmici con la possibile  e terribile  reazione tecnica ai danni dell’umanità dove il caos, non essendo più tecnologicamente controllato, finisce  per fondersi con quella stessa arma  tecnologica creata dall’uomo per difendersi. Si tenga presente, in merito, l’affascinante  racconto Dall’altrove (From Beyond)  in cui un esaltato scienziato riesce, a sue spese, mediante un congegno elettronico, ad aprire un varco  in un’altra dimensione spazio-temporale, infestata da orrendi e aggressivi esseri alieni. Lovecraft, pertanto, descrive con il suo orrore anche  il disagio psicologico  provocato  dalla convinzione dell'uomo contemporaneo  di  vivere in un  mondo razionale e confortevole ottenuto grazie anche al dominio del progresso scientifico sulla Natura ma, in realtà, tale evoluzione tecnologica è realmente incapace di evitare lo sconcerto dell'uomo verso eventi naturali, ostili e sconosciuti che diventano  imprevedibilmente violenti.  Ne abbiamo un’esplicita dichiarazione  in Aria Fredda (Cool Air) con il fallimento orribile di un dottore che ha tentato invano di riuscire a  raggiungere l’immortalità con il freddo, mediante l’ausilio di una inadeguata apparecchiatura refrigerante che finisce per guastarsi. Un altro esempio agghiacciante ci viene dato da Herbert West, rianimatore (Herbert West, Reanimator) dove viene descritta la perversa ambizione di far rivivere i morti  da parte di un dottore in medicina, Herbert West, fin dai tempi di  quando studia all’università. West riesce, tramite la scoperta di un particolare siero, a riattivare, con vari e fallimentari tentativi, la vita a dei cadaveri morti da poco ma con la tragica conseguenza che  queste creature finiscono per voltargli contro fino a ucciderlo. La terribile situazione provocata da zombi che si aggirano senza meta all’impazzata, richiama suggestive atmosfere di terrore cosmico.

Ammassi di carne spenta si erano galvanizzati sotto i nostri occhi per effetto del moto innaturale, cieco e morboso che le varie dosature del farmaco avevano scatenato in loro.

Un rianimato aveva lanciato un urlo agghiacciante ; un altro era risorto in preda a un attacco di follia omicida e ci aveva battuti fino a farci perdere i sensi , poi era fuggito e prima che lo chiudessero in manicomio aveva fatto una strage; un altro ancora , un mostro repellente dalla pelle nera, aveva scavato a mani nude la tomba non eccessivamente profonda in cui era seppellito e aveva compiuto un atto che non aveva lasciato a West altra scelta che scaricargli addosso una pistola. […] Era terribile pensare  che uno, forse anche due di essi vivevano ancora: dovemmo sopportare quell’angosciosa consapevolezza per parecchio tempo, fino alla paurosa scomparsa di West.

Quello che colpisce di più nel racconto è che, nonostante il dottore fallisca più volte dando vita a situazioni molto drammatiche e pericolose, egli  non si decide né a porre fine ai suoi esperimenti e né a riflettere su quello che sta facendo perché ciò che gli preme veramente è raggiungere il suo scopo con successo, senza alcuna pietosa mediazione. Tanto che il dott. West arriva perfino a uccidere a sangue freddo pur di ottenere della cavie umane adatte ai suoi scopi efferati. 

Dall'esplicita denuncia contro il fallibile e cieco determinismo della scienza e della tecnica, possiamo dedurre, senza alcun indugio, che lo scrittore si pone come un razionalista scientifico riluttante allo scientismo positivistico. Gli orribili cadaveri che tornano in vita in modo delirante possono essere visti come una metafora che rappresenta l’atroce conseguenza di una scienza non umanistica ma prettamente funzionale.

Bibliografia

H.P. Lovecraft, L'orrore soprannaturale in letteratura in Stephen Jones e Dave Carson, a cura di, L'orrore secondo Lovecraft, Oscar Mondadori, pag. 7

cfr. Ernst H. Gombrich, Aby Warburg. Una biografia intellettuale, Feltrinelli, 1983, pp.190-197

La visione del caos in  HP Lovecraft. Tutti i racconti.1897-1922, op. cit., pp. 379-380

Dagon in H.P. Lovecraft, Il meglio dei racconti di Lovecraft, op.cit., pag.5-7

Herbert West,rianimatore in HP Lovecraft. Tutti i racconti.1897-1922, op.cit., pp. 259-260