Dovendo fare un solo nome nel tentativo (in realtà impossibile) di identificare il responsabile che ha dato il via all’immane flusso di rifacimenti, aggiornamenti, sequel e quant’altro che sembra dettare legge a Hollywood per quanto riguarda il genere horror, allora non avremmo dubbi a puntare il dito contro la Platinum Dunes.

L’enorme successo del loro Non aprite quella porta 2003 ha dettato la via per tutti gli altri studios e ha reso Scott Kosar (lo sceneggiatore) un uomo ricco e ricercato.

Esiste una precisa teoria condivisa da molti fan del genere che recita: “se proprio non si può fare a meno di approntare dei remake, tanto vale scegliere film originariamente mediocri, nel tentativo di migliorarli e lasciare invece perdere i grandi classici”.

Teoria che si adatta perfettamente a questo The Amityville Horror 2005, frutto della rinnovata sinergia fra la compagnia di produzione e lo scrittore di cui sopra. Sono passati ben 26 anni dal film originale, che ottenne a suo tempo un ottimo riscontro di pubblico (ma reazioni assai tiepide da parte della critica) probabilmente proprio in virtù di un anomalo mix, segnalato da Stephen King in alcuni suoi scritti, che coniugava l’orrore della possessione diabolica con uno strisciante sottotesto di rovina economica, sogni americani infranti e disintegrazione del nucleo famigliare.

A dirigere questa versione aggiornata è stato chiamato Andrew Douglas, un veterano della BBC alla sua prima importante esperienza con le grandi produzioni statunitensi, mentre per i ruoli dei due sposini sono stati scelti Melissa George (vista di recente in televisione, in Alias) e un insolitamente barbuto Ryan Reynolds (Blade: Trinity). La storia, a detta di sceneggiatore e produttori, segue da vicino gli eventi accaduti ai coniugi Lutz quando si trasferirono nella famosa casa dove Ronald DeFeo sterminò la sua famiglia seguendo le istruzioni di voci che udiva all’interno dell’abitazione. Fuori i DeFeo, dentro i Lutz, che non riescono a credere al prezzo d’acquisto incredibilmente basso. Resisteranno solo 28 giorni, fra finestre che si chiudono da sole, tubature che grondano sangue, manifestazioni diaboliche, e un capofamiglia che sembra sempre più in preda alla follia, quasi posseduto da entità maligne.

Mentre Ronald DeFeo è ancora in prigione, il “vero” George Lutz sembra molto più attivo, e, sentendo il profumo dei ben 18 milioni di dollari spesi per la realizzazione della pellicola, non ha esitato a imbastire il solito (e squallido) teatrino delle rivendicazioni in cerca della sua bella fetta di torta.

La produzione ha avuto inizio in luglio, nel Wisconsin, dove la vera casa è stata utilizzata principalmente per riprese in esterni, mentre i restanti tre mesi hanno visto regista e troupe impegnati negli studi in Illinois, straripanti di arredamento e vestiti fedeli all’epoca.

Le scelte dei due attori principali avevano fatto storcere la bocca a molti (troppo giovani per il ruolo di genitori con figli già grandini) ma Ryan Reynolds ha saputo fugare ogni dubbio ingrassando di qualche chilo e facendosi crescere una barba da boscaiolo che gli dona un’aria più grezza e violenta, mentre Melissa George riesce a fare le poche cose che sono richieste a un ruolo come il suo: gridare, scappare, ancora gridare, avere paura, cercare di proteggere i figli e… ho già menzionato gridare?

Melissa George e il terrore!
Melissa George e il terrore!
La computer graphic ha potuto garantire maggiore “attenzione” a certe scene (quella famosa con le mosche, per esempio) con effetti impossibili un quarto di secolo prima. Maggiore profondità anche, a sentire gli addetti ai lavori, per quel che riguarda la storia della casa prima dell’arrivo dei Lutz, con particolare attenzione ai precedenti insediamenti degli Indiani e cenni su proprietari coinvolti nella caccia alle streghe di Salem.

Il film ha esordito nelle sale americane durante questo week end raccogliendo recensioni generalmente tiepide, quando non esplicitamente negative, sia dalla critica mainstream che da quella delle riviste specializzate; la rivista Fangoria parla di lavoro di routine privo di ogni approfondimento storico o psicologico e di un Reynolds troppo sbrigativo nel passare da papà buono a papà cattivo, mentre Bloody Disgusting situa la pellicola fra il divertente e il completamente inutile, criticando l’ormai consueto stile videoclipparo presente in certi momenti del film. Ci sono chiaramente le solite opinioni controcorrente ma appartengono o a testate minori o a critica mainstream.

Il lungometraggio ha raccolto, durante il primo week end di vita nelle sale, la bellezza di 23 milioni di dollari circa, piazziandosi al primo posto in classifica con una distribuzione su oltre 3300 sale, segno che il pubblico continua ad avere una crescente e insaziabile fame di horror. Si attende l'annuncio (dopo questi dati diventerà questione di giorni) per la data di uscita in Italia.

Potete trovare il trailer del film sul sito ufficiale, completo di inquietanti animazioni e approfondimenti sulla vera storia della casa e dei suoi abitanti, compresi alcuni esperimenti psichici condotti per l'occasione.