Il primo comandamento fu: non ti muovere.

Il Babbo glielo aveva detto mentre tirava la barca in secca, dandogli le spalle.

«Potresti romperti un osso, farti male».

«Sì, babbo».

Aveva smesso di fare cerchi con il piede sulla sabbia e si era stretto dentro il mantello di lana, sotto centimetri e centimetri di imbottiture che avrebbero dovuto proteggerlo da tutto.

Il suo scheletro non era come quello degli altri, era più leggero. I medici gli avevano detto di non correre, di non fare sforzi, di fare attenzione agli urti. La vita era una violenza che non avrebbe retto a lungo.

«Babbo, perché si chiama Mangiabarche?»

«Perché a volte, durante la notte, la luce della lanterna si spegne e lascia che il mare inghiotta i naviganti.»

«Forse ha fame.»

«Sì, forse. O forse bisogna solo fare più attenzione ad alimentare il fuoco, a tenerlo sempre vivo perché possa segnalare il pericolo.»

«E tu lo terrai sempre acceso?»

«Sempre.»