Scariche elettrostatiche. Poi una voce preoccupata dalla radio della torre di controllo.

“Non vedo la terra… Credo che… Siamo finiti fuori rotta… Non siamo sicuri di dove ci troviamo… Ripeto: non vedo la terra… Non siamo in grado di stabilire dove ci troviamo… Sembra tutto diverso… Anche l’oceano è diverso… Sembra che...”

Poi più nulla.

Era il 5 dicembre 1945 e la voce era quella del capitano Charles Taylor, un pilota esperto che all’improvviso si esprimeva come un principiante fresco di brevetto di volo. Aveva lasciato Fort Lauderdale (Florida) con una squadriglia formata da 5 aerosiluranti Avenger TBM-3, denominata Volo 19. Un totale di 14 persone. Erano diretti alle Bahamas per una normale esercitazione, ma svanirono nel nulla durante il tragitto. Due idrovolanti Martin Mariners volarono verso la zona da cui era arrivato l’ultimo messaggio, ma l’avvicinarsi del cattivo tempo li costrinse a rientrare. Uno dei due velivoli (13 passeggeri a bordo), non tornò mai più alla base. 27 persone in tutto. Volatilizzate. Per settimane l’oceano venne setacciato da decine di mezzi navali e aerei.

Nessun risultato.

Il mistero fece tornare alla ribalta la leggenda del Triangolo. Come accettare serenamente che cinque aerei fossero precipitati in mare all’unisono, senza lanciare un chiaro e distinto S.O.S., e che un sesto avesse fatto la stessa fine?

Cosa intendeva dire Charles Taylor con quel sembra tutto diverso?

Il triangolo delle Bermuda
Il triangolo delle Bermuda

Il triangolo del diavolo, il triangolo della morte, il triangolo maledetto, il mare stregato, il mare del Hoodoo. I nomi cambiano, la sostanza rimane. Il mare, da sempre, inghiotte navi e uomini con la spietatezza di un avversario che non ammette sbagli da chi lo affronta. Vortici, onde gigantesche, trombe d’acqua, non c’è scampo per barche troppo piccole ed equipaggi inesperti. Ma questo tratto di mare che ora prenderemo in esame non sempre usa la violenza per far sparire vascelli e persone. Spesso è tranquillo e sembra innocuo, nondimeno uomini e cose scompaiono lo stesso. E il suo potere non si ferma tra le onde, ma sale verso l’alto, nell’aria, a ghermire aerei piccoli e grandi.

L’area inquisita va da Cape May, nel New Jersey, segue la piattaforma continentale attorno alla Florida fino al Golfo del Messico, continua per Cuba, Jamaica, Haiti, la Repubblica Dominicana, Puerto Rico, altre isole delle Indie Occidentali, e poi torna verso l’alto attraversando le Bahamas per chiudere il triangolo con le 360 isole delle Bemuda. Ciascun lato del triangolo misura circa duemila chilometri.

Le prime testimonianze al riguardo ci arrivano da Cristoforo Colombo che nei suoi diari di bordo riportò strani fenomeni, tra i quali una massa di luce precipitata dal cielo e caduta in mare e le bussole impazzite.

Dal 1700 in poi le sparizioni sono meglio registrate e si susseguono con regolarità. Tra i molti vascelli svaniti nel nulla o ritrovati senza equipaggio citiamo: la Rosalie, nave francese, la Lotta, brigantino svedese, la Viergo, mercantile spagnolo. Nel 1880 la sconcertante sparizione della fregata britannica Atlanta, una nave scuola con ben 290 persone a bordo. Non un solo corpo fu ripescato dal mare. Seguirono la Miramon, goletta italiana e la Freja, bringantino tedesco. Sono in molti a sostenere che anche la Mary Celeste fu vittima del triangolo maledetto. E ancora: la carboniera USS Cyclops, lunga 170 metri, nel 1918 batté il macabro record delll’Atlanta e sparì con 309 passeggeri durante il viaggio dalle Barbados a Baltimora. Ripetiamo la cifra: 309. Impressionante. Nel 1921 la goletta Carroll A. Deering fu ritrovata incagliata nelle Diamond Shoals. Unico passeggero: un gatto mezzo morto di fame. Nel 1925 il Raifuku Maru chiese soccorso via radio e poi scomparve. Nel 1931 la Stavenger, vascello norvegese, si volatilizzò assieme ai 43 passeggeri. Nel 1935 la Dahama fu ritrovata senza equipaggio, così come la Gloria Colita che, nel 1940, fu avvistata mentre andava alla deriva nel Golfo del Messico. Nel 1941 il Proteus e il Nereus, gemelle della Cyclops scomparsa nel 1918, solcavano i mari senza nessuno a bordo. Nel 1944 il Rubicon era una nave fantasma alla deriva vicino alla Florida. Unico passeggero: un cane gravemente debilitato. Nel 1946 la City Bell venne recuperata nei pressi delle Bahamas. Anche stavolta nessuno a bordo. Nel 1963 la Marine Sulphur Queen, nave da carico, sparì con 39 uomini. Più tardi vennero ritrovati alcuni giubbotti di salvataggio e nient’altro. Nel 1971 le navi da carico Elisabeth e El Caribe svaniscono nel nulla. Nel 1973 l’Anita, ennesima gigantesca nave da carico, le seguì nell’oblio.

Il Martin Mariner
Il Martin Mariner

Anche la lista degli aerei è spaventosamente lunga e qui di seguito ricordiamo i casi che hanno fatto più scalpore. Si parte con il già citato Volo 19 (5 aerosiluranti e 1 idrovolante). Nel 1947 la Superfortezza volante C-54 scomparve. Nel 1948 un Douglas DC-3 svanì poco prima di atterrare a Miami. Partito da San Juan, Puerto Rico, non arrivò mai a destinazione. Due quadrimotore Tudor della British South American Airways si volatilizzarono. Qualche mese prima lo Star Tiger (31 passeggeri) e lo Star Ariel (19 passeggeri), due aerei di linea, erano scomparsi entrambi nei pressi delle Bermuda. Il 30 ottobre 1954 l’aereo Super Constellations, con 42 persone a bordo, partì e non arrivò mai. Nel 1956 il Marine Sky Raider si volatilizzò assieme a 10 persone. Lo stesso anno un Martin Marlin, partito per una normale ispezione delle acque vicino alla costa per controllare i movimenti delle navi presenti nell’area, venne visto da una delle imbarcazioni (il cargo Captain Lyras) mentre puntava verso l’oceano senza che il pilota facesse alcun tentativo di evitare l’incidente. L’equipaggio della nave che lo vide precipitare ebbe la netta impressione che fosse attratto da un magnete. Nel 1962 una aereo cisterna KB-50 decollò verso il mistero con 9 persone. Il pilota segnalò un’avaria, poi il silenzio. Nel 1963 due cisterne volanti KC-135 precipitarono nello stesso istante. Vennero ritrovati e studiati i rottami di entrambi gli aerei. Gli ingegneri che esaminarono i relitti conclusero che non c’era stato uno scontro tra i due. Che cosa aveva causato l’avaria di un paio di apparecchi perfettamente funzionanti? Nel 1965 un C-119, aereo-cargo militare, si alzò dalla pista per l’ultima volta. 10 persone non tornarono più a casa. Nel 1967 un aereo da trasporto Chase YC-122 sparì nel nulla con 4 persone.

Charles Taylor
Charles Taylor

Inutile continuare. Il concetto è uno solo: navi e aerei partono ma non arrivano. I piloti trasmettono gli ultimi, confusi messaggi e parlano di strumenti che non funzionano più, di un cielo divenuto giallo e lattiginoso, di un mare che ha cambiato aspetto. Perché mai degli uomini con ore e ore di volo alle spalle si dichiarano incapaci di determinare la propria posizione?

Nel caso degli aerei bisogna sottolineare il fatto che, in passato, i piloti non disponevano del sistema GPS (Global Positioning Satellites) grazie al quale è oggi pressoché impossibile perdersi. I piloti di allora calcolavano la posizione basandosi sul punto di partenza, sulla velocità alla quale procedevano e sul punto di arrivo. Se commettevano un errore, finivano in tutt’altra direzione. C’è altresì da ricordare un fenomeno scientifico ormai noto: la bussola non si comporta sempre nello stesso modo mentre si circumnaviga la Terra. Il Triangolo è una delle zone del nostro pianeta in cui una bussola magnetica segnala il vero nord, mentre in condizioni normali segnala il nord magnetico. La differenza, in gradi, tra i due nord è chiamata declinazione magnetica. Se il pilota o il navigante non tiene conto di questo importante fattore, può perdersi. La sfortunata pattuglia del capitano Taylor commise tutti questi errori? Nessuno dei 13 uomini si rese conto di nulla? Seguirono ciecamente Taylor lungo una rotta completamente errata? No. Prima del definitivo silenzio radio, la torre di controllo catturò alcune parole dei colleghi di Taylor dalle quali si intuì che i ragazzi stavano tentando di convincere il loro capitano a modificare la rotta. Taylor non diede loro ascolto.

Nel 1991 le carlinghe corrose di cinque aerei furono ritrovate in un lago della Florida. Le sigle di riconoscimento non erano perfettamente leggibili, e solo dopo molti giorni si riuscì ad affermare che non si trattava degli aerei scomparsi.

Coloro che hanno indagato a fondo su questo enigma, scartabellando tra rapporti ufficiali, libri e articoli di giornali infarciti di invenzioni, asseriscono che, in realtà, non c’è alcun mistero. Molte delle navi scomparvero in condizioni climatiche pessime, mentre scrittori e giornalisti le davano per disperse in un mare calmo sotto un cielo sereno. Il cattivo tempo, in collaborazione con equipaggi poco esperti a bordo di imbarcazioni troppo piccole, sarebbe l’unica spiegazione razionale.

Fermarsi qui sarebbe da sciocchi. Lasciamo che la mente vaghi in cerca di una risposta più convincente. E’ fatta per questo.

Prendiamo in considerazione una forte turbolenza. Il riscaldamento della superficie del mare può creare imprevedibili correnti d’aria discendenti in grado di ‘risucchiare’ un aereo tra le onde. I piloti lo sanno bene e si regolano di conseguenza. Nel caso degli apparecchi scomparsi dovremmo immaginare turbolenze di un’intensità superiore al normale.

Se invece pensiamo alle navi, dobbiamo prendere in considerazione onde gigantesche. Sappiamo che le onde hanno una complessa dinamica. Sono generate dal vento, crescono in altezza a mano a mano che si avvicinano alla costa dove sfogano l’energia accumulata sulle spiagge o su quello che incontrano lungo il percorso. La conformazione del fondo marino influisce notevolmente sul moto ondoso, trasformando innocenti onde in giganteschi muri d’acqua. Lo tsunami ne è un esempio concreto. L’onda principale dello tsunami è generata da esplosioni vulcaniche sottomarine o da frane dei gruppi rocciosi che costituiscono il fondo del mare. Avanzando sopra fondali irregolari, l’onda originale arriva sulla costa come un mostro inarrestabile che porta morte e devastazione. I fondali del Triangolo sono tra i più frastagliati: enormi montagne sommerse e profonde spaccature di cui l’uomo non è ancora riuscito a toccare il fondo. La teoria dell’onda gigante è la più valida, perché si basa su fatti concreti. E’ comunque necessario considerare altre teorie.

Molti ufologi sono convinti che nelle profondità oceaniche ci siano basi aliene in attesa di catturare gli strani veicoli dei terrestri per poterli studiare. Ma perché perdere tempo a far questo, se possiedono una tecnologia superiore alla nostra? Be’, per lo stesso motivo per cui noi cerchiamo di capire le civiltà che ci hanno preceduto. Alieni archeologi, allora. Perché no?

Un'altra affascinante teoria ci arriva dagli studiosi del favoloso mito di Atlantide. Sul fondo del mare si sarebbero conservate intatte alcune apparecchiature, costruite dalla civiltà ormai scomparsa, in grado di emanare raggi di origine sconosciuta. A questo proposito è d’obbligo parlare del ritrovamento di rovine e blocchi di pietra risalenti a 10.000 anni fa al largo di Paradise Point, vicino all’isola di Bimini. Il professor J. Manson Valentine, archeologo dell’Istituto Oceanografico di Bimini crede fermamente che si tratti proprio della favolosa Atlantide.

Sorvolando appena i difficili concetti della fisica quantistica, limitiamoci a prendere in considerazione anche un’anomalia del continuum spazio-temporale che avrebbe spedito navi e aerei in una dimensione parallela. Soli, in un vuoto senza punti di riferimento, forse tutti quei piloti e comandanti stanno ancora cercando di capire dove si trovano. Idea raggelante e, purtroppo, non del tutto campata in aria. Ci furono radioamatori che captarono messaggi inviati dagli aerei scomparsi molto tempo dopo l’inizio delle ricerche. Tutte le volte si pensò a scherzi crudeli da parte di mitomani. Può darsi che i messaggi furono lanciati da qualche punto imprecisato di quel vuoto.

Il Triangolo delle Bermuda non è la sola zona dove succedono cose singolari. Un tratto di mare nel sudest del Giappone, nell’Oceano pacifico, compete con il Triangolo per numero di vascelli scomparsi nel nulla. Il record si è registrato nel 1950, quando circa una dozzina di grosse navi sono sparite senza lasciare traccia. I naviganti, se appena possono, evitano quell’area. Eruzioni vulcaniche hanno colto di sorpresa le navi? D’accordo, è stato un terremoto marino. Ma allora dove sono i corpi dei passeggeri? Dove sono le macchie d’olio? Dove sono i resti delle scialuppe? Che ne è stato di tutti gli aerei caduti in acqua? Dei relitti galleggianti che sarebbe logico aspettarsi di trovare? Le forti correnti e le profondità marine hanno inghiottito tutto? E’ vero che alcuni oggetti sono stati ripescati, ma sono eccezioni. E’ anche vero che squali e barracuda sono in grado di fare piazza pulita, ma un corpo o due arriva sempre su qualche spiaggia, prima o poi.

Ci sono pagine e pagine di nomi di persone che non sono mai tornate a casa. Non si sa che fine abbiano fatto. Si continua a dare la colpa al maltempo e all’inesperienza di piloti e marinai. E’ troppo facile risolvere così la questione.

Chi scrive è la figlia di un capitano di lungo corso (ora in pensione) che ha navigato su enormi petroliere per tutto il mondo, e che si è ritrovato ad attraversare il famigerato tratto di mare più di una volta. In quelle occasioni, da bravo appassionato di misteri, teneva bene in vista le strumentazioni di bordo in previsione di eventuali comportamenti bizzarri, e scrutava cielo e mare. Non è mai stato il solo a guardarsi attorno con maggiore attenzione del solito. L’intero equipaggio conosceva la storia del Triangolo. Seppure impegnati nei compiti abituali, i marinai alzavano ogni tanto gli occhi al cielo o li abbassavano verso il mare per assicurarsi che non avessero cambiato colore. Non stiamo parlando di cento anni fa, ma degli anni novanta. Questo prova che anche l’uomo più disincantato non può evitare di sentirsi in balia di potenze oscure, specie in mezzo all’oceano.

Mio padre è arrivato al pensionamento vivo e vegeto, forse un po’ deluso di non aver mai notato nulla di sospetto mentre solcava quelle acque pericolose, ma contento di non essere finito in un’altra dimensione abitata da chissà quali esseri, condannato a navigare per l’eternità.

Forse si tratta soltanto di passare, per così dire, nel posto giusto al momento giusto. In altre parole: la fortuna è cieca, ma il Triangolo delle Bermuda ci vede benissimo.