Il papà era un architetto con la riga e Pietro un bimbo con il coltellino. Lo teneva sempre in tasca, e da quando la mamma era andata via dalla casa nel bosco, Pietro lo puntava contro il vetro della finestra già prima del tramonto.

Saliva sullo sgabellino, avvicinava la testa, spostava la frangetta che gli si sarebbe incastrata nelle ciglia, schiacciava il naso sul vetro e strizzava gli occhi tenendo la lama vicino alla guancia.

Dopo lo spiazzo dove il papà lasciava la macchina c'erano i primi alberi, e dopo gli alberi il bosco che sfumava nel verde scuro, poi nel nero. E dopo il nero c'era il mostro che aveva rapito sua madre.

Pietro ne era sicuro, perché l'aveva visto muoversi gobbo e gigante la notte in cui la mamma non era più tornata.

– Sei ancora lì?

– Eh?

– L'hai graffiato tutto, quel vetro.

– Papà, sono il guardiamostro. – Pietro si sistemò il colletto della camicia sotto il maglione, si piantò perbene sullo sgabellino e guardò di nuovo fuori. La punta del coltellino beccò il vetro dove il fiato l'aveva appannato.

La sera stava colando marrone dalla cima degli alberi. Dopo i tronchi, il nero ingoiava ogni cosa. Alle spalle di Pietro, lì nella casa nel bosco, il papà faceva suoni di matita tirando linee veloci sul tavolo da disegno mentre in città erano quelli del mouse sulla scrivania. Il manico di plastica del coltellino faceva sudare il palmo di Pietro. La sera voleva diventare presto notte oltre la finestra e l'oscurità mangiava la brecciolina dello spiazzo un metro al minuto. Il bosco era immobile.

Però due occhi bianchi brillarono dentro il buio, rotolando dietro gli alberi.

La lama grattò e graffiò il vetro.

– Lo vedo! Papà corri!

– Basta, dài.

– Ma papà... li vedo. Oddio, si fanno grandi. Sta venendo di qua!

– Pietro...

– Ma li vedo!

– Cos'è che vedi? Cosa cazzo vedi! – Il rumore della sedia che strusciava.

– Gli occhi, papà! Gli occhi bianchi! Oddio, papà... E se ha la mamma io lo sbudello!

Si pulì le bollicine di bava all'angolo della bocca e si schiacciò con i palmi contro la finestra premendo il manico del coltellino sul vetro per non farlo cadere. Respirava forte. Appannava tutto e allora si spostava un poco ogni volta per vedere meglio. Il mostro doveva avere una fronte grandissima. Alzò le punte sullo sgabellino.

Pietro sentì le mani del papà che gli premevano le spalle. All'inizio spinse troppo, ma poi gli massaggiò la nuca con i pollici.

– Guarda, papà. Guarda!

– Ma no... Non è il tuo mostro.

– Papà!

– Sta solo arrivando tua cugina.

I fari di una macchina, di là dalla strada nel bosco, serpeggiavano fra i tronchi, aprivano il buio.

Il papà si accucciò e sussurrò all'orecchio di Pietro: – Non l'hai mai conosciuta. È la figlia della zia Pia. La zia di Torino, te la ricordi? No? Eri piccolo.

– E perché viene qui? – Pietro rimise i talloni sullo sgabellino.

– Sta poco bene. Starà qui con noi per un po'. In vacanza insieme a noi. – Il fiato del papà era caldo sul collo.

– E che cos'ha?

La macchina si fermò nello spiazzo accanto a quella del papà e Pietro spiò dalla finestra stringendo il coltellino. Il papà accese la luce del porticato e andò fuori. C'era una signora che Pietro non conosceva ma che doveva essere la zia Pia e che aveva la faccia seria mentre il papà le andava incontro a braccia aperte. Si baciarono sulle guance. Il papà le disse qualcosa indicandole la casa, ma lei gli mise una mano sulla spalla e unì le labbra. Aprì la portiera posteriore. Scese una bambina dai capelli biondi, molto corti, dentro un cappotto di lana nero.

Teneva il viso un po' in giù, ma si vedeva che stava piangendo. Si asciugò uno zigomo col dorso della mano.

Pietro si appiccicò al vetro. La lama del coltellino strisciò un fischio.

Sua cugina aveva uno sbaffo rosso sul dorso della mano.

Sua cugina piangeva lacrime di sangue.

– Emolacria – gli ripeté Chiara.

– Elo... ema... Non riesco a dirlo. – Pietro si portò sotto e lei si fece indietro, verso il centro del letto. Chiara tirò un po' col naso e distolse lo sguardo verso la parete di legno. Aveva le ciglia incrostate di sangue secco, le palpebre scure. Sotto gli occhi, macchie lucide marroncine non ancora rapprese.

– E piangi sangue?

– Ho il sangue nelle lacrime, ma non sanno cos'è. – Chiara tornò a guardarlo e a Pietro fece impressione con quei cerchi rossastri intorno alle iridi azzurre.