Dell’autopsia di Ryuji Takayama (per quanti non lo ricordano era il padre del piccolo Youichi nella saga di The ring e la videocassetta assassina) si occupa Mitsuo Ando. L’anatomo-patologo non è solo un amico intimo del professore ma anche un uomo disperato per non essere riuscito a salvare la vita del figlio. Nonostante le diverse allucinazioni di cui sarà vittima, riuscirà a scoprire dettagli importanti su occulti codici genetici legati alla maledizione di Sadako. Il videotape sembrerebbe essere il veicolo di un virus, modificazione del più noto vaiolo. Lo aiuterà un collega e la compagna e assistente di Takayama, che si rivelerà poi essere ben diversa da quella che sembra. Il tentativo non è più quello di placare l’ira dell’agghiacciante isolana ma restituire la vita a un bambino o salvare il resto del mondo.

Uscito quasi contemporaneamente al cult movie The Ring, si propone come il suo effettivo seguito. Il regista Joji Iida, che si era già occupato (senza grandi risultati) della trasposizione televisiva, segue una sceneggiatura piuttosto distante dalla fonte letteraria di Suzuki. Lo svelamento del mistero si affida a presunte speculazioni pseudo-scientifiche, secondo le quali la “maledizione” della videocassetta creata dalla potente Sadako altro non è se non la manipolazione del dna di uno dei virus più distruttivi del vecchio mondo: il vaiolo. Ora, ammesso che la tematica della modificazione del patrimonio genetico sia senza dubbio fortemente attuale, così come il taglio più rapido dato a tutta l’opera (Iida, forte del cospicuo budget affidatogli cerca di spostarsi verso l’hollywoodstyle), non si può fare a meno di notare che Rasen (questo il titolo nipponico) non convince. Il destino dell’umanità affidato alla pura intuizione (fanta)scientica è di sicuro meno conturbante della possibilità di ingerenze metafisiche nella rassicurante dimensione reale. Fin qui si potrebbe anche pensare di non trovarsi di fronte a un lungometraggio epocale quanto a un semplice sequel ben confezionato ma quello che davvero fa bollare il film come “poco dignitoso”, nonostante i tentativi del regista, è il vago senso del ridicolo che segue l’intera vicenda. Mitsuo Ando, padre disperato e codardo, compie gesti al di là dell’umana comprensione, non tanto spinto dal dolore della perdita e dalla disperazione della solitudine (che erano stati il filo portante e malinconico di Ringu) quanto per mancanza di spessore psichico, cosa che lo rende una piccina sagoma di cartone (come quelle che si usavano per fingere di riempire di pubblico le sale cinematografiche) piuttosto che un vero protagonista/eroe.

Uno spettatore, anche poco accorto, non potrà non mettere insieme le seguenti spicciole azioni dell’anatomo-patologo: non si sforza di salvare il figlio (presumibilmente, dalle scene che ci vengono mostrate, si rifiuta di nuotare più in profondità per paura dell’abisso marino anche se vede il piccolo fluttuare inesorabilmente verso il basso), invoca la morte ma non riesce a trovarla (è lecito almeno un ghigno quando scopriamo che persino la maledizione di Sadako lo schiva!), sfrutta sessualmente l’assistente ben consapevole di non amarla (poco curandosi delle smorfie di “scarsa partecipazione” di lei), danna l’intera umanità e infine viene addirittura sbeffeggiato dallo stesso risorto Takayama. Che il film sia passato in sordina non stupisce. Da vedere per avere un quadro completo del fenomeno generato dall’interesse per le vicende di Sadako.

Segnaliamo la possibilità di acquistare l’intera saga (trilogia giapponese, remake americano e The Spiral) in cofanetto della Dynamic a 73,99 €. Inoltre, per chi volesse avere tutti gli anelli della catena, ricordiamo i titoli dei libri di Suzuki Koji (1991 Ringu; 1995 Rasen; 1998 Loop; 1999 Birthday), le serie tv (1999 Ringu: Saishuushou, in 12 episodi e 1999 Spiral: the series, in 13 episodi) e i film non inclusi nel cofanetto Dynamic (1995 Ringu: Kanzenban di Takigawa Chiusi, film tv; 1999 Ring Virus di Kim Dong-bin, della Corea del Sud).

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