Andrea smanetta al computer, il basso abbandonato poco più in là, lo sguardo assorto sullo schermo col desktop che li ritrae in posa, la barba incolta. Ormai somiglia più lui a Mickey Rourke di Mickey Rourke stesso. Lui è l’unico rimasto tra i membri fondatori della band, quello che è un “Motus Tenebrae” da più tempo e che con Daniele si occupa della parte musicale che poi viene riarrangiata dal gruppo al completo. Credo che stia cercando di recuperare il file, adesso. Sul retro della maglietta, la scritta: “SO I AM BACK”. E così sei tornato, sì...

– Oh, ma avevi salvato? – Valerio lo scruta perplesso, i ricci che incorniciano una faccia tonda da eterno bambino, uno sputo di pizzo solo sul mento, l’orecchino che brilla come gli occhi celesti e lo specchio magico. È con loro da poco; è entrato nel gruppo a seguito di alcune delle solite traversie che portano a stravolgimenti di line up. Un livornese fra tre pisani. Roba da non crederci... Lui milita anche in una band progressive metal, gli Absolute Priority, e prima ancora con gli Icycore, sempre prog, così ha portato nei luttuosi Motus Tenebrae un tocco di limpidezza e melodia. Una mistura originale. Qualcosa che avrebbe potuto funzionare sul serio. Ed è bravo a cantare. Anzi, bravissimo, oserei dire. Si destreggia fra i bassi e gli acuti come se niente fosse. Gli è andata male giusto per un soffio... – De’, ascolta! – insiste, incalzando Andrea. – Hai salvato o no?

Andrea annuisce a sopracciglia aggrottate, gomito sul ripiano e mento fra le dita; l’altra mano sul mouse, un click impercettibile nel tempo sospeso, e sulla finestra dello schermo riappare l’effetto grafico della musica: raggio elettrico. Poi, l’arpeggio distorto, grave e ipnotico che sfocia con un tonfo di batteria nella struttura ampia, dura e melodica al tempo stesso. Lenta e ossessiva, la ritmica, acuta e lamentosa, la melodia. Cosa c’è di meglio per una marcia funebre che del ‘sano’ doom metal?

I pull myself along this road…

Quando parte il cantato, un sorrisetto compiaciuto si piega sulle labbra di Valerio in ascolto di se stesso. La sua voce si schiude ovattata, quasi a sussurrare una confessione occulta, mentre l’indolente e vertiginoso arpeggio continua a volteggiare sullo sfondo.

Thrilled by my insanity

Wrong ways have filled this grave

With regrets and agony…

– Come avete intitolato il nuovo pezzo? – provo a chiedere, intrufolandomi nella strofa. – Ci avete già pensato? – E il canto si alza e si spezza, dopo una pigra rullata.

I’d pray, I’d pray, for a compromise…

– The Undead – risponde Valerio. La punta delle dita tuffata nelle tasche dei jeans, gli occhioni vivaci sgranati. Ha sentito la mia domanda, e mi ha risposto. – The Undead – ripete, alzando il tono della voce e sorridendo soddisfatto. I testi sono opera sua, mentre fino ai lavori precedenti era stato compito di Andrea.

Ho sempre il terrore che qualcosa non funzioni e ci impedisca di interagire.

Ma mi sentono. Mi vedono. Tutto a posto.

I roam alone…

E non sospettano un accidente.

While I’m fading down,

An echo of a name.

Altra rullata.

Ssshhh! Un attimo...

Lost in the wind’s blow

Gone dead too soon,

Searching for roots of my past,

Where’s the truth?

Only a desire tears my mind:

Turn away your cold embrace...

Ma quanto mi piace il ritornello! D’impatto immediato, efficace, resta subito in mente, nonostante la struttura non proprio semplice e leggera. Alla resa dei conti è venuto catchy proprio come speravo. Come se qualcuno lo avesse... chiamato.

Poi: stop! L’orecchiabilità non si concede troppo e si torna sull’arpeggio, con la voglia che il ritornello si affacci di nuovo.

– E questo non-morto – proseguo, cercando di mostrarmi il più naturale possibile, – è un vampiro, uno zombie, un fantasma... ?

– Solo una persona qualunque che continua a interrogarsi sul senso della vita – replica Andrea, laconico, staccando solo per un attimo gli occhi dallo schermo.

Ma va’?

I wait where my nowhere

meets eternity

Leave me, give me a trace of

what was my destiny!

Mi scappa da ridere, mentre scorre la seconda strofa. Neanche si rendono conto da dove è arrivata l’idea. Inconscio collettivo ultraterreno. Intuisco che vedono tutto normalmente. Non si accorgono di essere larve. Larve che tuttavia non appaiono trasparenti o sfigurate dalle bruciature. E così l’attrezzatura, che riproduce suoni e colori come le fotografie dei fantasmi. Come si materializzerà pure quest’ultimo brano sul CD. Vitale. Nessuna carcassa fulminata. Un miracolo della scienza e della tecnica. Più o meno volontario.