"A Volte Ritornano!"

La locuzione dai Kinghiani riverberi sarebbe stata un incipit perfetto per questa recensione: epigrafica, molto facile ed efficace, ma non altrettanto corretta. Difatti, quello che è stato strillonato come "non un ritorno, ma una vendetta!" è in realtà il primo vero lavoro originale della premiata ditta Joey Jordison-Wednesday 13, dato che, a voler essere fiscali, il precedente Beyond the Valley of... era un album al 98% composto da cover e riarrangiamenti di brani delle vecchie band del singer Wed (Frankenstein Drag Queen e Maniac Spider Trash, per la precisione). Ergo, dopo ben 8 anni, dopo le digressioni soliste, quelle country (con i Bourbon Crow) e quelle glam (Gunfire 76) di Mister 13 e dopo il cordoglio che ha colpito la band di Des Moines (ricordiamo che il bassista degi Slipknot, Paul Dedrick Gray, è deceduto nel maggio scorso, leggi qui), ecco a voi il mai annunciato ma fortemente atteso "Chinese Democracy dell'horror rock": Woman & Children Last.

Al primo ascolto ciò che salta subito all'orecchio è che il tempo non è passato invano e che il sound della band, che è stato definito come "i Mötley Crüe che incontrano i Misfits", ha subito dei lievi scarti. Le ragioni, ad analizzare lo iato che divide questo dal precedente lavoro, sembrano essere abbastanza chiare e facilmente rilevabili: la band del debutto, nonostante a livello compositivo fosse una monarchia (come abbiamo già detto, quasi tutto il materiale aveva la firma 13 in calce) e nonostante la leadership di Jordison-13, latente, ma forse neanche tanto (soprattutto per quanto riguarda quella del primo, sulla cui fama la Roadrunner ha rimarcato parecchio per pubblicizzare il primo come il secondo cd), la band poteva essere considerata come una sorta di democrazia tra i cinque membri della band. Le cose sono decisamente cambiate dato che, dopo un netto sfrondamento tra le file della stessa, la band di questo nuovo album può essere vista come un vero e proprio "biumvirato": prodotto da J./13, brani scritti e registrati da J./13 (per la precisione chitarra solista, basso e voce di Wed, chitarra ritmica e batteria di Joey); solo live questa oligarchia a due teste si avvale dell'aiuto di alumni, presi in prestito comunque da band satellite dei 'Dolls (fra cui DopeWednesday 13). Il risultato di questi nuovi equilibri di potere è che ritroviamo il sound della band leggermente rinnovato, un sound che lascia trasparire in maniera più chiara le influenze metal, forse dato il maggior peso assunto da Jordison durante il processo di stesura dei pezzi. Una tendenza che comunque il cantante ha accettato sicuramente di buon grado, dato che, a ben vedere, lo stesso Wed solista s'era già indirizzato, col suo ultimo cd, verso sonorità più heavy.

Ecco quindi perchè il nuovo lavoro delle "Bambole Assassine" alterna brani di chiara matrice horrorpunk, raffiche di riff elementari e accattivanti, scanzonati al limite del college-rock e più vicini allo stile del primo album, a brani di qualità più prettamente metal, con chitarre altrettanto lineari, ma più coriacee e grevi, e sostenute da una batteria più masiccia e a tratti meno serrata. Uno stile promiscuo, che non mancherà di farà risorgere la passione dei vecchi aficionados e di attrarre nuovo seguito in maniera trasversale.

Nel corso di un ascolto globale e critico è però inevitabile notare che i brani meno efficaci siano invece proprio quelli appartenenti al secondo tipo, come Bored 'til Death e Homicide Drive, composizioni piatte e senza appeal, nonostante tutto il pestare e urlare; forse solo il singolo My Dark Place Alone sembra fare eccezione al trend, riuscendo, nonostante non sia il brano di spicco dell'album, a fare capolino oltre la riga della sufficienza. Dall'altra parte, a far rifiatare un album che altrimenti risulterebbe terribilmente noioso, sono proprio i brani di estrazione punk, quelli in un certo senso più adolescenziali, genuini e solari e forse proprio per questo, più riusciti; tracce come Summertime Suicide, Nothing´s Gonna Be Alright o la conclusiva Hello, Goodbye, Die, esattamente la traccia di congedo che ti aspetteresti dai 'Dolls: il solito urlaccio vomitato dalle corde vocali corrose dall'alcool di Wed introduce un brano semplice quanto trascinante, l'ennesimo inno all'omicidio scaturito dalla penna del singer, con tanto di coinvolgente coro "Die, Die, Die!".

In questo incedere altalenante, l'unica garanzia di qualità è rappresentata, oltre che dalla succitata sempre efficacissima e personale qualità vocale di Wed, dalle liriche dello stesso, moderna versione del paroliere della tradizione horror-rock: salaci e sagaci, intrise di humor nero (Summerside Suicide) e autoironia (My Dark Place Alone), impastate con irriverenza e cattiveria innoquee (lo stesso titolo dell'album) e citazionismo cinefilo (Drug Me To Hell); tutte caratteristiche rimarcate già sul piano visivo dalla copertina dell'album che ritrae (a conferma della dittatura bicefala sulla quale si poggia il progetto) le figure linguacciute e minacciose di 13 e Jordison: inserite nel contesto di una locandina in pieno stile Horror B-Movie, tracciano il profilo di una band che, nonostante tutte le smorfie, il cerone e i richiami alla violenza, non si prende davvero sul serio.

A volte ritornano quindi, magari claudicando e non in grandissimo spolvero. Ma a volte ritornano e, per fortuna, perché nonostante tutto, cavolo se ci erano mancati!