Perché la produzione del film abbia cercato di tener nascosto ogni particolare della sceneggiatura, in modo direi maniacale (senza peraltro riuscirci), fino all’uscita del film, resterà per sempre un X-Files. “Non voglio crederci”, grideranno i fan accaniti della serie, quelli che (e mi ci includo) non si sono persi nessuno dei 201 episodi, né tanto meno il primo celeberrimo film, incuneato fra la quinta e la sesta stagione e, giustamente, incentrato sul geniale tema della cospirazione.

In questo X-Files: Voglio crederci, resta poco della mitologia della serie, se non l’eccesso d’informazioni assemblato, palesemente, per dar modo anche ai non adepti di andare nella multisala più vicina a partecipare all’evento.

Il soggetto è scialbo, da qualsiasi punto di vista lo si cerchi di giustificare: alcune donne vengono rapite fra le colline della Virginia. L’unica chiave della loro sparizione sta nei grotteschi resti umani che vengono ritrovati fra i banchi di neve lungo la strada. Le opinabili visioni di un prete spingono gli agenti di polizia a una caccia all’oca selvaggia e li conducono a un esperimento medico segreto che potrebbe essere connesso alle sparizioni. Si tratta forse di un X-Files. Ma l’FBI ha chiuso le investigazioni intorno al paranormale alcuni anni addietro e il miglior team in questi casi è ovviamente quello composto dagli ex-agenti Fox Mulder e Dana Scully, che, a dire il vero, non hanno desiderio di ripercorrere il loro oscuro passato. Scully è occupata come medico in un ospedale cattolico e Mulder vive isolato e barbuto in una località segreta. La verità su questi orrendi crimini starà comunque da qualche parte, e Mulder e Scully riusciranno ovviamente a far luce sul mistero…

A distanza di sei anni dall'ultimo episodio televisivo e dieci dalla prima trasposizione cinematografica, arriva dunque questo anomalo prodotto che si configura come una sorta di cliffhanger la cui seconda parte viene subito messa in onda. Qui, però, la visione raddoppiata NON è incentrata su cospirazione, rapimenti alieni, mutazioni genetiche e quant’altro, ma su un soggetto auto-conclusivo, come uno dei tanti episodi che hanno costellato le varie stagioni della serie TV (quasi sempre, però, migliori di questo, se non altro nelle prime stagioni).

Cosa succederà, dunque, in riferimento al finale della nona stagione?

Non ci è dato saperlo.

Ma, sfortunatamente, alla delusione non contribuisce solo la sceneggiatura.

Non solo la caratterizzazione dei personaggi è rimasta la stessa, nonostante siano passati anni dall’ultima volta in cui li abbiamo incontrati sullo schermo, ma Scully ricopre un ruolo decisamente marginale, rispetto allo svolgimento delle indagini.

Mulder è sempre lì che ‘crede-non crede’ agli U.F.O. (quando, qui, neanche ci sono), Scully ‘crede-non crede’ in Dio e (a questa non crederete davvero), Mulder non è ancora convinto della verità sulla sparizione di sua sorella, quando ormai sappiamo tutti (compreso lui) che fine abbia fatto (particolare reiterato non necessario allo svolgimento della vicenda).

Altre cucchiaiate aggiunte per allungare il brodo sono le numerose scene di silenzio, spesso in auto: inutili, deconcentrano lo spettatore e lo fanno pensare a quel che avrà da fare l’indomani (il ché, per un thriller - perché questo è l’unico genere che rimane da affibbiare al film - non è il massimo).

Come se non bastasse, tutto il fascino di Walter Skinner viene inspiegabilmente, sbrigativamente - scusate l’eccesso di avverbi in ‘mente’, so che di solito pure questi vengono usati per allungare il brodo, ma permettetemi anche un ‘cartoonescamente’ - compresso in un: “Mani in alto!”, o giù di lì.

Il montaggio disorienta, e l’intreccio è confuso. I dialoghi ricordano i primi esperimenti post-muto, lenti, noiosi e dozzinali. Le frecciatine di Mulder non fanno ridere e molti scambi di battute fra i due protagonisti risultano inverosimili, visto che, loro, si sono frequentati in questi anni e determinate ripetizioni sono palesemente infilate lì giusto per indottrinare gli spettatori.

Risulta anche assai imbarazzante confezionare un discorso analitico su ciò che funziona e ciò che risulta scadente, perché dalla torre non verrebbero gettati solo musiche e fotografia.

Insomma, se a farla da padrone, qui, è solo e semplicemente la psiche umana, dove sta la X? Senza voler fare gli snob, ma oggettivamente: che motivo sta alla base di un revival di questo tipo, se non la vile pecunia?

Certo, sicuramente fa piacere rivedere i nostri beniamini in azione, ma tanto valeva ripartire daccapo con i cofanetti…

Perdonatemi se per una volta mi sono sfogata in una recensione nettamente, disperatamente e inesorabilmente di parte, ma è stato come quando i Duran Duran si riunirono per fare cover. Credetemi.