‘Crudeltà’, era la parola d’ordine.

In ventidue, sono riusciti a oltrepassare la soglia. Quattro in più rispetto al precedente viaggio nel lato oscuro della mente umana (A.A.V.V., Anime Nere, Mondadori, 2007).

Sempre a cura di Alan D. Altieri, ‘l’aggiornamento’ della precedente esplorazione ci mette a confronto con “impietose radiografie ai raggi gamma dei risvolti più sinistri dell’autoannientamento”; “incursioni al fondo del baratro degli incubi della mente e dello spirito”; “incisioni che scavano dritte nel ventre molle di questa nostra epoca così creativamente e ciecamente ipocrita” (dalla Premessa del Curatore).

E’ un affresco sulla ferocia - anzi, ‘krudeltà’ - dell’uomo moderno, ritratto in tutte le sue bassezze; un uomo che risulta in fondo misero e banale nella sua ricerca di una via di scampo (il più delle volte da se stesso).

Si parte con gli spietati accordi fra i personaggi (straordinariamente caratterizzati da Cinzia Tani) di La scommessa, per proseguire con Non ne uscirete vivi, dove, con stile secco e asciutto, Alfredo Colitto porta avanti la vendetta del (apparentemente) debole sulle perversioni della ‘gente bene’. Tagliata per la grande città di Giacomo Cacciatore è invece un’amara e aggressiva riproposta del vecchio cliché dell’invidia femminile.

Qui, la professionalità dai mestieranti di lunga data è messa a confronto con quella di leve più o meno nuove. Malaparte, il killer controvoglia di Giuseppe Lippi (Tira il grilletto, Malaparte!), che vive e rivive innumerevoli volte l’istante in cui dovrà uccidere la sua vittima, fino al momento della resa dei conti reale, risulta efficace quanto la dark lady di Désisrée Coata (Bulbi).

Se, fino a questo momento, la forma con cui le storie ci sono state presentate è stata quella del thriller o del noir più tradizionale, con Male al cuore di Andrea Cotti, le violenze in famiglia assumono, paradossalmente, un aspetto di prosa poetica.

Ma ecco che con il racconto di Andrea G. Colombo, l’agghiacciante Asfalto, ci accorgiamo di uno degli aspetti contraddittori della raccolta, ovvero la ripetitività dei temi. Torna difatti la sfida, la scommessa fra uomini che, qui, si ritrovano addirittura ad assistere alla morte senza muovere un dito.

Anche il racconto di Cristiana Astori, ... Ti piace il sangue?, con i suoi vampiri griffati e meschini, ribatte sul medesimo tema. La scommessa come gioco selvaggio portato all’estremo, il passatempo dell’uomo che non ha nulla dentro e si riduce a divertimenti atroci per svagarsi, lascia aperte molte più porte e spazio libero per la creatività, mentre altri temi risultano un po’ troppo legati a determinati stereotipi per riuscire ad acquistare una maggior presa e a dare dinamicità alla raccolta stessa. Questi tre racconti sono difatti più riusciti e d’effetto rispetto ai tre incentrati su Al Qaeda (due dei quali sulle Torri Gemelle). Mi riferisco ad American Istanbul di Giampaolo Zarini & Andrea Novelli, 12/9, di Paolo Grugni e Zac! di Fabio Lombardi (sicuramente il migliore fra i tre, nello scandagliare l’avidità che può contraddistinguere un uomo persino in momenti disperati).

Torna pure l’invidia femminile, con Due, di Ettore Maggi; ma lo spauracchio dell’uomo moderno risulta essere quello che vive nei nostri palazzi, nelle nostre strade, seduto dietro la scrivania di qualcuno che potrebbe essere la nostra salvezza e invece agisce secondo il proprio interesse. Ecco che in Mutilato di Matteo Bortolotti, fanno capolino la corruzione delle forze dell’ordine e lo sfruttamento dei clandestini; Andrea Carlo Cappi, con A Milano non c’è il mare, racconta di spedizioni punitive contro extracomunitari, razzismo, pazzia e senso di rivalsa; Giancarlo Narciso, in Patto di sangue, della vendetta di un padre cui è stato tolto il figlio dalle autorità; Marco Vallarino, in Caduta libera, di prostituzione e sfruttamento dei minori; Io, dolore di Mauro Marcialis si risolve in una sorta di protesta contro i politici corrotti, gli snuff movies, il sadismo, la superficialità e l’egoismo.

In quasi tutti i racconti anche l’eros la fa da padrone, ma si tratta di un erotismo malsano, dai risvolti pericolosi, ed ecco che, in Smetti di guardare di Franco Forte, Eros e Thanatos seguono addirittura la logica della disperazione.

Ma anche i media hanno la loro parte di colpa. A partire dal divertissement autoironico di Alta Teodorani (Una questione di genere), in cui l’autrice finisce per deridere il mondo del cinema, sfogandosi, in pratica, su se stessa; fino a Diana Lama (Come un angelo), per cui sono di nuovo la superficialità e l’egoismo a essere presi di mira, ma l’ambientazione sfocia nel reality show.

Discorso a parte per il racconto lungo di Matteo Curtoni (Lucas & Toole) in cui, attraverso una scrittura visionaria carica di metafore raccapriccianti, si mischiano follia, perversione e vizio, per una narrazione ‘on the road’.

Il racconto conclusivo (Habeas Corpus di Giuseppe Genna) si spinge fino alle crudeltà che l’uomo è costretto a infliggere e subire persino dopo a morte, quasi a significare una sorta di ‘esorcismo della crudeltà’.

Se, da un lato, la ripetizione dei temi può stancare (soprattutto nei racconti legati ad Al Qaeda) e spezzettare la raccolta in tante piccole filiazioni di se stessa, dall’altro può apparire come una sfilata di possibilità in riferimento a quel particolare aspetto della natura umana (vedi i racconti sulle scommesse) e arricchirsi di volta in volta.

Alcuni racconti, presi singolarmente, non reggono il confronto con altri, soprattutto se affiancati a storie e stili che ruotano intorno allo stesso tema, ma la raccolta, nel suo insieme, si chiude mantenendo la promessa: le ventidue ‘immagini’ proposte non solo sono oscure, impietose, sinistre e raggelanti, ma anche - e soprattutto - crudeli.