John Macdonald ha rivoluzionato il novecento americano in termini di letteratura. Inutile girarci intorno, lo stesso Stephen King ammette di averlo avuto come maestro e devo dirvi che le influenze ci sono eccome. Macdonald ha uno stile diretto, lapidario e volto a scarnificare le ipocrisie della sua epoca, a dilaniare le certezze. E lo fa dannatamente bene in Facile Preda.

Jerry è un uomo sconfitto. Un lavoro terribile il cui capo è il suocero, una moglie adultera e alcolizzata, e i vicini che non si fanno mai i fatti loro. Ma un giorno arriva Vince, ex compagno di guerra di Jerry, con un'offerta che non può rifiutare. Rubare un malloppo che vale più di 3 milioni di dollari a un narcotrafficante del sud America mentre sta per scoppiare una guerra civile tra l'esercito regolare e le gang mafiose del paese. Jerry salta in auto e tra sparatorie, fughe rocambolesche e discussioni accese riesce insieme a Vince ad avere la macchina piena di banconote di grande taglio. Ma Vince alla fine tradisce l'amico andando a letto con sua moglie. Forse trama di rubare anche i soldi di Jerry, e quest'ultimo impazzisce.

Facile preda
Facile preda

In un' America le cui strade sono lastricate da proiettili, amici traditori, alcool e violenza Jerry si ritrova ad essere un altro anti-eroe che segue le orme dei derelitti del Far West. Tra omicidi, indagini poliziesche, truffe e molto altro arriviamo a un finale così scioccante che trasforma Macdonald nel maestro dei thriller psicologici. Divorato in un giorno, one shot di storytelling adamantino, puro e duro. Storia etilica come scotch, forte e densa come un lungo tiro di un sigaro cubano. Una storia perfetta, confezionata per stupire.