Com’è noto, uno pseudobiblion o pseudobiblium è un libro fittizio che viene citato in un libro vero come se fosse reale. Uno dei più famosi pseudobiblia, e forse il più famoso di tutti, è il famigerato Necronomicon, testo immaginario che H.P. Lovecraft attribuisce all’altrettanto famigerato Abdul Alhazred.

Nel corso degli anni questo testo inventato è stato considerato vero e ne sono state anche pubblicate alcune versioni, ovviamente inventate. Il fatto che un testo sia inventato non lo rende però meno reale e queste versioni possono essere considerate delle ricostruzioni. Ecco allora che questo libro inesistente finisce col diventare quasi-vero.

Se a ciò aggiungiamo il fatto che la narrativa di Lovecraft ha stimolato, già con l’autore ancora vivente, una certa mole di racconti apocrifi a lui ispirati, avremo la chiave per cogliere la portata del libro di Max Gobbo Storie del Necronomicon,  con prefazione di Gianfranco de Turris. Dando prova di notevole inventiva, l’autore scrive alcuni racconti apocrifi perfettamente inseribili nell’immaginario di Lovecraft e li combina insieme in un romanzo di tipo fix-up. Ma non si ferma qui.

Lovecraft, si sa, è un classico della narrativa weird, il che fa apparire come dei classici anche gli apocrifi a lui ispirati. Potremmo definirlo un fenomeno di aura. Muovendosi all’interno di questa atmosfera lovecraftiana perfettamente ricostruita, Gobbo mette in moto una narrazione che fa da sfondo all’intero libro e consiste nel raccontare la storia del ritrovamento del Necronomicon.

Necronomicon
Necronomicon

Si potrebbe pensare che l’operazione non sia nuova, ma in questo caso la macchina narrativa che viene assemblata risulta particolarmente efficace grazie all’entrata in scena non solo di Lovecraft, ma anche dello scrittore Robert Howard, di Abdul Alhazred e dello stesso Max Gobbo.

Il risultato è stupefacente, termine quanto mai adatto trattandosi di weird, una parola che in inglese vuol dire diverse cose (tra cui strano, arcano, bizzarro) ma che, inteso come genere, indica una narrativa capace di suscitare stupefazione, che non è il semplice stupore (si pensi al sense of wonder associato alla fantascienza) ma uno stupore che lascia attoniti.

La caratteristica principale del weird è una particolare combinazione tra elementi insoliti, al limite del fantastico, e l’utilizzo di situazioni nelle quali viene mantenuta un’impostazione il più possibile realistica. Ebbene, l’inventiva di Gobbo è rinvenibile non solo nelle atmosfere inquietanti in cui si ritrovano i suoi personaggi, ma anche nel modo in cui riesce a trasformare la storia di un libro impossibile in una narrazione che fonde tra loro, senza creare frizioni, un certo numero di racconti nello stile di Lovecraft e alcuni resoconti, in apparenza oggettivi, che seguono la scia emanata dal libro maledetto di Abdul Alhazred.

Ne viene fuori un libro nel quale i racconti sembrano cronaca e la cronaca sembra un racconto, così che il confine, a volte labile e a volte nitido, tra realtà e fantasia si assottiglia fino a sparire. Dalla tesi che tutta la narrativa (in inglese fiction) è finzione, ma presentata convenzionalmente come se fosse vera, possiamo trarre l’idea che i generi si distinguano per il modo specifico in cui cercano di rendere credibili le storie che corrispondono a ciascuno di essi.

Agli estremi di questo continuum abbiamo da una parte la narrativa realistica, la cui credibilità è ottenuta per mimesi, e dall’altra la narrativa dichiaratamente fantastica, nella quale la credibilità è ottenuta grazie alla disponibilità del lettore (la famosa “sospensione dell’incredulità”). Poi c’è una via di mezzo, in realtà più di una, in cui tutto si gioca sulle doti di equilibrismo dell’autore, il quale cerca di offrire la massima dose di immaginazione, senza con questo produrre necessariamente nel lettore la sensazione di essere immerso nella pura fantasticheria.

Il weird di Lovecraft appartiene a questo tipo di narrativa. Mentre gotico e horror in senso lato cercano di costruire la loro atmosfera introducendo situazioni tipicamente angosciose (si pensi al classico cimitero visitato a notte fonda) il weird evita di ricorrere a questi scenari evocativi, nei quali il pauroso si annuncia fin da subito e preferisce far emergere il terrore da un contesto dapprima normale e quasi prosaico.

Anche quando il prorompere di ciò che è spaventoso viene avvertito in anticipo, esso deriva spesso da elementi sottili che parlano alla mente più che ai sensi. Il Necronomicon risulta terrificante come semplice idea, prima che come oggetto, perciò non ha bisogno di esistere davvero per far paura. Ciò che lo rende così spaventoso è il sapere che non può essere letto (figuriamoci scritto) senza per ciò stesso perdere il lume della ragione, ed è questa sensazione che Max Gobbo riesce a rendere vivida, e dunque vera.