Benvenuto su Horror Magazine, cominciamo dalla sua ultima fatica, siamo molto felici del suo ritorno al cinema con Ballad in Blood. Ha avuto piena libertà nello sviluppare il progetto?

Assoluta libertà, ho avuto anche tanto tempo per migliorare la storia. Le indecisioni della produzione e la ricerca del danaro mancante hanno allungato i tempi di inizio riprese e avuto la possibilità di perfezionare la sceneggiatura.

Cosa dobbiamo aspettarci, si tratta di un ritorno alle origini o di un lavoro completamente diverso dagli altri?

Ho affrontato come al mio solito il realismo, una storia ripresa dalla cronaca nera e rivista e giudicata dalla mia opinione.

Agli inizi ha lavorato, tra gli altri, per i grandi maestri del cinema italiano, come Rossellini, Freda e Margheriti. C’è qualcosa che ha “rubato” da loro?

Forse ho preso qualcosa dal mio Maestro Rossellini e ho cercato alcune assurdità da Tarantino.

Nella sua eterogenea carriera ha anche girato una commedia western, I quattro del pater noster. Si sente a suo agio nella commedia così come nell’horror?

Amo talmente il cinema e la macchina da presa che affronto qualsiasi genere con disinvoltura. Preferisco però il cinema di genere perché ti lascia libero di creare senza subire interferenze da attori “mostri sacri”.

Un altro suo capolavoro è Uomini si nasce poliziotti si muore, uno dei più violenti e controversi polizieschi del nostro cinema. La sua lettura è completamente diversa da atri esempi del genere di quel periodo, i suoi protagonisti sono due poliziotti scorretti, dissacratori. Ci spiega perché?

Sicuramente Uomini si nasce poliziotti si muore è uno dei miei film preferiti, il segreto della riuscita del film è nella scelta del cast. Il commissario Adolfo Celi era connivente alle imprese delittuose dei due poliziotti e lo faceva con ironia rendendo in tal modo i due protagonisti simpatici. Poi c’era la musica con la sua ballata che caratterizzava l’imprese nefaste dei due.

Lei è l’inventore del genere cannibal movie che ha avuto un grande successo tra gli anni ’70 e gli ’80. In Ultimo mondo cannibale come nasce l’idea di concentrasi sull’antropofagia?

L’idea di Ultimo mondo cannibale nacque da un numero del 1972 della rivista National Geographic, “Stone age men of the philippines”. Ho cannibalizzato completamente le foto e le notizie della rivista. Poi ho letto molti libri sull’antropologia e ho applicato fedelmente tutta la “lavorazione cannibalica” degli indigeni dei tempi passati.

Arriviamo a Cannibal Holocaust. Durante la lavorazione riceveste minacce di morte da parte di animalisti infuriati che al processo la costrinsero a portare gli attori in tribunale per dimostrare che non li aveva uccisi sul serio. Il pubblico di Bogotà poi, inferocito, tentò il linciaggio e lei fu costretto a chiedere l’aiuto di un fazendero per evitare ritorsioni. Conferma tutto?

Il film finalmente dopo 36 anni è diventato un cult, gli inglesi hanno decretato questo e chi è più animalista del popolo inglese? Passando poi al popolo di Bogotà, l’anno scorso ho avuto un  invito a un loro festival e mi hanno portato in trionfo.

Cosa pensa di Barbareschi e del suo continuo negare qualunque rapporto con Cannibal Holocaust?

Nei contributi di ogni DVD del film in questione, Barbareschi mi cita come il più bravo ed eclettico regista italiano, sprecato per il suolo nostrano e che dovrei emigrare negli USA.

Crede che oggi un film così inclemente nei confronti della società in cui viviamo e così rabbioso come Cannibal Holocaust potrebbe ancora funzionare?

Funzionerebbe ancora, colleziono almeno 80 HD e BLURAY, si rinnovano in tutti i paesi del mondo.

Ci parla un po’ di come è nato La casa sperduta nel parco? L’influenza di Wes Craven, nello specifico de L’ultima casa a sinistra, è piuttosto evidente, cos’è che l’ha colpita maggiormente di questo film?

L’ultima casa a sinistra è un horror di pura fantasia. Il mio La casa sperduta nel parco è ispirato al caso delittuoso dei ragazzi al Circeo. Mi sono ispirato all’amico Craven soltanto per il comune protagonista, il bravo David Hess.

Nel 1987 gira il fantasy The Barbarians. Ci dice dove è andato a pescare i fratelli Paul?

La Cannon mi ha spedito i due gemelli in Italia chiedendomi di fare un film duro e drammatico. Peter e Paul erano talmente comici che ho cambiato il film in un fantasy divertente.

Tarantino, Roth, Rodriguez cercano di omaggiare il suo lavoro, quello di Fulci, di Lenzi, senza però riuscire a raggiungere i livelli di crudezza e cattiveria del nostro cinema. Secondo lei qual è il motivo? È a causa di imposizioni da parte delle produzioni, mancanza di coraggio o una scelta morale?

Non credo che i registi d’oltre oceano siano meno crudeli e cinici nei loro film, sono soltanto falsamente pudichi nelle scene di sesso.

I suoi progetti per il futuro?

Mi hanno offerto un film che aspettavo da molti anni e mi darò da fare per realizzarlo alla Deodato.

Vuole aggiungere altro?

Vi ringrazio e saluto i vostri lettori.