Un bisbiglio si introdusse dentro la bolla, uno spermatozoo dentro all'ovulo. E fecondò la paura, moltiplicando le cellule dei sussurri. Erano le voci del mondo esterno, un mondo sintonizzato sulla tragedia. Riaffiorarono i commenti dei giornali, delle persone per strada e dei social network.

Ognuno con la sua verità.

Ognuno con la soluzione.

C'è chi dà della drogata alla vittima, eppure le analisi fatte dal medico legale non mostravano nessuna sostanza stupefacente.

C'è chi avete controllato le ultime chiamate. E sì, è stato fatto, grazie per il suggerimento.

C'è chi si fa un selfie disteso al sole sulla spiaggia del morto.

C'è chi è colpa del ragazzo.

C'è chi è colpa delle amiche.

C'è chi i genitori sono gli unici colpevoli.

C'è chi è colpa della società.

E c'è chi se l'è cercata.

C'è anche chi #hapersolafaccia e #unafacciaper.

Tutti hanno una opinione. Tutti, eccetto lui.

Non sapeva cosa avesse spinto la ragazza a sfigurarsi con le sue stesse mani.

Dalle prime indagini era subito apparsa banalmente normale: universitaria, pressoché in pari con gli esami; fedina penale pulita; amava la musica e il divertimento. Una tra le tante ma l'unica senza volto.

Perché?

Il freddo lo attraversò. Non era ancora in grado di intravedere la causa ma sentiva nell'intimo che quel male era anche dentro di lui. Probabilmente dentro a ogni essere umano. La colpa della ragazza, avere gli occhi per vedere.

Lei ha visto.

Pregò Dio di rimanere cieco.

Sbloccò lo smartphone, avrebbe chiamato la moglie. L'avrebbe invitata a cena, portandola in quel ristorante sulle prime colline romagnole. E lì avrebbero brindato e parlato con la linea del mare sullo sfondo. Questo non avrebbe fermato il treno, né cambiato il biglietto ma avrebbe reso il viaggio una dolce bugia.

Sul display apparve l'icona di una app: un volto bianco su sfondo verde. Sotto, la scritta “FaceMine”. La stessa applicazione che avevano trovato nello smartphone della vittima. Il perito informatico aveva affermato che l'ultima chiamata era stata effettuata tramite quel programma. Che si trattava di una videochiamata non andata a buon fine. Nulla di rilevante. Almeno così appariva.

Sentì il fetore dell'alito del demone.

Non si chiese come avesse fatto a scaricare quell'applicazione. Non lo fece perché capì che non aveva alternative, che la strada era stata tracciata. Che anche in questo caso non ci sarebbe stato nessun freno di emergenza.

Digitò sull'icona. Sulla schermata apparve una nuvoletta con la scritta: “videochiamata di prova in corso”. Un suono segnalò la riuscita del collegamento. La nuvoletta ora diceva: “sei connesso con Maria”.

Le labbra dell'ispettore mimarono il nome Maria con un punto interrogativo.

Nell'oscurità dello schermo intravide una sagoma.

Sentì il demone appoggiarsi sulla schiena.

Dalle casse dello smartphone un lamento. Quasi una supplica. Elettrostatica.

– Un volto.

Fruscio. E singhiozzi.

– Datemi un volto.

L'immagine si fece nitida: una ragazza con le mani sul viso, stava piangendo.

– Quale volto? – si trovò a domandare l'ispettore.

Le spalle della figura smisero di sussultare.

Le mani livide si schiusero esitanti.

L'ispettore strinse gli occhi per distinguere i lineamenti ma i lunghi capelli neri erano un drappo pesante sulla faccia della ragazza.

– Quale volto? – chiese di nuovo. La lingua del demone gli titillò il lobo dell'orecchio.

La figura alzò il viso, lenta.

– Il tuo.

Fruscio.

L'ispettore si irrigidì. Tra i capelli non c'erano occhi a fissarlo ma due orbite vuote; non c'erano labbra ma un velo trasparante di latte bollito; non c'erano narici ma una depressione esangue. Il viso era un teschio rivestito di pelle cianotica.

– IL TUO! – urlò la figura. E l'ispettore sentì il demone entrargli dentro.

Paralizzato, notò che il nome dell'app era cambiato: “YourFaceIsMine”.

La ragazza sollevò uno specchio.

Riflesso, la faccia dell'ispettore cancellata.

Il demone ruggì e le unghie affilate gli violarono la pelle e le carni.

L'ispettore gridò in preda al delirio. Sul biglietto il controllore aveva annotato un giorno afoso di agosto.

Ci sono volti che scompaiono nel nulla.

Altri rimangono impressi a fuoco e non li cancelli più.

Altri sono brandelli sotto le unghie.

#UnVoltoPerMaria.