Un giovanissimo Romero mette in piedi una società con due cugini italo-americani (i Ricci cousins) e con un giovane produttore newyorkese (Karl Hardam) per realizzare un film horror a bassissimo costo. Nasce così nel 1968 il primo capitolo della tetralogia dei morti viventi, scritto, fotografato, montato e musicato da George A. Romero.

Trama: Barbara e suo fratello Johnny pregano sulla tomba di un piccolo cimitero quando il ragazzo viene assalito da uno sconosciuto e ucciso. Si scopre in seguito che una radiazione proveniente da Venere ha risvegliato i morti che, risorti dalla tomba, attaccano i vivi per cibarsene. In una casa non lontana dal cimitero si rifugiano alcune persone che si troveranno in disaccordo riguardo la strategia da seguire per cercare di aver salva la vita.

Perché vederlo: Quando Romero inizia a considerare l’ipotesi di trasporre su pellicola il racconto Io sono leggenda di Richard Matheson, Ubaldo Ragona ha già diretto L’ultimo uomo sulla Terra. Rimane quindi il dubbio che Romero possa essersi ispirato alla pellicola italiana, provvedendo a sostituire gli zombie ai vampiri. La notte dei morti viventi ottiene però un successo ben maggiore del film di Ragona, diventando un caposaldo del genere e permettendo così la nascita di un’infinità di film sugli zombie. Le regole imposte in questa pellicola, a parte qualche lieve variazione, sono rimaste identiche con il passare degli anni: un’epidemia inspiegabile si abbatte, i morti – lenti e affamati di carne umana – ritornano a camminare sulla terra condannando tutti quelli che vengono morsi a subire la loro stessa sorte. Il film viene alla luce in un epoca di lotte e profondi cambiamenti, gli Stati Uniti si ritrovano a fare i conti con le contestazioni della guerra in Vietnam, con le rivolte universitarie e con le battaglie dei neri per i propri diritti. E facendosi specchio della realtà il film sbrana il mito americano: l’immagine della famiglia viene annientata, l’ordine costituito si abbandona alla più insensata violenza, la società è divelta da spinte individualistiche e la casa non è più quel luogo rassicurante nel quale rifugiarsi. Diverse chiavi di lettura sono attribuite a La notte dei morti viventi, alcuni ci vedono una critica alla Guerra fredda, altri una denuncia alla brutalità di quella nel Vietnam e altri ancora una spietata analisi della cultura capitalistica in cui gli uomini sono pronti a farsi a pezzi tra di loro pur di arrivare al potere. Nonostante i richiami ai problemi della società contemporanea siano facilmente individuabili, il regista ha sempre sostenuto di non aver mai voluto girare un film politicizzato, dichiarando che il suo unico desiderio era quello di realizzare un horror capace di contravvenire alle leggi di Hollywood e ai canoni imposti dall’inglese Hammer. E Romero ci riesce, non si limita più a suggerire l’orrore ma lo mostra in tutta la sua violenza e lo inquadra nell’opprimente cornice della campagna di Pittsburg. Tutto il sarcasmo e il pessimismo disincantato sfociano in uno splatter crudo, in una ferocia cannibalesca che sconvolsero il pubblico e cambiarono per sempre le regole del cinema dell’orrore. Romero si approccia al film quasi fosse un reportage, predilige infatti la macchina a spalla e la scelta del bianco e nero (scelta in realtà obbligata dai 114 mila dollari di budget) si rivela fortunata perché infonde maggiore realismo alla pellicola. Le riprese durarono più tempo del necessario (sette settimane) perché il film fu girato durante i fine settimana liberi della troupe, composta per lo più da tecnici e attori non professionisti. Tra questi Duane Jones, attore di colore chiamato a vestire i panni dell’eroe. L’isolita scelta del protagonista nero, scelta che Romero confessò di aver fatto inconsapevolmente, destinato a recitare un ruolo pensato per un bianco fu presa sulla base dei provini e non nascondeva nessun riferimento politico o sociale. Molte delle scene girate mantengono ancora oggi intatta la propria forza espressiva, mentre altre affrontano meno bene lo scorrere del tempo, ma quel che è certo è che La notte dei morti viventi rimane un classico imprescindibile che ha permesso al cinema horror di avviarsi verso nuove strade.

Curiosità: Il film incassò 30 milioni di dollari, dei quali molti pochi andarono ai creatori, perché la casa di produzione non mise l’avviso di copyright sulla pellicola. Alle comparse zombie fu pagato un dollaro a testa e fu regalata loro una t-shirt con scritto “Ero uno zombie nella notte dei morti viventi”.