Ciao Francesco, benvenuto su Horror Magazine, ti puoi presentare ai lettori del sito che non ti conoscono? Chi è Francesco Dimitri e cosa fa nella vita?

Ciao Gianfranco! Contento io di esserci. ‘Chi sono’ e ‘cosa faccio’ sono due domande cui do la stessa risposta: sono uno scrittore e sto prendendo un PhD a Londra. Argomento: i giochi di ruolo. Mi interessano le storie, in ogni forma esse arrivino.

Parliamo di "Pan": la tua ultima fatica letteraria pubblicata da Marsilio. Come ti è venuta l’idea di questo lungo romanzo? Da quali premesse sei partito? 

Avevo voglia di mettere le mani sul "Peter Pan" originale, un grande libro poco capito. L’ho sempre trovato inquietante, nero, disturbante. Ma al tempo stesso è un inno alla libertà, alla gioia selvaggia e pericolosa. Peter Pan è una forma di Pan, e Pan/Fauno è un dio greco-romano noto per essere, appunto, selvaggio e pericoloso. Mi sono detto: e se tornasse nella Roma di oggi? Mi sono risposto: sarebbe un macello, ma a volte i macelli servono. E così è nata la storia.

Come definiresti "Pan": un romanzo fantasy? Gli appassionati dell’horror possono trovare pane per i loro denti? Credi nelle distinzioni di genere o più nelle contaminazioni o atmosfere di un certo tipo?

Io non parto mai con l’idea di scrivere ‘genere’ –  però parto sempre con l’idea di scrivere storie con elementi ‘fantastici’. Non mi interessa, né nella scrittura né nella vita, quello che viene definito ‘realismo’, ma questo ha più a che fare con una visione del mondo che con il genere in sé. Detto questo, trovo che i generi siano almeno una bussola: bisogna usarli senza crederci, come tutte le teorie. E usando questa bussola, io credo che Pan sia molto vicino all’horror. L’horror è viscerale, passionale, intimamente romantico. L’horror che mi piace, almeno.

Facciamo un passo indietro: prima di "Pan" il tuo esordio alla narrativa è stato con "La ragazza dei miei sogni" pubblicata da Gargoyle Books. Valerio Evangelisti ha salutato l’opera come "niente di mai visto prima nel panorama italiano". Ci puoi parlare di questo progetto?

Volevo raccontare una storia d’amore, e l’amore fa sempre paura – ti sconquassa e ti cambia, uccide quello che eri e fa nascere qualcos’altro. E poi volevo ambientarla tra le strade di Roma, una città che conosco bene. Raccontare storie è un modo per riscrivere il mondo, e se devo riscriverne uno, preferisco che sia uno in cui mi so muovere, di cui conosco luci e ombre.

E’ vero che "La ragazza dei miei sogni" è stata opzionato per il cinema? Il progetto è andato avanti?

Si. Per un periodo il progetto è stato fermo, ora, incrociando le dita, pare stia ripartendo. Vedremo tra qualche mese se ci saranno novità più sugose.

Il tuo esordio nell’editoria è stato con la saggistica e hai la fama di esperto di fantastico, magia e paranormale. Quanto ha contato questo bagaglio culturale nel passaggio alla narrativa? Quanto conta la documentazione nel tuo lavoro?

Il mio bagaglio ha contato moltissimo. Però conta anche il cibo che mi piace, i luoghi in cui amo passeggiare, le persone che vorrei annientare (si, ce ne sono) e quelle che amo. Quando racconti storie ci metti dentro di tutto. Però devi stare attento a non mettere troppo. Gli scrittori che raccontano storie per esporre teorie sociali, o per mostrare erudizione, o per altri motivi che non siano il gusto di dire ‘c’era una volta’, non mi interessano. Intendiamoci: ogni storia parla anche di chi la racconta. Ma deve farlo da sola. Le storielle a tema, i romanzi sociali, che vanno tanto di moda in Italia, mi paiono essere né carne né pesce, senza il rigore di un saggio né l’estasi di una saga. Capisco che possano piacere, rispetto i gusti altrui, ma la vita è breve e non voglio ammorbarla così.

Attualmente vivi a Londra. Fuga di cervelli? Ricerca di nuovi stimoli o semplice vacanza? Pensi di rivolgerti al mercato inglese nel futuro?

Pietra che rotola non fa muschio, si dice. Io me ne sono andato da casa a diciotto anni, e nove anni dopo ho sentito l’esigenza di spostarmi di nuovo. In questo periodo l’Italia è un ghetto culturale, e dai ghetti si scappa, con o senza cervello. Poi, io non credo in radici, nazioni, eccetera, credo solo nelle persone. Non mi sento Italiano più di quanto mi senta pugliese o romano o londinese. Sono un individuo, sono fatto di molti sogni diversi. Argomento mercato: chissà.

Ti definisci "immaginauta". Nei tuoi romanzi usi spesso le parole "Incanto", "sogno" e "carne", che davano  anche il nome alle sezioni in cui era diviso il tuo sito web. C’è un "mondo narrativo" che accumuna le tematiche che tratti, i personaggi e sentimenti che ruotano attorno alle tue opere?

Ne approfitto per dire che al momento il sito è in criogenesi. Prima o poi tornerà, nel frattempo c’è il mio blog (francescodimitri.wordpress.com/). Comunque si, il mondo c’è, e intendo allargarlo poco a poco. Al momento vorrei che tutte le storie che mai racconterò facciano parte di un gigantesco multiverso in cui ogni cosa è collegata a tutte le altre. È un progetto che ho in mente da quando avevo sedici anni, e sono un tipo testardo…

So che stai lavorando a un nuovo progetto che si chiama Alice, ce ne puoi parlare?

Non molto. Non perchè sia un segreto - perchè è troppi in fieri per parlarne sul serio. Diciamo che stavolta mi sto confrontando con Alice nel Paese delle Meraviglie, forse il singolo libro che mi ha messo più paura nella mia vita. Sarà molto diverso da Pan - e molto influenzato dalle culture psichedeliche. E molto, molto più nero.

Parliamo del processo creativo: dall’ideazione di una storia al suo successivo sviluppo. Quali sono le tue tecniche narrative? Quali i tuoi trucchi del mestiere?

Domanda insidiosa. Non ho un metodo preciso, solo pochi punti fermi. Innanzitutto, quando scrivo, scrivo. Ogni giorno, se possibile senza interrompere neanche una volta. Poi, tendo a fare una prima stesura in cui butto giù tutto, e che è praticamente illeggibile anche per l'editor più illuminato. Solo dalla seconda stesura in poi comincio a ragionare seriamente con l'editor. Nel frattempo riempio la testa della mia compagna di idee e chiacchiere sulla storia che sto scrivendo. Poi, non uso mai scalette e non so mai come la storia andrà a finire. Se so troppo, mi annoio, e se mi annoio, i miei lettori lo faranno ancor di più.

Quali sono gli aspetti più importanti per te in una tua storia, quelli che cerchi di valorizzare maggiormente? Cosa  cerchi di trasmettere al lettore?

Prima di tutto un'atmosfera. Tutte le storie che mi piacciono costruiscono grandi mondi narrativi: il Signore degli Anelli, Il Mondo in un Tappeto, le sette stagioni di Buffy. Ecco, io voglio raccontare mondi in cui i lettori si tuffino volentieri. Non mondi rassicuranti né consolatori, ma ad ogni modo, in cui tuffarsi. Il nostro mondo è solo uno tra tanti: a me piace guardare gli altri.

Dalla saggistica alla narrativa ai giochi di ruolo. C’è una forma narrativa con la quale vorresti cimentarti e che non hai ancora affrontato?

Senza dubbio il fumetto. Ho in mente un paio di storie che potrebbero essere raccontate per bene soltanto a fumetti. Si tratta di trovare il giusto disegnatore e un editore interessato, oltre che il tempo materiale per farlo. Vedremo.

Si può vivere facendo lo scrittore? Come vedi il mercato editoriale italiano oggi?

Sì, si può vivere, se sei disposto a scrivere tanto e per tanti committenti diversi. Il mondo editoriale sta cambiando ovunque, in Italia e fuori. E' crisi, certo, ma una crisi di crescita. Il problema maggiore, in Italia, è che abbiamo strutture vecchie nello spirito, spesso anche quando sono gestite da trentenni. E c'è troppa gente che, francamente, non capisce un cazzo. Si attaccano all'horror, al noir, al fantasy, all'ultimo carrozzone di moda, senza alcun amore, senza competenze, senza voglia di fare bei prodotti.  Però poi abbiamo punte di eccellenza: nel campo dell'horror, uno come De Crescenzo della Gargoyle ce lo invidierebbero anche gli editori inglesi. Ecco, sono contraddizioni con cui bisogna avere a che fare ogni giorno. Ma ogni tanto un pensiero perverso mi viene: vorrei che i Bambini Perduti facessero piazza pulita. E ricominciare da zero.

Progetti futuri? Ci puoi dare qualche anticipazione?

Parecchi progetti. La priorità, al momento, è finire Alice, e ci vorrà un po'. E devo rimettere mano alla sceneggiatura tratta da "La Ragazza dei miei sogni", per quel risveglio del progetto che ti dicevo. Poi, vorrei muovermi seriamente verso la creazione di 'ambienti narrativi', storie che cominciano in un romanzo, rimbalzano su Internet, arrivano in Tv, eccetera. Storie con cui, magari, i lettori possano giocare. Ma questo è un progetto davvero a lunghissimo termine. Nel frattempo ci sarà un altro romanzo ancora, e forse qualcosa per "Young Adults", come si dice. Ci sto pensando proprio in questi giorni... senza dimenticare i fumetti. Mai dimenticarli, i fumetti.

Francesco Dimitri  è un esperto di letteratura fantastica e magia. Nato a Manduria (TA) nel 1981, vive e lavora a Londra. Ha pubblicato quattro saggi, Comunismo magico (2004), Guida alle case più stregate del mondo (2004), Neopaganesimo (2005) e Manuale del cattivo (2006), oltre a essere co-autore di Dies Iraq (2003), tutti con Castelvecchi, e un romanzo, già opzionato per il cinema, La ragazza dei miei sogni (Gargoyle Books, 2007).

Del 2008 invece è Pan pubblicato da Marsilio Editore.

La Guida alle case più stregate del mondo è considerato un piccolo cult, e ne è uscita un’edizione spagnola.