Nel mese di giugno uscirà nella collana Odissea Vampiri Linee di sangue, il terzo libro del ciclo di Vicki Nelson, protagonista della serie televisiva Blood Ties in onda sul canale AXN di Sky.

Nella stessa collana, di questa autrice sono già apparsi i romanzi Il prezzo del sangue e Tracce di sangue. Adesso, Tanya Huff, l’autrice della serie, che sta riscuotendo un grande successo in tutto il mondo, Italia compresa, ci racconta direttamente in esclusiva i retroscena del suo mondo vampiresco.

Ciao amici: dal momento che avete già letto Il prezzo del sangue e Tracce di sangue e che avete apprezzato i protagonisti di queste storie, rimando a un’altra occasione di parlarvi delle motivazioni che mi hanno spinto a scrivere storie di vampiri.

Vorrei invece dirvi cos’è stata la cosa che più mi ha entusiasmata quando, nel 1992, ho scritto il terzo libro della serie di Vicki Nelson, Linee di sangue. Ricordo ancora con quanto interesse mi dedicai all’argomento per effettuare le necessarie ricerche. Nei due o tre mesi che precedettero l’effettivo inizio della stesura del libro, studiai Egittologia da autodidatta; comprai ogni sorta di libro sull’argomento e accumulai pagine e pagine di annotazioni, immergendomi nell’incredibile storia di una delle più antiche e complesse civiltà del pianeta. Poi, grazie alla gentile disponibilità della dottoressa Roberta Shaw, potei completare le mie ricerche andando a vedere le cose segrete, quelle che stanno dietro le quinte, del Royal Ontario Museum di Toronto.

Quando, nel romanzo, la protagonista Vicki si nasconde nel sarcofago, si tratta di un sarcofago che ho visto con i miei occhi, e il particolare relativo all’addetta alle pulizie turbata dalla vista delle teste mummificate che sfoggiavano il casco di svariate squadre sportive di Toronto, è una storia vera. In quell’occasione potei gironzolare per il museo, esaminare numerosi scaffali di oggetti catalogati e sfiorare con estrema delicatezza delle ceramiche antiche oltre tremila anni.

In quel momento mi resi conto di fare il lavoro più bello del mondo.

Vicki, Mike e Henry ne furono, naturalmente, meno entusiasti di me, dal momento che ho preso tutte le informazioni raccolte e me ne sono servita per creare la più recente di una lunga e onorata serie di mummie ridestate. Facciamo una piccola digressione per chiederci cosa ci fosse di tanto spaventoso in quelle prime versioni che strascicavano i piedi e perdevano i pezzi, e che perfino una patata lessa sarebbe stata in grado di sgominare. Nel mio romanzo le mummie sono qualcosa in grado di minacciare un vampiro che ha vissuto 450 anni, e di dare una certa consistenza alle sue minacce… questo sì che fa paura.

Detto questo, credo di essere riuscita a rendere almeno alcuni dei personaggi più spaventosi dei classici morti che camminano.

Ma tutto questo è ormai acqua passata. Quando una scrittrice vede pubblicato il suo libro, è come una mamma che abbia appena partorito: dimentica i dolori e pensa di aver fatto la cosa più bella del mondo.

 L’anno successivo, quando scrissi Patto di Sangue (il quarto libro della serie, che Delos Books pubblicherà nel prossimo mese di novembre, N.d.R.) per un po’ ho pensato che la creatura che stavo descrivendo sarebbe finita per essere una storia di zombie, finché andando avanti e lasciandomi coinvolgere dalla vicenda mi sono resa conto che si trattava invece di una nuova versione tematica della storia di Frankenstein, una dimostrazione di come travalicare la linea di demarcazione fra la scienza e la responsabilità sia qualcosa che ti si può ritorcere contro. Alcune delle nozioni scientifiche inserite nel romanzo sono perfino accurate… per l’epoca e all’interno di un range di accuratezza dai valori molto ampi. Infatti, proprio quando stavo per cominciare il libro, lessi un articolo in cui si parlava della possibilità di utilizzare i batteri come una sorta di nanotecnologia per riparare organi danneggiati del corpo umano, e il resto, come si suol dire, è venuto su da sé dal tavolo di un laboratorio.

Patto di sangue è anche il primo libro da me ambientato a Kingston, una città il cui centro è dominato dalla Queens University, una delle principali università del Canada, e dove ogni anno, in periodo di esami, è possibile vedere zombie mezzi morti aggirarsi per le strade con passo strascicato.

Gli altri libri della serie sono una sorta di fantasy horror… ci sono dei momenti che fanno paura, certo, ma gli eventi non costituiscono il nucleo emotivo della storia che ho narrato, mentre Patto di sangue è puro horror. Non del genere splatter, con una quantità di sangue sparso ovunque e un elevato numero di cadaveri come va di moda ultimamente (anche se c’è del sangue e il numero dei cadaveri è relativamente alto), ma di quel genere di paura più profonda e viscerale che nasce quando l’orrore a cui si sta dando la caccia è qualcuno che si ama.

Patto di sangue è il più personale dei cinque libri. Mia madre è morta quando ero molto giovane, e molti degli incubi di Vicki sono anche i miei. Dopo aver letto La Zampa della Scimmia di Jacobs, a un’età in cui ero ancora impressionabile, rimasi spesso sveglia la notte per cercare di calcolare quanto tempo il cadavere di mia madre ci avrebbe messo ad arrivare da Halifax, Nova Scotia, dov’era stata seppellita, a Kingston, dove io vivevo. Quando sono diventata più grande, mi sono resa conto che quella era una distanza troppo grande perché una donna morta potesse percorrerla a piedi, e ho smesso di preoccuparmi.

Patto di sangue pone fine all’arco di evoluzione della storia emotiva che ha avuto inizio con Il prezzo del sangue e dà inizio a quello che viene esplorato in Debito di sangue (quinto e conclusivo libro della serie).