Ogni volta che Alessandro Forlani torna a Thanatolia succede un gran casino.

Sì, è il caso di prepararsi al peggio.

Rebecca è il seguito di Arte e Acciaio.

In questo secondo volume Levias Autotene, il Principe dei Mercanti di Handelbab, è morto dopo decenni di monopolio del saccheggio di tesori delle tombe. Ora il suo immenso patrimonio è passato Rebecca, un’inferma chiaroveggente benvoluta dal popolo. Col denaro di Aurotene, Rebecca ha ereditato il suo potere politico. Suoi sono ora la città e le persone che la abitano.

Efrin e Francesca, però sanno che Rebecca è posseduta dallo spirito di un necromante: Comédio, forse il più potente degli stregoni di Thanatolia.

Le protagoniste di questo racconto sono proprio Efrin e Francesca, una maga e una spadaccina, che avrebbero già il loro bel da fare per conquistare un minimo di credito tra posse di farabutti libidinosi dalla scarsa igiene. Invece tocca loro anche di mettere in guardia Handelbab dalla follia di Comédio che, come se Thanatolia non fosse già uno splendido angolo d’inferno di suo, ha trasformato la città, innalzando strutture ciclopiche e incomprensibili, che soffocano e distruggono. Un’ingegneria della pazzia che dà vita a nave fortezza che imputridisce e splende di metallo, che ha vele di pelle umana e si muove a forza di urla e corpi messi a rosolare.

La naturale conseguenza della inaspettata balordaggine di Rebecca, che è in realtà Comédio, non può che essere una battaglia sorprendente e terribile, nella quale tutti perderanno qualcosa. Persino Malqvist (sì, c’è anche lui!) butta via un po’ della sua irresistibile coglioneria, senza però mai smettere di menare come un fabbro.

Che Forlani sia una delle più raffinate firme della letteratura fantastica l’ho già detto in passato, eppure è sempre sorprendente la sua capacità chirurgica di caratterizzare personaggi e interi mondi con poche, inequivocabili parole. Che già la sola ambientazione basterebbe a reggere il racconto, e invece anche i personaggi sono splendidamente caratterizzati e l’azione si rinnova a ogni pagina.

Perché, sì, Forlani non solo possiede il senso della frase, ma anche quello della trama.

Rebecca poi non è solo uno sword and sorcery di altissimo livello, ma anche un racconto ricco di riferimenti alle più importanti opere del genere. E in un periodo in cui è tutto lovecraftiano, qui i richiami a Lovecraft ci stanno davvero. Sottili, si infilano nel racconto come una lama nella cotta di maglia, cambiando forma senza snaturarsi.

Insomma, Rebecca è senza dubbio uno dei migliori racconti del ciclo Crypt Marauders Chronicles, una lettura imperdibile in cui le parole scavano fino ad arrivare ai limiti dell’antichità, in cui ogni singola frase costruisce per poi ridurre tutto in polvere, lasciando a risplendere solo l’arte e l’acciaio.