La psicoanalisi ha scoperto che vi può essere un legame psicologico tra la percezione geniale e la dissociazione mentale presente in modo conflittuale ma creativo nell'artista che nella propria nevrosi soffre di disturbi percettivi. La concezione meccanicistica della psichiatria positivistica ha invece quasi sempre bollato l'anormalità come malattia mentale, negandone così le implicazioni creative che sono profondamente legate al mondo della percezione. Proprio come avviene a quell'ostrica che, grazie a un piccolo difetto della conchiglia, permette a un granello di sabbia di penetrare all'interno fino a generare una perla così avviene per chi ha un disturbo nella percezione della realtà dove la perla diventa l'arte. La psicoanalisi junghiana si presta discretamente a uno studio che lega l'inconscio con l'espressione geniale e nevrotica del visionario americano perché la percezione del mito è direttamente influenzata dall'archetipo. Anche se non mi sogno neanche lontanamente di introdurre un discorso analitico sulla complessa e geniale mente del noto poeta posso comunque provare a immaginare un tracciato psicologico ma solo intuitivo della notevole creatività artistica dello scrittore  e affermare senz'ombra di dubbio che spesso le menti più brillanti sono quelle più sensibili e, in un certo senso, anche le più “devastate” a causa di un singolare modo di percepire la realtà che oltrepassa quella comune per indagare meglio su quella “nascosta”. Poe scriveva in Marginalia proprio in merito alla percezione:

That intuitive and seemingly casual perception by which we often attain knowledge, when reason herself falters and abandons the effort, appears to resemble the sudden glancing at a star, by which we see it more clearly than by a direct glaze;or the half-closing the eyes in looking at a plot of grass, the more fully to appreciate the intensity of its green.

Va anche precisato e ricordato che considero inaffidabile gran parte della psicoanalisi freudiana e pertanto rigetto in toto le assurde interpretazioni di Maria Bonaparte (1882-1962). Credo che sia anche sbagliato e deterministico risalire alla psiche dell'autore solo partendo dal contesto critico delle sue opere o analizzando l'espressione onirica esclusivamente come una rivelazione inconscia del represso. Non possiamo mai essere certi delle soluzioni psicoanalitiche a causa della complicata psiche umana, specie se geniale.     

Prima di analizzare le esperienze visionarie va sottolineato che Poe faceva uso di sostanze stupefacenti, tipo il laudano, che sicuramente alteravano la sua predisposizione alla dissociazione mentale a favore di un'amplificata percezione della realtà in grado di liberare proprio quei contenuti simbolici dell'inconscio presenti nell'arte poesca. È ovvio che queste droghe aiutassero solo in parte la liberazione della creatività di Poe, causata senz'altro da molteplici fattori.

Letteratura metasimbolica

Se l'artista, come sostiene la psicoanalisi, mediante l'immaginazione può simulare il sogno fino a diventare un interprete dell' inconscio vuol dire che egli è in grado di rilevare e amplificare l'emisfero onirico della realtà per mezzo dell'osservazione. L'intreccio tra sogno e il reale diventa un mezzo per indagare e svelare gli enigmi della realtà. Se noi viviamo all'interno di un sogno ma senza esserne  consapevoli a causa della nostra limitata percezione allora significa che per mezzo di un' arte surreale possiamo invece superare i nostri limiti percettivi. Nella letteratura poesca, l'universo onirico si trasforma in un linguaggio simbolico diretto a manifestare il delirio metafisico dell'anima in una sintesi “metasimbolica” originata dall'archetipo presente nell'inconscio collettivo. Così il terrore di Poe  diventa proprio una forma d'arte metasimbolica e gotica in grado di dar vita a quella immaginazione mitopoietica che si manifesta inconsciamente nel reale. Se il mito rivela la nostra vera identità nascosta è ovvio che l'immaginazione archetipica che vive e regna dentro di noi non è solo un mezzo per conoscere noi stessi ma è soprattutto una chiave percettiva per comprendere il mondo. In quest'ottica Poe inserisce figure gotiche per evidenziare il conflitto tra il razionale e l'ignoto, vale a dire tra la luce della ragione e il buio abissale della psiche umana. Basta pensare alla torcia che è un simbolo ricorrente in vari racconti e che rappresenta proprio l'illuminazione dell'anima. Nel racconto Il ritratto ovale (The Oval Portrait,1842) la torcia rischiara la presenza occulta di una vampira. Un cuore romantico che batte dentro una mente razionale è tipico della genialità di Poe.

Il sogno e l'arte sono legati complessivamente all'universo del mito e molto di meno a quello del represso ma se la psicoanalisi vede nell'arte un atto di compensazione tra le esigenze dell'inconscio e il mondo cosciente allora possiamo ipotizzare, in linea massima, l'espressione mitopoietica come un atto di sfogo dei desideri umani di voler tornare all'antico o al primitivo di fronte ad una realtà moralmente e razionalmente repressiva. In questo senso, i miti diventano una sorta di forze primordiali in grado d'intervenire inconsciamente all'interno dell'espressione artistica proprio come avveniva con gli dei dell'antica Grecia. Un esempio è proprio il racconto Il diavolo della torre (The Devil in the Belfry) dove un misterioso individuo disorienta, attraverso la manipolazione di un orologio, una società funzionale e meccanicistica. Quell'oscuro e demoniaco distruttore che opera contro un sistema perfetto può benissimo essere visto come il dio Pan alle prese con il disumano mondo tecnicistico.

Lo psicoanalista junghiano James Hillman(1926-2011) interpreta l'immaginazione e il mondo soprattutto dal punto di vista mitologico dove gli archetipi strutturano la nostra attività immaginaria e onirica. È una considerazione limitata ma sicuramente inappropriata quella di delegare all'arte il solo compito di esprimere una dimensione di mezzo tra una realtà oppressiva e una conseguente immaginazione che invece appaga e compensa le nostre intime aspirazioni. L'arte può benissimo essere anche una proiezione metafisica del mitologico nella realtà. Questo è possibile attraverso la creazione di un'espressione metasimbolica in cui il reale viene trasceso per lasciare spazio all'immaginazione onirica dell'antico o dell'ancestrale rappresentato proprio dall'archetipo che è all'origine del mito.