Suehiro Maruo è un decano dell'horror giapponese. Il suo inconfondibile stile "vintage" e le sue raccapriccianti scene di sesso e brutalità sono un marchio distintivo nel panorama dei manga dedicati al genere eroguro di cui egli è considerato uno dei maestri indiscussi.  Maruo,  scoperto in Italia 20 anni fa da Coconino Press con  la sua opera Il Vampiro che Ride, ha pubblicato  da noi anche Notte Putrescente e Tomino la Dannata, sua serie lunga, editi in Italia dalla medesima label. A LCG2019 incontra al Press Café i giornalisti: 

Quali sono le opere che hanno influito sulla sua formazione artistica, sul suo genere e sul suo stile, a parte l'opera letteraria di Edogawa Ranpo di cui egli è cultore accanito? 

Ci sono così tanti autori a cui sono debitore, tra cinema, manga e letteratura che non riuscirò a elencarli tutti.

Rapporti con il fumetto occidentale?

La mia conoscenza dei fumetti occidentali è quasi nulla. Conosco solo Moebius e altri due autori… di cui non ricordo i nomi.

Come è entrato nel mondo del manga? Da piccolo ha mai immaginato di diventare un autore di manga?

Esattamente da bambino. Sin da quell'età ho voluto fare l'artista, il mangaka professionista. Nel resto della mia vita non ho fatto altri mestieri, a differenza di altri miei concittadini.

Le ambientazioni sono quasi tutte nel Giappone del passato, fra prima e seconda guerra mondiale, a parte Il Vampiro che ride, perché un vampiro in epoca odierna?

In realtà mi piaceva realizzare una storia di ambientazione contemporanea, e quando ho potuto l'ho fatto, con l'opera che  mi dite. Oltretutto, la creatura di cui parlo esiste nel folklore giapponese. Infatti si chiama – e io stesso l'ho chiamata – kyuketsuki, Demone succhiasangue – ma in Giappone è comunemente diffuso anche il termine occidentale"Vampire", così è normale che alla fine io abbia scelto il termine più comune per descriverlo. Sul piano dell'ispirazione ho attinto chiaramente molto alle opere di Carl Theodor Dreyer, che mi piace molto.

La musica che la influenza?

Tanta, anche se recentemente ascolto sempre le opere di Jocelyn Pook, l'autore della colonna sonora di Eyes wide shut, mi piace e la sento spesso.

La sua routine?

Sono una persona molto pigra, mi alzo alle otto del mattino, vado a dormire alle ore undici di sera; disegno a volte la mattina a  volte nel pomeriggio o in serata, quando me la sento. 

Film preferiti?

L'esorcista. Il problema è che se trovo qualcosa che mi entusiasma su pellicola, io devo sbrigarmi a creare un manga altrettanto potente. Sono in gara con il cinema, lo considero un rivale che mi induce a scrivere e disegnare storie ancora più terribili e emozionanti. 

E cosa pensa degli adattamenti cinematografici delle opere di Edogawa Ranpo, suo scrittore favorito?

Lui è un grande autore, ma chi ha provato a portarlo su pellicola ha fatto delle fesserie. 

La mostra a Palazzo Ducale dedicata al Maestro a LCG2019 è intitolata "La Luna è un buco nel cielo": quanto conta l'apparenza e la realtà che essa nasconde nelle sue storie?

Non è nulla di particolarmente profondo. Ho pensato solo che un bambino guarderebbe alla luna semplicemente scambiandola per un buco su un cartone nero.

Storie brevi o serie lunghe? Come si comporta Maruo?

Preferisco le storie brevi, le realizzo più facilmente. Quando invece mi impegno in una storia lunga devo sempre combattere col demone dell'impazienza: mi annoio molto facilmente e vorrei sempre cambiare idea. Quindi devo controllarmi e portare a termine quanto prefisso. Purtroppo il mercato giapponese rende più redditizio lavorare su storie lunghe: si guadagna di più; ma la storia breve è più concentrata e interessante per me anche se gli editori vorrebbero sempre storie lunghe, però io sono contrario. Se Tomino la dannata è una mia storia lunga è perché prima di andarmene volevo realizzare almeno una serie del genere. Non penso che potrò più fare storie in futuro così durature.

In che modo il suo orrore descrive i problemi della nostra società?

Domanda molto difficile. Non saprei rispondere pienamente.

Di cosa ha paura adesso Suehiro Maruo?

Del terremoto e dei tifoni. In ottobre è arrivato l'ultimo tifone in Giappone, nell'area di Tokyo: casa mia era proprio sulla hazardous map del mio distretto! Mi sono terribilmente preoccupato.

Le nostre domande.

Lei, Maestro, è uno dei decani dell'horror giapponese: ha mai contatti o momenti di discussione e confronto sul genere con altri fumettisti della scena nazionale nipponica – per esempio maestri come Junji Ito o Hideshi Hino? In che relazione è il suo lavoro con quello dei colleghi? Ha mai pensato di collaborare con loro a un progetto condiviso?

Sono di poche parole. Non ho rapporti di alcun tipo con gli artisti che cita, né conosco le loro opere.

Parlando di tecnica, stile e metodo di lavoro: lei per ispirazione, tematiche e stile narrativo è stato paragonato al francese marchese De Sade. Egli a giudizio della critica era caratterizzato da una pulsione catalogatrice, caratterizzata dalla volontà di descrivere ossessivamente e con minuzia ogni possibile fantasia o variante; allo stesso modo le sue tavole riflettono questa logica: sono dettagliatissime, trattaggiate punto per punto, specialmente negli ambienti e scenari naturali con piante e animali, che sembrano tratti da un manuale di botanica e zoologia: come realizza questi dettagli? Quanto le occorre per realizzare simili vedute?

La mia documentazione di riferimento di solito proviene da volumi o libri che scelgo senza curarmi troppo di chi li ha realizzati, ma semplicemente seleziono le immagini che più mi colpiscono.  Conosco l'opera di Sade e mi piacerebbe un giorno farne un manga. Attingo però a molte litografie occidentali, io come questi maestri disegno anche i peli delle zampe degli insetti. Per una tavola complessa mi servono anche due o tre giornate di lavoro. I miei dettagli sono tutti disegnati con la marupen, un pennino assai flessibile che permette un lavoro di chiaroscuro estremamente sensibile e modulato.

Se da adulto teme i terremoti e i disastri naturali, da bambino cosa lo spaventava?

Vicino alla casa dove abitavo da piccolo si vedeva un cimitero. Quello mi faceva sempre paura. All'epoca c'era una serie televisiva dedicata all'horror. La qualità non era eccelsa, ma io ne ero terrorizzato. Unendo le due cose, una sera, che era sceso il buio e dovevo rientrare in casa, chiesi a una mia coetanea delle elementari di accompagnarmi lungo la strada di casa perché non avevo il coraggio di passare da solo di fronte a quel camposanto!