Benvenuto su Horror Magazine, partiamo dai suoi inizi. Lei è stato aiuto regista e regista della seconda unità in molti film di suo padre. Cosa ha imparato da lui e cosa invece gli ha fatto conoscere lei?

Da mio padre ho imparato praticamente tutto. Fin da piccolo mi spiegava come si girava una scena, descrivendomi le tecniche e le inquadrature più appropriate. Da bambino non frequentavo molto i set, dove avrei potuto dar fastidio e farmi male, invece mi portava al montaggio, dove potevo vedere in pratica le cose che mi spiegava. A volte mi regalavano alcuni doppi e scarti che potevo montare in un moviola non occupata e alla fine mio padre mi diceva se avevo fatto bene oppure avrei dovuto inserire un primo piano per sottolineare una battuta importante. Poi ho iniziato a lavorare con lui, prima sugli effetti speciali, avendo da sempre avuto la passione per il modellismo e una grande abilità nel realizzare costruzioni, sculture, modelli e miniature. Come aiuto regista ho fatto moltissimi film con lui, e ho imparato come fare un piano di lavorazione, e come gestire il set. Quasi da subito mi ha affidato le prime riprese di seconda unità, dandomi via via più spazio nelle sequenze d’azione. Poi per molti anni ho fatto l’organizzatore e il produttore esecutivo con lui e con molti altri registi e produttori.

Cosa invece possa aver dato io al suo cinema? Forse l’approccio con l’uso dei computer, ma sicuramente ho migliorato la qualità dei suoi effetti speciali realizzando per lui, con una mia società, tutte le costruzioni e la qualità dei modelli che, ricercando sempre nuove tecniche e nuovi materiali, alla fine era arrivata a livelli paragonabili a quelli dei film americani che potevano contare su budget e tempi decine di volte superiori ai nostri. 

 

C'è una regola del cinema di Antonio Margheriti che ha continuato a seguire nel corso della sua carriera?

Sì. Il rispetto per il prodotto per cui si sta lavorando, la dedizione e la cura del film in ogni sua parte, dalla scrittura del copione fino alla fine del doppiaggio italiano. Prendere sempre le difese del film, contro tutto e tutti se necessario, questo infatti mi ha portato spesso a trovarmi in disaccordo con tecnici, attori e anche produttori, facendomi anche alcuni nemici, ma alla fine mi veniva sempre data ragione.

Durante l’epoca d’oro del cinema di genere italiano è stato il curatore degli effetti speciali di molti dei film che facevano il verso alle produzioni statunitensi. Quando poi è sbarcato dall’altra parte dell’oceano cosa ha trovato di diverso nel processo di lavorazione, oltre ovviamente al budget?

Curiosamente nei film americani in cui ho lavorato, sia in Italia che all’estero, ho riscontrato un minor amore verso il film che si sta facendo, tutto è più asettico, c’è meno passione e spirito di sacrificio. Solo la grande differenza di costi ci impediva di fare meglio di loro noi avevamo un tecnico che doveva coprire una decina di ruoli, loro dieci tecnici per un ruolo… disgraziatamente questa passione nel fare cinema, lo spirito di sacrificio per il bene del film, il desiderio di fare bene ormai non si vede più nemmeno in Italia, si pensa più ai soldi, agli straordinari, a lavorare poco e con poca attenzione, la tecnologia ha fatto anche adagiare molti tecnici sulla possibilità di rimediare agli errori e si presta sempre meno attenzione su come si lavora. Spesso mi chiedono i giovani assistenti di produzione come facevamo noi a lavorare senza i telefoni cellulari… di solito rispondo che noi lavoravamo praticamente senza niente, eppure facevamo tutto e anche meglio di oggi, perché si ragionava prima e si preparava tutto bene, la gente era più seria e aveva rispetto per il film.

La corte che Tarantino fa al nostro cinema ha davvero aperto la strada a un più ampio riconoscimento di pellicole quasi del tutto dimenticate?

Come sempre succede in Italia, l’interesse dei critici e della maggior parte dei giornalisti del settore sulla rivalutazione dei film, ormai possiamo dire vecchi film, e dei registi che con questo genere hanno portato la bandiera italiana in tutto il mondo è solo dettata dal seguire la corrente e uniformarsi alla moda, se Tarantino dice che un film o un regista lo ha ispirato, i critici gridano al miracolo e dicono che loro hanno sempre amato, anzi adorato quel regista o quei film… In realtà li hanno sempre criticati e bistrattati e quasi sempre non sanno nemmeno di cosa si stia parlando perché non hanno nemmeno visto il film di cui si riempiono la bocca (evvai.. un altro po’ di nemici non guastano). 

I film di genere prodotti in Italia restano comunque pochi e quasi sempre sono male pubblicizzati. Quali difficoltà sono costretti ad affrontare registi e sceneggiatori per riuscire a portare a termine i propri progetti?

Sono anche meno di “pochi”… direi che stiamo praticamente a zero. I film di genere realizzati professionalmente si possono contare sulle dita di una mano. Le difficoltà sono enormi per riuscire a realizzare un film di genere. Convincere i produttori, scriverli (che non è da tutti) e doverli realizzare sempre con minor budget e spesso con attori sbagliati per poter avere due soldi dalla televisione, che è famosa per metter l’uomo (o più spesso la donna) sbagliato nel posto sbagliato.

Un film di genere, o anche più d’uno, degli ultimi anni che l’ha positivamente colpita?

Non posso rispondere a questa domanda per non fare torto a nessuno. Comunque, a parte qualche minchiata autoprodotta senza tecnica, senza storia, senza gusto e senza senso, i film di genere mi piacciono tutti. Sono lo spettatore ideale, mi emoziono quando vedo una bella scena, rido se c’è da ridere, piango se la scena è commovente e mi vengono i brividi se è intensa e ben recitata.

Ho letto che ha intenzione di realizzare il remake del capolavoro gotico di suo padre, Danza Macabra. Perché la scelta è ricaduta proprio su questo film? È consapevole che, se anche la sua rilettura sarà impeccabile, dovrà difendersi dalle feroci artigliate della critica?

Questo come molti altri miei progetti, forse sarà destinato a rimanere per sempre solo sulla carta (peccato perché è una bella sceneggiatura, una rilettura in chiave moderna invece di un gotico ottocentesco di quello che secondo me è uno dei migliori film di mio padre.) Me ne frego di quello che avrebbe potuto dire la critica, sarebbe stato un meraviglioso omaggio alla carriera di un regista da parte del figlio.

Anche il progetto The Book – The Italian Masters Return, che aveva fatto gridare al miracolo molti appassionati di cinema di genere, è purtroppo naufragato. Quali sono le difficoltà che la casa di produzione ha incontrato?

Ah, a saperlo. Un società di produzione canadese, non si è mai visto un passo fatto seriamente, eppure erano riusciti ad ottenere il consenso di 10 o 12 registi di genere della vecchia scuola, la maggior parte con nomi importanti, che si prestavano a realizzare con pochissimi denari un corto ciascuno di una ventina di minuti, facendo così due film lungometraggio uniti da un filo comune. Peccato ci saremmo divertiti tra vecchi amici (vecchi sicuramente ahah).

Quali sono i suoi progetti futuri?

Ho molti progetti per questo e il prossimo anno, per fortuna visto che nei passati due anni non siamo riusciti a mettere in piedi praticamente nulla, tutti progetti cancellati o slittati. Speriamo che questo sia l’inizio di un’annata migliore. Tornando ai film, dovrei realizzare un nuovo film sull’eroe Salgariano per eccellenza, Sandokan, un film e due puntate televisive. Lo realizzeremo tutto in India e siamo gia in preparazione, le riprese sono previste per l’autunno. Poi ho altri film, sempre di genere, due action/horror e un film di pura azione sulle arti marziali, un nostro omaggio al genere come fece Tarantino con Kill Bill. Sto anche scrivendo due serie per la televisione, sempre più vicine al cinema di genere che alla fiction.

La ringrazio. Vuole aggiungere qualcosa?

Dato che non ci sono altre domande vi ringrazio per la simpatica intervista e approfitto per salutare tutti i vostri lettori amanti del cinema di genere.