Nel 1959 Terence Fisher gira la trasposizione cinematografica di Il mastino dei Baskerville, il più terrificante tra i racconti che hanno come protagonista l’immortale Sherlock Holmes.

Trama: Sherlock Holmes e il dottor Watson vengono chiamati da Sir Henry Baskerville a indagare sulla misteriosa morte di suo zio Charles. Il giovane rampollo non è propenso a credere che la colpa sia imputabile alla terribile maledizione che da anni grava sulla famiglia dei Baskerville.

Perché vederlo: Primo film a colori con protagonista il celebre detective inglese, prodotto dalla Hammer per la United Artist. La furia dei Baskerville, nonostante si discosti in alcuni punti dal romanzo originale, può essere considerata una delle migliori versioni cinematografiche del romanzo di Sir Arthur Conan Doyle.

La regia viene affidata a un cavallo di razza quale è Terence Fisher le cui qualità di regista si fondono all’impeccabile sceneggiatura di Peter Bryan: nasce così un’opera eccezionale che dosa perfettamente il giallo  e il gotico.

Memorabile il flashback iniziale che racconta l’origine della maledizione dei Baskerville e trasporta subito lo spettatore in un’atmosfera cupa, ricca di elementi gotici. È perfettamente reso il tetro paesaggio della campagna inglese, con i suoi castelli, le insidiose sabbie mobili e la buia miniera, esaltati dalla vibrante fotografia di Jack Asher.

Tutto è costruito in modo da ricreare un clima fantastico di grande impatto, un ambiente schiacciato dal greve velo del sovrannaturale. Muovendosi nell’immaginifico, il ritmo si fa sempre più incalzante, i colpi di scena si rincorrono fino ad arrivare all’atto finale.

Peter Cushing è inarrivabile nel ruolo del detective più famoso al mondo: imperturbabile, razionale e misurato è così convincente che, nonostante le evidenti differenze con le descrizioni che Doyle dà di Sherlock Holmes, gli sarà chiesto di affrontare lo stesso ruolo nella serie televisiva prodotta dalla BBC. Un così valente Sherlock Holmes non può non accompagnarsi a un altrettanto solido Watson, qui interpretato da Andrè Morell. Maestoso come sempre Christopher Lee impegnato nel ruolo, per lui inusuale, del pacato e assennato Henry Baskerville.

Fisher rilegge il romanzo di Doyle come l’eterna lotta tra bene e male, perché il buono non soccomba al cattivo è necessario il risoluto intervento di una intelligenza superiore. Il regista si premura di alleggerire il clima inserendo nel racconto una punta di ironia, caratteristica di quasi tutti i lavori della Hammer.

La pellicola non è però esente da qualche difetto: se lo stridente il contrasto tra le scene girate in esterna e quelle realizzate in studio è perdonabile, meno giustificabile è il disvelamento del mastino, frettoloso e poco credibile.

La furia dei Baskerville rimane comunque un gioiello della cinematografia britannica che non risente affatto dello scorrere del tempo, resta anzi un’opera di straordinario fascino e una tra le migliori trasposizioni dell’opera di Doyle.

Curiosità: Il film ebbe scarso successo al momento della sua uscita, il flop al botteghino spinse la Hammer a non continuare con le rappresentazioni dei romanzi di Conan Doyle.