Premessa

I lettori di H.P. Lovecraft potrebbero stupirsi dell'accostamento tra l'autore di Providence (1) e le speculazioni filosofiche, a meno che non abbiano sentito parlare di un libro, scritto da Graham Harman, che è intitolato appunto Weird Realism: Lovecraft and Philosophy (2). Harman appartiene alla corrente del Realismo speculativo e ha teorizzato un'Ontologia Orientata agli Oggetti (OOO). Il Realismo speculativo sostiene l'esistenza di una realtà esterna alla mente, che secondo Immanuel Kant noi non possiamo conoscere perché il nostro apparato psichico e percettivo è adeguato a cogliere le cose non come sono in se stesse (noumeno) ma solo come si presentano a livello fenomenico.

Da qui è sorta una scuola kantiana (il correlazionismo) che indaga il mondo nella sua relazione con la nostra mente, dato che della realtà esterna alla mente non possiamo dire nulla, nemmeno se esiste o no. Dal canto suo Harman afferma che la realtà esiste in modo indipendente da noi, che è formata da una miriade di oggetti (materiali e non) e che la possiamo anche conoscere, ma solo in maniera indiretta e limitata, tramite le manifestazioni che emergono dalle interazioni tra un oggetto e l'altro, le quali però non possono mai esaurire le potenzialità che un oggetto può esprimere, per cui nessun elenco di qualità può descrivere in modo completo e definitivo un oggetto.

Un realismo weird

Il realismo di Harman ha una connotazione weird, per il fatto che da una parte egli è convinto che la realtà esiste per conto suo e noi umani ci abbiamo a che fare in quanto anche noi siamo oggetti fra altri oggetti, ma al tempo stesso stesso crede che ciascun oggetto (noi compresi) è separato da se stesso e non coincide con le proprie qualità, per cui le relazioni tra oggetti (anche quelle causali) avvengono solo in modo indiretto e la nostra conoscenza del mondo è inevitabilmente parziale.

Cosa c'è di weird in questo? C'è il fatto che nel paradigma del modernismo esiste una divisione del lavoro tra filosofia e scienza, in base alla quale la filosofia si occupa del rapporto tra la mente e i fenomeni, mentre la scienza esplora il mondo esterno, ignorando il dubbio gnoseologico di Kant, con la pretesa di poter penetrare nei misteri della natura.

Graham invece suppone che la filosofia possa andare oltre la stretta correlazione tra mente e realtà, laddove la scienza deve fare i conti con una quota ineliminabile di inaccessibilità del reale. È questa quota di inaccessibilità a rendere weird il realismo di Graham: possiamo scorgere il noumeno kantiano, ma solo con la coda dell'occhio.

Ed ecco il punto di giunzione, lo strano connubio tra Graham e Lovecraft. Per Graham anche le cose più familiari possono risultare perturbanti, se ne cogliamo l'allure, il fascino oscuro del loro ritrarsi (withdrawal), la loro inafferrabilità. Lovecraft, da parte sua, è riuscito a immaginare oggetti ed esseri che risultano tanto più spaventosi proprio in quanto il loro aspetto eccede e oltrepassa qualsiasi tentativo di descrizione.

Lovecraft, dice Graham, ha visto la sproporzione tra l'estraneità del cosmo (e di ciò che lo popola) e la nostra capacità, senza dubbio inadeguata, di comprenderlo. Ciò rende Lovecraft, in qualità di interprete del weird realism, un antesignano della concezione filosofica di Graham, tanto più che, secondo quest'ultimo, l'estetica (che si occupa delle varie forme dell'arte, compresa la narrativa) è da considerarsi come la filosofia prima.

Graham distingue due approcci alla realtà: quello riduzionista (condiviso dalle due opposte tesi del materialismo e dell'idealismo) e quello produttivista (utilizzato da Lovecraft e dallo stesso Graham). Il primo è un tentativo di ridurre l'intero cosmo a pochi elementi: ad esempio gli atomi, le particelle subatomiche, e più genericamente la materia, oppure il pensiero o la mente (umana o divina). Il secondo, invece, vede che la realtà è piena di vuoti, di buchi, di lacune che separano un oggetto dall'altro (e un oggetto da se stesso) perciò moltiplica le entità: non solo gli oggetti materiali di qualunque tipo (più i loro componenti e, in caso di rottura, i loro frammenti) ma anche le entità immateriali o immaginarie. Così la mente non produce affatto la realtà: è essa stessa un oggetto fra tanti (come lo sono pensieri, concetti e idee) e nemmeno più importante degli altri.

Descrivere l'indescrivibile

Brian Kim Stefans fa notare che, in base all'analisi di Graham, le presunte carenze descrittive di Lovecraft diventano una virtù. Nella sua personale visione della realtà le leggi scientifiche, la geometria euclidea, la suddivisione tra umani, animali, vegetali e oggetti inanimati… tutto sembra essere contingente, piuttosto che derivare da inviolabili principi della natura. Di fatto, per lo scrittore di Providence non è il linguaggio a risultare inadeguato, è l'universo che non corrisponde a quel che pensiamo (3). Perciò, come sottolinea Sebastian Normandin, sfugge al nostro tentativo di rappresentarlo (4).

Molto divertente è il modo in cui Graham ritorce contro il critico Edmund Wilson il suo modo di stroncare scrittori popolari come Arthur Conan Doyle, Dashiell Hammett, Rex Stout, Agatha Christie, J.R. Tolkien e lo stesso Lovecraft. Una delle tecniche consiste nel riassumere il contenuto di un racconto, per poi discuterlo in termini negativi, anziché analizzare il testo così com'è. Perciò Graham prova a riscrivere in peggio alcuni brani di Lovecraft, in base all'argomentazione che, se un testo può essere peggiorato, vuol dire che l'originale era migliore (5).

In effetti, Graham ritrova nella prosa di Lovecraft due diversi stili descrittivi. Il primo, definito verticale o allusivo, consiste nel descrivere qualcosa sovrapponendo una serie di immagini diverse e incompatibili (come ad esempio un polpo, un drago e la caricatura di un essere umano) per poi dire che a risultare davvero spaventoso è l'effetto complessivo dell'insieme. Qui l'apparente imprecisione rappresenta in realtà l'unica via possibile di dare un'idea dell'aspetto indescrivibilmente mostruoso della creatura cui il personaggio si trova davanti.

L'altro metodo, definito orizzontale o cubista, parte dalla premessa che una descrizione adeguata è impossibile, per poi fornire in realtà una serie di dettagli estremamente precisi, ma talmente in sovrannumero da risultare eccessivi. Così il sovraccarico di informazioni, piuttosto che agevolare la visualizzazione della creatura, impedisce alla capacità immaginativa di costruire un modello che abbia un senso, nello stesso modo in cui un quadro cubista offre troppi punti di vista tutti insieme.

Affine a entrambi i metodi è il ricorso a paragoni mutualmente contraddittori e impossibili, come quello relativo a un angolo acuto che “si comportava come se fosse ottuso” (6). A proposito del metodo cubista, Steven Craig Hickman ci invita a guardare il dipinto di Georges Braque Violino e candeliere, del 1910 (7). Un empiricista come David Hume ci vedrebbe la rappresentazione della sua tesi che un oggetto non è altro che un aggregato di qualità, mentre Harman vi scorgerebbe la prova del fatto che il vero violino (per non parlare del candeliere) è altrove, dato che non è riducibile alle sue qualità, e dunque nemmeno alla sua rappresentazione.

Conclusione

Il famoso racconto di Lovecraft Il richiamo di Cthulhu, ispirato alla poesia Il Kraken di Alfred Tennyson e in prima battuta rifiutato dall'editor di “Weid Tales” Farnsworth Wright, inizia con questa frase:

La cosa più misericordiosa al mondo penso sia l'incapacità della mente umana di collegare tutti i suoi contenuti

(The most merciful thing in the world, I think, is the inability of the human mind to correlate all of its contents).

La riflessione è del protagonista, Francis Wayland Thurston, ma ci si può chiedere se Lovecraft la condividesse. Più in generale, c'è da stabilire se l'utilizzo da parte di Ghraham dello scrittore di Providence sia basato sulla falsa attribuzione a Lovecraft di idee che in realtà non sono sue ma dei suoi personaggi, per non parlare del fatto che il nostro non credeva di certo nell'esistenza degli esseri mostruosi che popolavano la propria mitologia.

Il dubbio può essere fugato da un paio di considerazioni. La prima è che Lovecraft era comunque convinto della piccolezza umana, rispetto alla vastità infinita e incommensurabile dell'universo. La frase citata, se anche non si riferisce alla consapevolezza della presenza, nelle profondità del cosmo, di entità incomprensibili e terrificanti, allude comunque all'inettitudine intellettiva che spinge gli umani verso la superstizione, piuttosto che verso la conoscenza (comunque inadeguata) della realtà, e impedisce loro di rendersi conto di quanto sia trascurabile la nostra specie nello schema generale (peraltro caotico) delle cose.

La seconda considerazione è che Graham non analizza le idee di Lovecraft ma il suo stile narrativo, che fornisce al lettore il tipo di sensazione che lo stesso Graham ritiene essere la più adatta a far cogliere l'essenza degli oggetti di cui il mondo è composto, secondo la sua filosofia. Il weird realism, che Lovecraft teorizzava come fiction letteraria, è simile (se non proprio identico) a quello contenuto nella visione del mondo elaborata da Graham.

Note

(1) Leslie Klinger, esperto di Sherlock Holmes e Dracula, ha curato nel 2014 una raccolta di ventidue dei suoi racconti (Liveright, New York, con introduzione di Alan Moore) uscita da noi col titolo H.P. Lovecraft. Edizione annotata, a cura di Massimo Scorsone, Mondadori, Milano, Oscar Draghi, 2022.

(2) Graham Harman, Weird Realism: Lovecraft and Philosophy. Zero Books. Winchester, UK, Washington, USA, 2012.

(3) Brian Kim Stefans, Let’s Get Weird: On Graham Harman’s H.P. Lovecraft, in “LARB” (Los Angeles Review of Books), April 6, 2013.

(4) Sebastian Normandin, Review: “Weird Realism: Lovecraft and Philosophy” by Graham Harman, in “The Lovecraft Ezine”, December 12, 2013.

(5) Io stesso ho utilizzato questo metodo in un articolo intitolato Imparare dagli errori (“Writers Magazine Italia” n. 45, Delos, Milano, 2016) nel quale confrontavo un paragrafo tratto da Noir di K.W. Jeter (Fanucci, Roma, 2000) con due parafrasi create da me, una pessima e l'altra di livello medio, il che consentiva di apprezzare meglio la qualità del brano originale (nella versione italiana di Anna Martini).

(6) La frase (che in originale suona “behaved as if it were obtuse”) è in H.P. Lovecraft, The Call of Cthulhu, “Weird Tales”, February, 1928.

(7) Steven Craig Hickman, Graham Harman: Weird Realism and Lovecraft, in “Dark Chemistry”, September 15, 2012.