Film horror fantascientifico del 1964 diretto da Ubaldo Ragona. Tratta dal romanzo di Richard Matheson Io sono leggenda, è questa la pellicola che più rimane fedele al testo dal quale prenderanno vita anche il discutibile 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra e La Notte dei morti viventi di Romero.

Trama: La vita sulla Terra è sconvolta da una misteriosa epidemia. In molti sono morti, altri ancora sono stati trasformati in vampiri. Il Dr. Robert Morgan, immune al morbo, è l’unico superstite del pianeta non infetto. Costretto a muoversi soltanto di giorno e a compiere gesti ripetitivi e ormai privi di significato, Morgan è alla continua ricerca di altri sopravvissuti sani. 

Perché vederlo: La realizzazione del film fu inizialmente affidata alla casa inglese Hammer che non pienamente convinta della sceneggiatura preferì cedere la produzione alla AIP di Roger Corman. Si decise quindi di ambientare la vicenda a Roma e di assegnare la regia a Ubaldo Ragona. Le traversie del dottor Morgan trovano teatro nel moderno quartiere EUR di Roma, reso ancor più vasto dall’innaturale vuotezza. L’ambientazione scelta concorre a render più asfissiante il senso di devastazione e di solitudine, ormai uniche compagne di vita dell’ultimo uomo della Terra. La città eterna è spettrale, spaventosa e innaturale con le sue strade deserte e i corpi abbandonati ai capricci della natura. Più scioccante di giorno in tutta la sua sterminata miseria che non di notte, pur se saturata dall’astio dei vampiri. Protagonista di quest’orribile incubo è Vincent Price, costretto a ripersi in gesti utili alla sua salvezza e sempre retti dall’instancabile speranza di trovare qualcuno con cui dividere il peso di una così colpevole esistenza. E Price si trascina appendendo collane d’aglio e impalando infetti in un bianco e nero sgranato, in una scenografia misera così come il budget destinato alla realizzazione del film. Chiunque altro privo del suo forte carisma sarebbe stato incapace di catalizzare su di sé tutto l’interesse, la pellicola quindi sarebbe facilmente potuta risultare noiosa e persino priva di significato. Vincent Price è invece più che convincente, in grado di sostenere senza alcun supporto l’intero film, lacerato dall’isolamento forzato e dagli inesorabili rimorsi del passato. Il dottor Morgan continua ad agire spinto dalla speranza pur sapendo di non averne più nessuna. Ogni suo gesto è carico di solennità ma inesorabilmente vano. Come già accennato, gli zombie di Romero devono molto alla rappresentazione dei vampiri instupiditi e impacciati che circondano la casa dell’irriducibile Vincent Price. A dispetto della scarsa esperienza come regista, Ubaldo Ragona riesce a catturare con precisione l’immagine dell’angoscioso sogno che in un drammatico crescendo di tensione cattura, senza che sia poi possibile scuotersi. L’ultimo uomo della Terra è un prezioso contributo al cinema di fantascienza, contributo che troppo spesso l’Italia dimentica di aver dato. Senza dubbio un film da riscoprire.

Curiosità: La versione italiana del film accredita alla regia il catanese Ubaldo Ragona, mentre quella americana è firmata da Sidney Salkow. Pare che Vincent Price, deluso dal risultato finale, avesse chiesto al regista statunitense di rimediare ai difetti rigirando alcune scene. Diventa così difficile attribuire all’uno o all’altro l’esclusiva paternità dell’opera. Anche Matheson, non del tutto soddisfatto dalla sceneggiatura, decise di nascondersi dietro lo pseudonimo di Logan Swanson, nome formato dai cognomi di sua madre e sua suocera.