Ci risiamo, purtroppo: come sempre accade, è accaduto e accadrà, l’estate horror rappresenta per i distributori italiani una potenziale miniera d’oro, o meglio trappola acchiappa-gonzi, e per gli amanti del genere l’ennesima sensazione di essere presi in giro, di trovarsi di fronte a una sorta di zuccherino intriso di sedativo somministrato in attesa delle ghiotte, o quantomeno interessanti, proposte della stagione invernale.

Non ci si spiega altrimenti l’uscita di Willard, un film già vecchio – è del 2003, anche se nessun manifesto lo sottolinea, ovviamente – e basato su un pessimo film del 1971 che meritava l’oblio e non un fragoroso remake. Spesso il rifacimento non migliora l’originale e questo è un rarissimo caso in cui si riesce evidentemente a peggiorare l’impeggiorabile: l’evoluzione psicologica del protagonista (non comunque per colpa del volenteroso Crispin Glover), già latitante a dir poco nella versione originale, diventa qui totalmente inesplicabile, più credibile nei topi, comunque, che non negli umani, perché Willard si trasformi da amico dei ratti in loro implacabile persecutore e sterminatore resta un totale mistero.

Una buona fotografia, ottimi effetti speciali e molta auto citazione non riescono a salvare il film dal naufragio (è uno spoiler? certo che lo è!) e riascoltare addirittura, in una scena, la canzone di Michael Jackson, Ben, che risulta ancora l’unica cosa appena tollerabile dell’orrido sequel di Willard, fa temere una prosecuzione della saga topesca di cui possiamo volentieri fare a meno.

A completare il tutto, un insopportabile Lee Ermey evidentemente marchiato a vita dal suo personaggio sopra le righe in Full Metal Jacket (dove almeno il suo urlare era giustificato) e l’inutile cameo dell’antico protagonista Bruce Davidson nel ruolo del padre di Willard.

Le pochissime cose sopportabili nell’originale, il sempre apprezzabile Ernest Borgnine e la grandissima caratterista Elsa Lanchester (moglie del mostro sacro Charles Laughton nella vita e soprattutto prima e indimenticabile moglie del mostro di Frankenstein) non ci sono, e si vede.

Assolutamente indigesto, inutile, insopportabile anche per un die hard fan.