Primo capitolo della trilogia de La Mosca – basata sullo straordinario racconto di George Langelaan – del 1958 diretto da Kurt Neumann e con protagonista Vincent Price nei panni di François Delambre. Nel 1986 David Cronenberg ne fece un remake dal titolo La mosca.

Trama: Il guardiano degli stabilimenti della Delambre Freres Electronics fissa attonito il corpo di un uomo schiacciato sotto una pressa idraulica, contemporaneamente Helene Delambre – moglie dello scienziato Andrè –  scappa via inorridita. Poco dopo la donna telefona al cognato confessando di aver ucciso il marito. Il brutale omicidio, apparentemente senza movente, è il risultato ultimo di un terrificante esperimento condotto da Andrè.

Perché vederlo: Inspiegabilmente tradotto in italiano con il titolo L'esperimento del dottor K., questo film è uno tra i primi a permette il fortunato incontro tra fantascienza e horror, avvolgendo l’elemento scientifico in una soffocante ambientazione gotica che sembra estratta direttamente dalle pagine di Edgar Allan Poe.

Ma l’opera di Neumann non è solo questo: l’incipit è proprio del cinema giallo, la ricostruzione del delitto viene mostrata seguendo tutti gli stilemi del noir e non manca qualche accenno al melodramma. E come in ogni buon giallo solo un’analisi non superficiale può portare alle verità che si presenta innaturale e sconcertante.

Andrè Delambre lavora alla trasmissione dei corpi attraverso la loro disintegrazione e successiva materializzazione, e questa tragica smania di conoscenza lo porta a rimanere vittima della sua stessa ambizione. Se anche la caratterizzazione di Delambre rimanda ad altri e più noti "scienziati pazzi" ossessionati dalla volontà di provare l’esattezza della loro bistrattata teoria, poco altro ha in comune con loro. Andrè non è separato dalla società in cui vive, non si ritrova da solo ad affrontare il dolore per i fallimenti, gode anzi del costante sostegno della moglie e soprattutto non ha l’ardire, con le sue ricerche, di sfidare apertamente quel Dio nel quale crede. Ritorna quindi, anche se analizzato da una prospettiva diversa, il tema mai risolto della scienza che ha il dovere di porsi limiti ben definiti perché non si intraprenda una strada contraria a quelle leggi che la natura ha per difendere se stessa, andando contro le quali può esserci un’unica soluzione possibile: ciò che il creato non contempla deve necessariamente essere eliminato.

Come la scienza e la religione decodificate dall’uomo portano con sé il necessario errore, così la giustizia messa in atto dagli uomini non è esente da malintesi. Quindi il mostruoso, l’orrore e la paura sono tali perché governati dagli esseri umani e non qualcosa di esterno come spesso ci piace pensare.

L’esperimento del dottor K. riesce a spaventare ancora oggi, se non per i magnifici effetti speciali di L.B. Abott che risentono tuttavia dello scorrere del tempo, per la bravura di Neumann nel presentare un continuo e stridente contrasto tra la precedente serena quotidianità vissuta da Delambre e l’insopprimibile ricerca che lo porta al tragico incidente facendolo piombare in una spirale di disperazione. Il ruolo del regista è facilitato dall’ottima sceneggiatura di James Clavell e da un cast (Vincent Price, David Hedison e Patricia Owens) in stato di grazia. Il finale da brivido arriva poi a ribadire l’impeccabilità della pellicola. 

Curiosità: Langelaan, autore del racconto La Mosca,  in The Mask of War racconta di aver lavorato come agente segreto per l’esercito britannico durante gli anni della seconda guerra mondiale e che prima di essere mandato in missione in Francia, si era sottoposto a una plastica facciale che lo aveva reso irriconoscibile. Lo scrittore era inoltre amico dell’occultista Aleister Crowley