Sarà distribuito il 27 ottobre, a ridosso della notte di Halloween, Ouija – L'origine del male, l’atteso prequel dell’horror di grande successo del 2014.

Per l'occasione, Horror Magazine vi propone in esclusiva una raccolta di quattro creepypasta ispirati al film Ouija e alla mitica tavoletta spiritica.

La seduta spiritica

Ero adolescente quando Debbie, la mia migliore amica, morì e io non ero riuscita a dirle addio. Il giorno che, nella sua stanza, trovai una tavola ouija, decisi di invitare i nostri amici a fare una seduta spiritica. Posizionammo le mani sulla planchette ed essa formulò “CIAO AMICA”. Chiesi con chi stessimo parlando. Indicò la lettera “D”. Finalmente potevamo dire addio.

Dopo la seduta, nessuno di noi riusciva a prendere sonno. Decidemmo di utilizzare nuovamente la tavola ouija. Questa volta, chiedemmo all’entità di manifestarsi; la sedia al capo del tavolo si spostò lentamente. Allora il fidanzato di Debbie, le chiese se si ricordasse del loro appuntamento al promontorio. Lei rispose di sì. Lui non l’aveva mai portata al promontorio.

Sapevamo che non era Debbie. Stavamo parlando con qualcun altro. Chiedemmo di nuovo chi fosse.

Apparve “DZ”. Quelle non erano le iniziali di Debbie.

Togliemmo subito le mani dalla planchette.

Si mosse da sola. Formulò “SCAPPATE”.

La sensitiva

Quand’ero piccolo, mio fratello morì. Mia madre non riuscì mai a superare la perdita. Voleva parlargli ancora una volta, così decidemmo di fare visita a una sensitiva. Ella possedeva una tavola ouija con un indicatore di legno. Ci disse di posizionare le mani sulla freccia. “Se c’è uno spirito qui,” disse la sensitiva, “che si manifesti.” La freccia si mosse verso la parola Ciao. Io e mia madre togliemmo subito le mani in preda allo shock. La sensitiva sorrise, ed anche lei spostò via le sue mani.

“È mio figlio?” Chiese mia madre. Le luci cominciarono a tremolare. L’indicatore si mosse da solo. Toccò la parola no. “Chi è là,” chiese la sensitiva, “dove ti trovi?” Le luci tremolarono di nuovo, ma questa volta la freccia non si mosse. Allora le assi del pavimento iniziarono a scricchiolare, come un rumore di passi. Si avvicinavano. La sedia si spostò all’indietro. Qualcuno si stava sedendo. Ma c’era solo un’ombra.

La sensitiva gridò e scagliò il tavolo dall’altra parte della stanza, rivelando ai suoi piedi un sistema di pedali e leve. Mia madre se ne rese conto e scattò in piedi. “Ciarlatana,” urlò, “bugiarda!”

Ma mentre mi trascinava via, sentii la sensitiva scoppiare in lacrime. “Non sono stata io,” singhiozzò, “non sono stata io.”

L’ombra

Un giorno i miei genitori si dimenticarono di venirmi a prendere da scuola. Pioveva e stava diventando buio, così mi intrufolai dalla porta di servizio. Mentre girovagavo per il vecchio edificio, udii un suono simile a qualcuno che sussurra. Inizialmente era distante, ma pian piano si faceva più intenso, finché non lo percepii proprio dietro di me. Mi voltai di colpo, convinto che qualcuno fosse lì. Non c’era nessuno, vedevo solo un’ombra. Pensai che si fosse trattato della mia immaginazione. Ma poi si mosse.

Seguii l’ombra nell’aula, dove una bambina era rivolta contro la parete. Feci un passo verso di lei, ma proprio in quel momento, la sua testa si rovesciò all'indietro, come se il collo le si fosse spezzato. Gli occhi le si rivoltarono nelle orbite e cominciò a tremare con violenza. Smise di tremare ed aprì la bocca, quasi fosse pronta ad urlare. Non emise un fiato, ma una mano emerse dalla sua bocca, come se qualcosa stesse cercando di arrampicarsi fuori dal suo corpo.

Paulina

Un tempo facevo volontariato presso un istituto psichiatrico. C’era una paziente, Paulina, che mi raccontava delle storie su sua sorella. Diceva che ella possedeva un grande potere, era in grado di comunicare con altri mondi. Ma il suo potere spaventava la loro madre, così le cucì la bocca. Tuttavia, questo non bastò a fermare sua sorella, non fece altro che peggiorare la situazione. Allora la madre la mise in catene e la trascinò nel seminterrato. La coprì con un sudario e posò dei cristalli su suoi occhi. Poi la rivestì di cemento.

Di notte, Paulina riusciva ancora a sentire sua sorella sussurrare. Ancora adesso. Mi disse che un giorno sua sorella sarebbe stata liberata. Un giorno, qualcuno l’avrebbe aiutata ed insieme sarebbero state libere.

Durante il mio ultimo giorno all’istituto, una ragazzina portò Paulina a casa con sé. Mentre andavano via, Paulina si girò verso di me e sorrise. Non la rividi mai più.