Herk Harvey, regista di filmati didattici, nel 1962 decide di dirigere e produrre il suo primo e unico film ispirato al racconto An Occurrence at Owl Creek Bridge di Ambrose Bierce. Realizzata con il risibile budget di 30mila dollari, la pellicola trova distribuzione del circuito dei drive-in e per molto tempo non riesce a varcare i confini statunitensi.

Trama: Una giovane donna è l’unica sopravvissuta di un terribile incidente d’auto nel quale perdono la vita due sue amiche. Rimessasi, Mary inizia a soffrire di allucinazioni visive e uditive: è convinta di essere seguita da un uomo che nessun’altro riesce a vedere.

Perché vederlo: Carnival of Souls è un film lento, tecnicamente quasi dilettantistico, con una sceneggiatura poco solida e ancor meno lineare. Eppure, nonostante i molti difetti, quella di Harvey è una pellicola capace di esercitare un fascino magnetico anche a distanza di anni. Non occorre che la storia abbia un senso perché il racconto si basa sul compromesso stato psicologico di Mary che involontariamente si ritrova catapultata in un’atmosfera orrifica e angosciante.

È proprio l’analisi psicologica, e quindi l’attenta caratterizzazione, che rende questo film qualcosa di più che non una semplice storia di fantasmi. La provincia americana rurale e puritana è l’incubatrice perfetta delle ossessioni che tormentano Mary: ci si muove in un mondo sconosciuto, a metà tra il reale e l’insondabile regno della morte. Mary vive all’interno di un sogno assurdo, straniante, senza che le sia possibile aggrapparsi a un qualche punto di riferimento.

A contribuire alla costruzione di un mondo onirico arriva lo spettrale bianco e nero di Maurice Prather, che altera la realtà fisica. Harvey accompagna la fotografia a uno straordinario uso del sonoro. Agghiacciante è la musica per organo composta da Gene Moore: prima carnevalesca e subito dopo funerea a sottolineare il distacco tra la vita di Mary vissuta nel reale e quella che le urla da dentro. Ugualmente importante è l’uso del silenzio, molte sono infatti le scene prive di suono, avvolte in una quiete irreale che trascina la protagonista in un angoscia senza via d’uscita.

La perfetta costruzione della dimensione livida e fantastica ha ispirato molti altri registi, tra i tanti anche George Romero e David Lynch. Gli zombie de La notte dei morti viventi devono molto ai terribili ghoul di Carnival of Souls, mentre in Eraserhead ritroviamo la stessa atmosfera ultraterrena.

A causa dello scarso budget tutti gli attori sono semisconosciuti, tranne la protagonista Candace Hilligoss, quotata attrice teatrale prestata a cinema e televisione. Del suo personaggio, invece, sappiamo ben poco. Mary è una donna indipendente, fiera di non avere bisogno di una figura maschile al suo fianco. La sua autonomia non è però sufficiente a giustificare l’ostinato isolamento e la difficoltà a cogliere i diversi aspetti della realtà che la trascinano lentamente verso una solitudine sempre più profonda. Il progressivo allontanamento di Mary dalla concretezza, quasi non appartenesse a questo mondo, trova spiegazione nel colpo di scena finale. Questa soluzione narrativa, ripresa più recentemente in altri film, permette la comprensione di tutta una serie di indizi che il regista semina all’interno del racconto.

Carnival of Souls è un film foneticamente e visivamente poetico, magnifico anche se tecnicamente imperfetto.

Curiosità: Per risparmiare sul budget, è Herk Harvey stesso a impersonare lo spettro che ossessiona la protagonista.