Trascrizione parziale del diario del bivacco Anghileri-Rusconi (2.000 m.s.l.m., Valmalenco). Le ultime due pagine, scritte in una calligrafia confusa e tremolante, sono state attribuite a Luigi Borea, trovato morto con un amico, il signor Daniele Bonpat, all’interno del bivacco stesso. Un terzo partecipante all’escursione, Matteo Poratti, risulta scomparso in una data compresa tra il 7 e il 10 settembre 2013.

Le cause dei decessi sono tutt’ora da chiarire, così come il testo che segue.

Sono le tre di mattina. Fa freddo, troppo.

Il bivacco puzza di piscio e sangue.

Il piscio è mio. Il sangue di Daniele. Gli ho piantato il suo coltellino tascabile in gola un'ora fa, poco sotto il pomo d'Adamo. Non volevo. Perdonatemi, non volevo. Mi ha attaccato. Non era più lui. Voleva uccidermi.

Io non voglio morire.

Dopo l’aggressione ha continuato a sghignazzare per un paio di minuti, accasciato sotto il tavolo con la lama nel collo, gli occhi strabici e ciechi, nebulizzando sangue dalla trachea. "Siamo fottuti" ha gracchiato, prima di vomitare un fiotto scarlatto sul pavimento, prima di irrigidirsi.

Matteo è scomparso poco dopo la mezzanotte, trascinato via da qualcosa nell'oscurità. È stato allora che mi sono pisciato addosso.

Ora Matteo è tornato.

È qua fuori. Si aggira intorno alla sagoma metallica del bivacco. Ogni tanto scorgo la sua faccia bianca che mi fissa dall'unica finestra. Il suo viso cambia. Sorride, un ghigno sgraziato. E gli occhi, completamente neri, come quelli di un cervo…

Aspetta che io esca, o che lo inviti a entrare.

Dice cose.

Mi chiama.

Parla con la voce della Montagna.

Ma non posso più sentirlo.

Siamo partiti intorno a mezzogiorno di ieri dalla diga di Camp Gera, un mostro di cemento situato a 2.000 metri di quota. Io, Daniele e Matteo. Un’amicizia nata su un forum di appassionati di escursioni, circa due anni fa. Ma i nostri interessi comuni si spingevano al di là delle camminate. Letteratura, cinema, buon cibo erano solo alcune della passioni che ci legavano.

Daniele, della zona, il più esperto dei tre, aveva organizzato la gita: una marcia di quasi cinque ore che ci avrebbe condotto al bivacco Anghileri-Rusconi, nostro rifugio per la notte, e poi da lì l’ascensione a Cima Fontana la mattina seguente.

La nostra terza avventura insieme. Ma questa volta era diverso. L’anno appena trascorso ci aveva sommerso di sventure e stavamo ancora annaspando per non annegare.

Matteo, recandosi al lavoro, aveva investito una vecchia. Gli si era buttata sotto l’auto con la bici e non aveva potuto fare nulla per evitarla. La donna era morta sul colpo. In malo modo.

Daniele aveva subito un delicato intervento ai tendini del ginocchio dopo una rovinosa caduta durante un trekking in Valtellina. La nostra escursione era per lui una sorta di test.

Io, be’… Avevo divorziato, un matrimonio naufragato per l’impossibilità di avere figli. Mia moglie, Marta, non l’aveva presa bene. Si era buttata sull’alcool.

Volevamo lasciarci un po’ di merda alle spalle, tutto qui. Almeno per un paio di giorni.

Il cielo era terso, ieri mattina.

- Allora, siete pronti? - ha domandato Daniele con la sua aria flemmatica, stringendo gli occhi per il riverbero del sole sulle acque del lago artificiale.

Io e Matteo ci siamo guardati sorridendo e ci siamo incamminati lungo il sentiero che costeggia la diga, infilando gli zaini.

Nonostante le poche uscite dell’anno, eravamo in forma. Tenevamo un buon passo. Il ginocchio di Daniele reggeva. La prima parte del percorso, piuttosto ripida ma agevole, raggiungeva un pianoro situato a 2.300 metri. Lì ci siamo fermati per mangiare della frutta e bere un po’ d’acqua, nei pressi di alcune baite in rovina. Vecchi rifugi dei pastori consumati dalle nebbie e dalle piogge d’altura.

Matteo ha notato l’iscrizione per primo. Si è alzato dalla roccia su cui era seduto e si è diretto verso una delle costruzioni abbandonate.

- Ehi! Venite a vedere!

Io e Daniele l’abbiamo raggiunto. Sulla parete principale, scolpita nella roccia, si scorgevano delle lettere. Poco più in là, il disegno stilizzato di una creatura, una sorta di incrocio tra un camoscio e un essere umano. Daniele ha letto la frase a voce alta.

- El Gigiàt, nume tutelare de este splendide valli. Buono con lo homo che natura rispetta, mala sorte a chi lo trovasse non rispettoso.