La chitarrista svedese Linnea Olsson e la cantante tedesca Johanna Sadonis, in arte The Oath, a vedersi sembrano balzate fuori dalla cover di un paranormal romance (se non da un fumetto sexy horror degli anni ’70): giovani, sensuali, eteree, fasciate di nero, e con una forte aria di sfida stampata su tratti che appaiono come disegnati e senza tempo. E il selvaggio paganesimo che erompe dalla loro musica diventa un tutt’uno con ‘l’anatema’ invocato dal loro nome.

Intuitive, istintive come consorelle streghe, le due ragazze si dimostrano non solo belle ma anche interessanti a livello musicale, per quanto la ripetitività di certi stilemi possa alla lunga risultare un po’ noiosa. Le influenze classiche, dai Black Sabbath ai Mercyful Fate, sono riconoscibilissime, in questi nove brani che si configurano come “inni ultraterreni al nero” e “cerimonie sonore” (Rise Above Records).

Registrato in dieci giorni allo Studio Cobra di Stockholm col produttore Konie Ehrencrona, con una sezione ritmica composta da Simon Bouteloup (basso, Kadavar) e Andrew Prestidge (batteria, Angel Witch), l’album conta anche il contributo di alcuni assoli di Henke Palm degli In Solitude, e un logo disegnato da Erik Danielson dei Watain.

“Volevamo che l’album fosse primitivo e minimalistico” dice Linnea, “nel senso che il suono è abbastanza crudo, abbiamo mantenuto le sovraincisioni al minimo, la maggior parte delle cose che si sentono sull’album sono in presa diretta. Ma volevamo anche far uscire la melodia e la ricchezza che è dentro le canzoni.”

Un disco in effetti strutturato su riff grezzi e motivi limpidi al contempo occulti e impalpabili. La opener All Must Die, dalle sonorità stridenti e minacciose, è incalzante ed energica, dominata dalla voce lamentosa e implorante. Silk Road è più orecchiabile, divertente e melodica, e non troppo discosta si rivela Night Child. Lenta e sognante, Leaving Together spezza la monotonia, mentre la rapida Black Rainbow, mefistofelica e aggressiva, non raggiunge a pieno la resa a causa di una voce troppo rilassata nelle sezioni più bellicose, un peccato, data la struttura varia e più complessa del pezzo rispetto al resto del lavoro. Si torna alla presa più immediata con Silver Dust e di seguito agli stilemi già assimilati e incontrati in precedenza con Death Delight; infine, dopo il breve interludio strumentale incentrato sulla chitarra acustica di In Dream, si arriva all’immancabile suite multi sezionata nella chiusura epica Psalm 7.

Al di là della mancanza di varietà già rilevata (da imputare soprattutto all’insistenza del riverbero psichedelico sulla voce), il lavoro, che potrete ascoltare a partire dal 17 marzo, si presenta abbastanza buono nel suo complesso e di piacevole ascolto. Nonostante lo stile sia ancora un po’ acerbo, le ragazze hanno carisma, e meritano un occhio di riguardo per il futuro.

Riguardo le differenze con cui le due si compensano, Linnea dice: “I miei riff sono lo sporco, la sua voce i diamanti. Un mio amico dice che il mondo è costituito da due tipi di persone: lupi mannari e vampiri. Stando così le cose, io sono il mannaro e lei il vampiro.”