Il 21 gennaio scorso è uscito Newmanity, il nuovo album dei ternani Subliminal Crusher. Formatasi nel 2002, la band propone un thrash death metal nato dall'incontro di Rod (batteria), Elvys (chitarra), Hwk (chitarra) e Steph (voce), e ispirato a band quali Testament, Pantera, Extrema. Dopo l'EP Life Drought, e dopo una serie di live grazie ai quali i Subliminal Crusher hanno la possibilità di condividere il palco con molte band note (Sadus, Darkane, Entombed), rilasciano nel 2005 il primo full lenght intitolato Antithesis (NewLM Records). Nel 2008 esce il secondo full lenght, intitolato Endvolution (Punishment 18 Records) e nel frattempo la band si esibisce in un minitour italiano assieme ai Darkane. Nel 2010 i Subliminal Crusher cominciano a lavorare al nuovo e quarto album e firmano, nel dicembre 2012, un contratto con Revalve Record per il release di NewmanityNewmanity è stato masterizzato negli studio Room AB da Goran Finnberg (Meshuggah, The Haunted, In Flames, Opeth) ed è disponibile sia in versione digitale che in versione standard.

Newmanity si apre con One Man Disorder, che si avvia sulle note di O' Sole Mio. Il brano prende poi la strada del thrash death, con un riff di chitarra cupo e pieno, un ritmo spedito e una voce a metà strada tra il growl e lo scream, molto interessante. Nonostante sia di immediata comprensione, il pezzo si presenta come complesso nelle ritmiche e nella composizione: in particolar modo nella strofa rimangono batteria e voce da sole, a creare la giusta tensione. È un punto di merito per i Subliminal Crusher, in quanto riescono a spezzare il brano in modo intelligente e funzionale, così da tenere costante l'attenzione di chi ascolta.

Three Steps To Slay si presenta come un brano dinamico, possente e spedito: la voce, seppur restando sporca, diventa più melodica nel ritornello, andandosi a incastonare in modo ottimale con la base thrash death che suona acida e potente. Il brano sul finire si calma dal punto di vista ritmico, adottando un tempo dispari dove a troneggiare è il riff di chitarra in stile Meshuggah.

Giungiamo alla title track, uno dei brani più interessanti del lavoro che riassume perfettamente il mood dell'intero album. Ritmi aggressivi, voce potente e riff di chitarra cupi e acidi: una scarica di adrenalina che odora di sudore.  

Useless People con la sua dinamica accattivante e aggressiva, è particolarmente apprezzabile: le chitarre, ben studiate e strutturate, accolgono la voce che, nel ritornello, si fa graffiante, pulita e melodica, ma pur sempre macchiata di quel pizzico di rauco per un risultato finale esplosivo.

Apparentemente calma, Blurrel inganna l'ascoltatore con un giro di chitarra iniziale pulito, facendolo poi scoprire immerso in un modo acido e corrosivo al comparire dello scream; effettivamente più tranquilla rispetto alle altre tracce, dimostra la capacità dei Subliminal Crusher nel mixare componenti melodiche e componenti thrash, crude e spietate.

Meat Cleaver ricostituisce il caos ordinato di chitarre e batterie, dove impera, potente, il growl della voce. Il ritornello si prospetta come un breve armistizio all'interno di una guerra musicale aggressiva e ben studiata, un momento per respirare prima del rush finale. 

Il riff di chitarra che introduce The Anger suona arrogante, acre e violento, così come il resto del pezzo. È una corsa continua fatta di batterie aggressive, chitarre autoritarie e urla energiche e brutali. Anche per quanto riguarda questa traccia è bene fare un plauso di merito ai Subliminal Crusher, per la punta melodica breve ma fondamentale del ritornello a doppia faccia: una parte melodica ed emozionale, l'altra brutale e furiosa. È un alternarsi continuo di sensazioni contrastanti, difficili da riscontrare in ambito thrash death metal.

Martellante e altezzosa, The Backstabber è una traccia stancante, in senso positivo. Un batticuore continuo e violento dettato dalla batteria insistente, si attenua nel ritornello: il grido melodico della voce, smorza lievemente la ferocia generale del brano, che torna immediatamente protagonista con l'intensificarsi di batteria e chitarra. The Backstabber ha il potere di far correre la mente dell'ascoltatore, che si troverà a faccia a faccia con un respiro affannoso, senza però aver fatto neppure un passo. 

Il riff iniziale di Release The Unsaved è talmente coinvolgente da rilasciare gradualmente un senso di fierezza nell'ascoltare il brano, che via via prende corpo: le dinamiche melodiche e quelle aggressive sono ben organizzate e combinate, con la risultante di una seduzione violenta e furiosa. Il pezzo affronta ritmi differenti, passando da tempi prepotenti e veloci, a tempi più calmi, ma pur sempre intensi.

L'ultimo brano presente in Newmanity, I Am The One, si apre con un grido animalesco e intriso di furia, che lascia spazio alla strofa organizzata alla stessa maniera di One Man Disorder: una voce umana, ma a tratti demoniaca, resta sola con la batteria, per poi esplodere in un insieme di ferocia e irruenza assieme agli altri strumenti. Uno scoppio di brutalità inquietante sul finale, ipnotizza l'ascoltatore, che si troverà a digrignare i denti, specialmente su un pianto conclusivo di neonato.

Per quanto riguarda la versione standard del disco, troviamo in tracklist due bonus track.

La prima, Locked In, appare energica e decisa, e insiste sul tasto della potenza: i riff di chitarra sono eccellenti ed esaltanti, la voce è una scarica di furia continua e crescente, e a completare il tutto, la batteria, perfettamente legata al resto degli strumenti.

La seconda bonus track si intitola Can't Fail ed è un misto insistente di adrenalina e sangue: lascia un sapore ferroso e un senso di assuefazione. È una vera e propria emorragia energetica.

Il lato estremo ed energico rendono Newmanity un album apprezzabile da molti punti di vista e il lavoro nel complesso è stancante all'ascolto, ma in un'accezione positiva: se si è amanti del thrash death, è quello che ci vuole. I suoni cupi e la generale attitudine irruente lasciano un sapore amaro e acre in bocca, ma contemporaneamente piacevole e gradevole. Il lavoro risulta putrido e corrosivo, acido e spietato, ma ben ponderato nel dosaggio di melodia, necessaria per distogliere la mente dalla rissa di suoni e ritmi brutali: una sconvolgente esperienza di violenza non commessa, ottima per scaricare la tensione e la furia accumulate nella vita quotidiana.