“Ascoltando gli Admiral Sir Cloudesley Shovell per la prima volta, la prima cosa che viene in mente per descrivere la loro musica è che è simile all’equivalente sonoro del ritrovarsi nel monolocale di un diciottenne nel 1973. Gli album di Status Quo, Budgie e Black Sabbath sono impilati sull’impianto stereo; le pagine centrali di Playbirds e Whitehouse tappezzano il muro; Suedehead di Richard Allen, La scimmia sulla schiena di William Burroughs e Sexuality, Magic & Perversion di Francis King capitombolano dal davanzale della finestra; lattine schiacciate di Courage Light Ale e pacchetti di Players No 6 formano una torre nell’angolo; sporche T-shirts aderenti e pantaloni a zampa d’elefante rattoppati sono disseminati per tutto il pavimento. E lì in mezzo, come un Re biblico che esamina il proprio dominio, c’è l’appassionato di musica, un magro stecco, Gesù della porta accanto, assorto nel rollarsi l’ultima canna, i capelli fluenti quasi gli oscurano i baffi, le battute d’apertura di Cherry Red dei The Groundhogs escono dalle casse intorno a lui come un colpo inatteso dal Cielo...”

Così la Rise Above Records presenta Don’t hear it… fear it!, album degli Admiral Sir Cloudesley Shovell in uscita il prossimo 16 luglio in versione CD e vinile con copertina apribile.

La band appartiene in spirito a un’epoca che alcuni potrebbero definire sorpassata, ovvero quella che vede il doom metal e il progressive rock (con numerosissime incursioni psichedeliche) nella loro epoca aurea settantiana. Suoni vintage, dunque, che richiamano nostalgicamente i vinili, in perfetto stile Rise Above. Se da un lato un prodotto di questo tipo - sappiamo già in partenza - non porta niente di nuovo, si rivela comunque di piacevole ascolto per gli appassionati del genere.

Gli Admiral Sir Cloudesley Shovell (l’ammiraglio della flotta della Royal Navy Cloudesley Shovell è un personaggio realmente esistito nell’Inghilterra del 1600) si sono formati nel 2008. Le loro influenze includono anche garage, freakbeat e powerpop. Il loro 7”, Return To Zero/Day After Day, sempre per Rise Above, nel 2011 è andato immediatamente esaurito.

 

L’heavy metal delle origini, mischiato al prog, al doom e alla psichedelia delle rispettive epoche auree si fa sentire subito nella prima traccia, Mark of the Beast, uno spigoloso biglietto da visita in cui l’ossessività (doom) si mantiene costante nonostante il frequente cambio di valori ritmici (prog) e atmosfere (heavy e psichedeliche).

Il basso che si insinua in Devil’s Island, raddoppiato più avanti dalla chitarra, rimane per tutto il brano la chiave portante della struttura cupa e granitica: che si tratti di un riff, di un assolo o di un cantato, la linea guida è sempre data dallo strumento ritmico. La voce, per espressività ed effettistica, si muove su territori e colori derivati prevalentemente dal progressive rock.

 

Con iDeath si torna alla varietà del primo brano e ai cambi di valori e atmosfere; lunghe sezioni strumentali, care sempre al prog ma altalenanti fra l’heavy e la psichedelia, fino a Untitled, un ‘quadrato’ interludio strumentale di meno di un minuto giocato sull’effettistica di un riff nudo e ripetitivo che ci introduce a Red Admiral Black Sunrise: una marcia/navigata. Fra tutti i brani è quello più lineare e vicino alla forma canzone, con strofa e ritornello efficace intervallati dal riff e soli chitarristici più o meno ampi.

 

Scratchin’ and sniffin’ avanza insistente e funerea, sempre muovendosi negli ambienti di riferimento, così come nei vari territori prestabiliti rimangono i finali The last run e Killer Kane (costruita per la maggior parte sul tema di Untitled), sebbene ambedue ben più brevi di tutti i brani precedenti.

 

Beanstew, la conclusiva ghost track, rapida (fatta eccezione per un interludio chitarristico decisamente doom che pian piano si velocizza di nuovo), ruvida e ossessiva, presenta un ritornello accattivante (le voci e le chitarre ‘gemelle’ talvolta richiamano il sound dei Wishbone Ash) che saluta gli ascoltatori lasciandosi ricordare.

Formazione:

Bill Darlington (batteria)

Louis Comfort-Wiggett (basso)

Johnny Gorilla (voce e chitarra)

Tracklist

01. Mark of the Beast

02. Devil’s Island

03. iDeath

04. Untitled

05. Red Admiral Black Sunrise

06. SCratchin’ and sniffin’

07. The last run

08. Killer Kane

07. Beanstew (hidden track)