“Il prossimo pezzo parla di fottuti vampiri, ma questi non sono vampiri che al sole brillano come delle cazzo di fatine. Questi sono dei veri figli di troia” (n.d.r. per il Movimento Italiano Genitori: rifatevela pure con me).

Patti chiari, amicizia lunga, insomma.

E’ più o meno così che gli Story of Jade sono soliti presentare il loro brano Bloodsuckers, ed è sempre più o meno così che hanno attirato la mia attenzione al Metal Up Your Ass di Porcari (LU) prima di nomi storici del metal italico quali Etrusgrave, Irriverence, Tossic e Sabotage, tanto che ho pensato subito all’Italcon e ai Delos Days, e al fatto che avrei potuto inserirli nella relazione su I vampiri nell'heavy meal italiano se il loro debut album non avesse tardato ad arrivare.

Nati nel 2002 nell’area fiorentina, con alle spalle un solo demo ma una vasta esperienza di palco, gli Story of Jade sono stati ingaggiati nel 2010 dalla Wormholededath/Dreamcell11 (costola della Aural Music) per la produzione di Carlo Bellotti e Alessandro Paolucci. Il loro disco, registrato in Italia e masterizzato in Germania, è uscito il 23 settembre scorso e si compone di dieci tracce.

Se è nella dimensione live che il progetto acquista più spessore (dal look e il trucco alle tonnellate di passata di pomodoro, dalla sexy/horror performer al volume per cuori in salute), salta subito all’occhio pure l’artwork – ideata e realizzata dal batterista e fondatore della band Yndy T. Witch - curata nei minimi dettagli.

I demoni posso trovarsi anche alla porta accanto, ma il vicino più temibile è la paura stessa. Come specificato nelle note: “La paura è una compagna costante, come un vicino psicopatico, ti fissa dall’altra parte della staccionata...” Ma è appunto più nei testi verbali che nella musica vera e propria che possiamo riagganciarci ai temi cari al death e al black, generi a cui saremmo pronti ad associare l’immagine del quartetto, perché lo stile degli Story of Jade è semmai ricollegabile al thrash delle origini o a un certo gusto per l’heavy metal di stampo classico.

In questo senso, il primo brano (Self-Inflicted Masterpiece) è un ottimo biglietto da visita, in quanto ci indirizza verso una sorta di macedonia fra la Bay Area e i primi Death SS (fermo restando che il cantante e bassista Bapho Matt utilizza prevalentemente lo screaming – raramente il growl, come nell’ultimo brano e nel secondo, Afterlife Confusion – contaminando il calderone). Il messaggio è espresso in modo originale e non pedante: come un novello Michelangelo, la ragazza insoddisfatta del suo aspetto si guarda allo specchio e taglia via la carne di troppo.

Ma i testi morbosi e introspettivi del death (esemplare al riguardo il terzo brano: Enemy In Me, dove si affacciano melodie sinuose e sinistre) si affiancano a quelli legati al metal classico (la quarta traccia, H.M.K.M. = Heavy metal Killing Machine, è una sorta di inno alla fratellanza heavy siglato col sangue che – stando ai falsetti finali – non è da prendersi troppo sul serio, con buona pace dei Judas Priest) o più tipicamente black e anticristiani come la vampiresca Bloodsuckers e New World Inquisition; in C.F. Virus S01 incontriamo anche la science fiction, mentre Lulladie si configura come una ninna nanna horror.

Chiudendo dunque l’antipatico aspetto delle etichette, possiamo adagiarci nell’ampio recinto (vicini permettendo...) dell’horror metal e credere che la commistione fra death e thrash non sia slegata dall’ospitata di Flegias dei Necrodeath nella parte del virus della quinta traccia, in cui c’è spazio persino per un ritornello catchy. Orecchiabilità che si ripresenta ossessiva e dissonante anche in J.A.D.E. (acronimo per "Joyful Antichrist Demon Eyed", nonché personaggio ricorrente nell’operato della band).

Il lavoro delle chitarre (in mano ad AG e Matt Huntzer) non è da ricercarsi in una separazione fra ritmiche ed episodi solisti qual è la tendenza prevalente del thrash, ma nella distribuzione di inserti rapidi e lenti e nell’alternanza fra essi, senza però dilungarsi mai troppo in virtuosismi o finali maestosi (i brani si aggirano tutti intorno ai 3/4 minuti eccetto l’ultima traccia e la rabbiosa Confessions of a headless man, che superano di poco i 5).

Il lavoro si snoda dunque fra cavalcate di riff, doppia cassa, episodi vintage, spunti doom e utilizzo di samplers che, in definitiva, non portano nulla di nuovo se non un certo gusto per la contaminazione che a mio avviso resta comunque il futuro della musica così come di qualsiasi altra espressione artistica; il disco si configura tuttavia degno di rispetto e interesse.

Taglienti, aggressivi, ma soprattutto versatili, gli Story of Jade si pongono più come una consapevole sorta di eredità di alcuni stili; eredità che talvolta si prende in giro da sola divertendosi e facendo divertire, come negli stilemi del genere parodiati nel video di lancio di Self-Inflicted Masterpiece (www.youtube.com/user/StoryOfJade?ob=5) o nell’apocalittico e oscuro episodio finale, New World Inquisition (When you hear the sirens) che... in fondo, si chiude con un “Fuck!”

Tracklist:

1- Self-Inflicted Masterpiece

2- Afterlife Confusion

3- Enemy In Me

4- H.M.K.M.

5- C.F. Virus S01 (Feat. Flegias)

6- Confessions Of A Headless Man

7- Bloodsuckers

8- J.A.D.E.

9- Lulladie

10- New World Inquisition (When You Hear The Sirens)

Sito ufficiale: www.storyofjade.net