Devo ammettere che dopo una laurea vecchio ordinamento sul rock progressivo britannico dell’epoca aurea ho avuto una leggera indigestione nei confronti di questo genere e stili correlati, solo che il lupo perde il pelo ma non il vizio, dunque ogni tanto mi ritrovo irresistibilmente attratta da materiale correlato a un passato più o meno rimosso.

Recensendo l’album dei Ghost Opus Eponymous (vedi qui qui) mi sono imbattuta in un’altra proposta della Rise Above di Lee Dorrian (la distribuzione per l’America è affidata alla Metal Blade) di provenienza canadese e ho così ascoltato con interesse il secondo album dei Blood Ceremony.

Living with the ancients è un disco che a ben vedere non porta niente di nuovo nel panorama del metal e del progressive su base doom e soprattutto proto doom, perché all’interno della lunga discendenza dall’albero genealogico della psichedelica, troviamo già svariati nomi da correlare allo stile identificativo della band, che unisce suggestioni progressive e folk a immagini occulte, la predilezione per i valori ritmici moderati, l’innesto di armonie dal retrogusto talvolta rinascimentale o barocco, l’ampio uso del flauto traverso nonché la voce femminile (mi riferisco a gruppi come Black Sabbath, Black Widow, Renaissance, Uriah Heep o Coven); ma chi ha una particolare predilezione per il vintage ne resterà affascinato.

 

Sin dalla prima traccia, The Great God Pan (come a questo punto non ricordare il flauto del dio?), appaiono chiare tutte le contaminazioni già rilevate, presentando il brano quasi come una sorta di biglietto da visita dell’album. Dalle sonorità cupe alle atmosfere decadenti del doom del primo brano, si passa a quelle più impregnate di folk e prog di Coven Tree, dove le streghe chiamate a raduno dal dio si incontrano per celebrarlo; qui l’hook è costituito sicuramente dal ricorrente e sognante intervento del flauto (a opera della stessa vocalist Alia O’Brien), protagonista anche della successiva strumentale The Hermit.

 

Al funereo andamento cadenzato dai colpi di cassa del doom si torna sin dall’intro di My Demon Brother, che si snoda successivamente in un ritornello di facile presa, ben interpretato dall’evocativa e malinconica voce della O’Brien e infarcito di intrusioni elettroniche. Probabilmente il brano che ho preferito in assoluto all’interno dell’intero lavoro. Si prosegue sulla stessa falsariga con Morning of the Magicians, pur se su uno sviluppo più veloce e una struttura apparentemente più grezza; qui troviamo un’alternanza in stile progressivo fra elettrico e acustico per mezzo di una sezione morbida poco oltre la metà della traccia, per riunirci poi all’elettrico ma sempre con minori valori ritmici, fino al lungo episodio strumentale conclusivo in un continuo cambio di valori.

 

Oliver Haddo (personaggio del racconto The Magician di W. Somerset Maugham del 1908 nonché parodia di Aleister Crowley) riunisce molte delle caratteristiche suddette, configurandosi probabilmente come il brano più rappresentativo dell’intero lavoro, considerato anche il fatto che si dipana lungo un percorso di oltre otto minti, in un richiamo allo schema della suite multisezionata progressiva, pur se mantenendo un andamento ossessivo e raramente variato.

 

Tra le tracce che ho particolarmente apprezzato c’è Night Of The Augury, che riesce a sintetizzare in un brano relativamente più breve, incantevole e orecchiabile, le varie contaminazioni scioltesi nei precedenti ascolti.

 

Dopo il brevissimo episodio flautistico di The Witches Dance, la chiusura è affidata a Daughter Of The Sun, brano dall’intro decisamente più tesa e oserei dire ballabile, che si struttura sulla consueta alternanza fra elettrico e acustico (ottimo il lavoro alla chitarra di Sean Kennedy), nonché sul cambio di valori ritmici, in una lunga composizione di oltre dieci minuti (che stavolta pare richiamare addirittura i Led Zeeppelin di Stairway to heaven) che si plasma di conseguenza come il saluto che chiude il sipario.

 

In definitiva un buon album che conferma il talento dei Blood Ceremony e che non mancherà di intrigare sia gli addetti ai lavori, sia gli appassionati di queste sonorità.

Tracklist

01. The Great God Pan

02. Coven Tree 

03. The Hermit 

04. My Demon Brother

05. Morning of the Magicians

06. Oliver Haddo

07. Night Of The Augury

08. The Witches Dance

09. Daughter Of The Sun