I registi Tod Williams e Kevin Greutert, insieme con lo sceneggiatore Michael R. Perry, si trovano di fronte a un’impresa non facile. Non è affatto semplice infatti dare un degno seguito a Paranormal Activity (USA 2007), che è stato in grado di ottenere un grandissimo successo di pubblico, addirittura eccezionale se rapportato alle spese necessarie per girarlo (15000 $ per la realizzazione, 2 milioni di dollari di costi complessivi compreso il lancio, 142 milioni di dollari di incasso a livello globale). Non solo, Paranormal Activity ha saputo meritare il plauso incondizionato di un maestro assoluto della regia come Steven Spielberg che, parlandone, gli ha ssegnato uno dei più alti riconoscimenti possibile per un film horror: “Non mi ha fatto dormire”.

La trama di Paranormal Activity 2 affonda le radici nel capitolo precedente: Katie (Katie Featherston), protagonista di Paranormal Activity, divenuta ora una presenza demoniaca, perseguita una famiglia con cui è imparentata. Comincia tutto con alcuni piccoli eventi, strani, che inizialmente i personaggi neppure notano, ma immergono gradualmente gli spettatori nell’atmosfera del film. Il crescendo è impressionante, fino a un finale di grande impatto.

I registi decidono di mantenere lo stile che ha determinato un così copioso e inaspettato successo: il film viene realizzato come una sorta di documentario, un insieme di immagini che si presentano come girate amatorialmente, abbinate questa volta anche alle registrazioni rilevate da un insieme di telecamere di sorveglianza.

Proprio questa risulta essere, forse, la scelta più azzeccata. Le riprese del sistema di sorveglianza costituiscono infatti un leit motiv che accompagna lo spettatore lungo l’intera pellicola, dettandone il ritmo. Il senso di normalità e di abitudine indotto dalla ripetizione di tali immagini per ciascuna giornata intensifica l’effetto dirompente dell’elemento soprannaturale e contribuisce inoltre, una volta che la trama si va svelando nei suoi aspetti più tetri, ad alzare il livello di tensione: da un momento all’altro infatti, nelle fasi finali del film, ci si aspetta che qualcosa interrompa l’apparente quiete.

Allo stesso tempo però, continuare nel solco della tradizione e soltanto con qualche piccola variazione sul tema, rappresenta anche il limite di Paranormal Activity 2: un’innovazione, pur mantenendo in sostanza le stesse caratteristiche, si trasforma a questo punto ineluttabilmente in una prosecuzione naturale, e perde così ogni alone di magia.

Pur essendo ben lontano dall’essere una mera imitazione o riedizione e fermo restando l’ottima qualità tecnica della pellicola, Paranormal Activity 2 non riesce a rinascere da se stesso, a rinnovarsi pur mantenendo il proprio stile, caratteristica propria solo dei grandi classici. Resta comunque un buon film.