Ad Accendura, un immaginario paese sperduto nelle campagne dell'Italia meridionale, la quiete viene interrotta da alcuni omicidi coinvolgenti dei bambini. La particolare crudeltà dei delitti e la certezza che l'esecutore si trovi tra gli abitanti del paesino gettano nel panico la popolazione, la cui bigotteria esige a gran voce un colpevole, mettendo in seria difficoltà le indagini della polizia. Sarà con l'aiuto del giornalista Andrea Martelli (Tomas Milian) e dall'avvenente Patrizia (Barbara Bouchet) che le forze dell'ordine riusciranno a fare chiarezza sul vero autore degli atroci delitti, ma solo dopo che la sete di giustizia dei popolani avrà mietuto altre innocenti vittime.

Sullo sfondo dei colli di Sant'Angelo di Puglia, Lucio Fulci realizza un giallo sopraffino, che non rinuncia a venature horror e thriller, e che mette in campo un tema ancora drammaticamente attuale, la violenza sui minori. Si sviluppa così una trama che fa i conti con magia e credenze popolari contrapposti ai vizi e al razionalismo delle grandi città. Dietro al giallo si cela una profonda analisi di livello quasi antropologico che ha come oggetto gli atteggiamenti di un paesino lontano dal mondo, tanto ancorato alle antiche credenze e alle tradizioni locali da non riuscire a reprimere la propria repulsione per ciò che è straniero, senza accorgersi degli orrori che si celano nell'intimo della propria stessa casa.

L'ottima interpretazione di Florinda Bolkan nelle vesti della maciara, malvista figlia dello stregone locale, riesce a far trapelare tutto il fascino morboso delle credenze magiche di provincia, ma al contempo tutte le angosce in essa contenute. Mentre per il padre la magia rappresenta una vera e propria scienza, la cui fondamenta si radicano in una profonda conoscenza del cristianesimo, per la maciara intrugli e riti voodoo sono l'unica valvola di sfogo per le sofferenze causatele dall'emarginazione cui la costringono le maligne voci del paese.

Babara Bouchet, che non esita a mostrarsi in tutta la sua bellezza, rappresenta il contraltare alla reietta impersonata della Bolkan. Patrizia è la figlia di un ricco uomo di città, il quale ha fatto costruire la sua lussuosa villa per il solo gusto di mostrare, quasi come monito, le ricchezze accumulate a coloro che una volta erano suoi compaesani. Ma anche le grandi metropoli hanno le loro insidie, e Patrizia, dopo aver destato un certo scalpore per una storia di abuso di droghe, viene fatta rifugiare in quell'angolo di mondo in attesa che le acque si calmino. La donna diviene l'emblema dell'eccesso che caratterizza la borghesia cittadina e della frustrazione che deriva dalla totale assenza di stimoli del luogo.

A fare da scenografia a questa contrapposizione vi è un fantastico ritratto di stampo felliniano della campagna meridionale. Non si sevizia un paperino rappresenta uno dei primi thriller a essere girati interamente in Italia. Le riprese sono state eseguite quasi tutte all'aperto, tra Sant'Angelo di Puglia e Manziana, utilizzando per gli interni le abitazioni del luogo. L'atmosfera da Amarcord che si respira e il poetico realismo con cui viene ricreata l'ambientazione, danno vita a una paesaggio che si intercala in maniera dinamica con la struttura tipica del giallo che, a quel tempo, stava prendendo forma grazie all'opera di registi come Dario Argento, Sergio Martino, lo stesso Fulci e molti altri più o meno conosciuti.

Il risultato non è quindi solo un solido thriller perfettamente rientrante nei canoni dell'epoca, ma un'opera che, forse più di tutte le altre, prova il regista romano essere vero e proprio terrorista dei generi, come lui stesso amava definirsi. Neoralismo, thriller all'italiana, horror e a tratti anche la commedia si fondono con discrezione ed equilibrio, rendendo armonioso un miscuglio che ben pochi sarebbero riusciti a rendere digeribile. In Non si sevizia un paperino è possibile trovare molto di ciò che di meglio il nostro cinema era in grado di proporre negli anni '70, condito con il tipico stile di un regista cui il cinema internazionale deve molto più di quanto non venga dimostrato.

Il pretesto con cui tutto questo viene messo in scena rimane però il giallo. Già la tipologia delle vittime, i bambini, non solo discosta il film dalla maggior parte delle opere di genere, ma lo rende scomodo oggi almeno quanto lo era ai tempi. Il tema della violenza sui minori è sempre stato particolarmente difficile da trattare, un po' per le difficoltà inevitabili che comporta il dover coinvolgere attori minorenni, ma per lo più per gli ostacoli rappresentati dalla censura e dall'opinione pubblica, che di certo ne verrebbero attratte. Per questo e altri motivi, Non si sevizia un paperino costò a Fulci diversi guai giudiziari, tra i quali il più noto è quello coinvolgente la scena in cui Barbara Bouchet posa nuda cercando di adescare un ragazzino del paese.

Tuttavia, nonostante i molti elementi atipici, la pellicola presenta molte caratteristiche consone al giallo/thriller del tempo. All'iniziale catena di omicidi seguono tempestive le indagini della polizia, in cui non tarda a intromettersi il classico reporter ficcanaso. Sarà proprio quest'ultimo ad arrivare alla verità prima dei poco attenti poliziotti, confusi dalle false piste che più volte li conducono ad accusare erroneamente degli innocenti. In tal modo la verità si dipana gradatamente per lo spettatore, in un crescendo di intrigo e tensione che culminerà in un finale più o meno inaspettato, ma di certo non privo di elementi su cui riflettere.

A far quadrare definitivamente il cerchio è l'ottimo livello tecnico del film. Le interpretazioni, che spesso risultano essere il punto debole della filmografia fulciana successiva, sono impeccabili o quasi, anche grazie a un cast di tutto rispetto, di cui abbiamo già citato i punti cardine.

Le scene cruente, che non si risparmiano in crudeltà, vengo impreziosite dagli effetti speciali di Carlo Rambaldi e dal trucco di Franco di Girolamo, tutto rigorosamente artigianale come tradizione vuole che sia nei film del padrino del gore.

La ciliegina sulla torta sono le musiche di Riz Ortolani, la cui dolcezza da un sapore ancora più amaro alle crude sequenze che accompagnano.

Non si sevizia un paperino è indubbiamente un film imperdibile per gli amanti del cinema italiano, in quanto passaggio fondamentale della filmografia di Lucio Fulci e per il suo valore di summa trasversale di quello che era il cinema in Italia negli anni '70.

Valutazione tecnica

L'audio in mono sarebbe accettabile se non si trattasse di un film di questa portata. La trasposizione video è ben realizzata ma anche in questo caso un restauro sarebbe stato più gradito. L'edizione rappresenta un passo importante proprio perché è la prima che in Italia viene dedicata all'opera Lucio Fulci, ma la sua realizzazione lascia trapelare in maniera inequivocabile lo scarso impegno riservatogli. Da acquistare solo in assenza di una valida alternativa.

Extra

L'unico extra degno di nota è l'intervista a David Grieco, il quale si limita a esporre una serie di aneddoti di dubbia validità. Per il resto ci si limita a una brevissima scena tagliata, esclusa inspiegabilmente dal montaggio finale; infine trailer e crediti del film. Contenuti un po' poveri per la prima edizione di un film tanto atteso. Il voto negativo è quindi dovuto esclusivamente alla scarsa qualità del DVD, accettabile per chi semplicemente vuole vedere il film, ma assolutamente insoddisfacente per chi si aspettava contenuti extra dignitosi.