Per secoli i vampiri sono rimasti avvolti nelle tenebre, costretti a nascondersi al sorgere del sole per non rischiare di essere bruciati dai suoi raggi.

Nel film 30 Days of Night, basato sull’innovativo e omonimo fumetto, le cose sono totalmente diverse. I vampiri sono delle moderne macchine mangiatrici, concepite per un’unica funzione: divorare gli esseri umani. Solo la luce del sole può fermarli ed è per questo che scelgono come terreno di caccia la remota e isolata cittadina di Barrow, in Alaska, che ogni inverno resta avvolta dalle tenebre per 30 giorni. Questi astuti vampiri assetati di sangue, che non vedono l’ora di abbandonarsi a un mese di bagordi, sono lì per approfittare del buio e nutrirsi degli inermi cittadini. Spetterà allo sceriffo Eben (Josh Hartnett), alla moglie separata, Stella (Melissa George), e a un sempre più sparuto gruppo di sopravvissuti fare tutto il possibile per sopravvivere fino al sorgere del sole.

Intervista con DAVID SLADE

(Regista)

Il regista inglese David Slade ha debuttato nel 2005 presentando al Sundance Film Festival un film di grandissimo successo, intitolato Hard Candy. Per il suo secondo film, 30 Days of Night, Slade ha deciso di esplorare un altro lato della paura e nel farlo ha rielaborato e reinventato l’immagine dei vampiri per un’intera generazione di spettatori.

Conosceva bene il fumetto dal quale è tratto il film?

Si, avevo comprato la prima edizione di 30 Days of Night nel 2001 e anche all’epoca avevo pensato che fosse magnifica. Nel frattempo però, ho fatto altre cose, ho girato Hard Candy e ho messo da parte 30 Days of Night. Ma poco prima di finire Hard Candy, sono andato ad una riunione alla Sony e in quell’occasione qualcuno ha menzionato 30 Days of Night. A quel punto ho manifestato il mio interesse per il progetto e dopo il successo di Hard Candy ho ricevuto una telefonata da Sam Raimi ed è iniziata l’avventura.

David Slade
David Slade

E’ un appassionato di film dell’orrore?

Sono un appassionato di cinema più che di film dell’orrore. A mio avviso, tutti i film nascono inizialmente come storie drammatiche dopodiché vengono inseriti in diversi generi per aiutare gli studi a venderli e distribuirli. Qualche anno fa c’erano film considerati “horror” come Scream ma in realtà era solo una maniera per attirare i fans di quel genere. Ed io non volevo realizzare un film di quel tipo. Volevo invece fare qualcosa di dark, di viscerale. Per me un film dell’orrore è per esempio A Venezia… Un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg o anche Shining di Stanley Kubrick o La cosa di John Carpenter. Inoltre adoro l’horror giapponese.

Sembra che in questo film lei abbia scelto un tono più serio?

Ha ragione, perché volevamo affrontare il genere in maniera seria ed essere totalmente realistici. Volevamo trasmettere una sensazione di insicurezza per far sì che il pubblico si gettasse anima e corpo nell’orrore che vivono i personaggi del film. Seguendo ognuno di loro si finisce letteralmente all’inferno. Inoltre è stato interessante perché abbiamo girato in Nuova Zelanda e abbiamo avuto la fortuna di trovare dei location da far venire i brividi. Il fatto di girare di notte ha aggiunto un ulteriore strato di orrore al film. Volevo che il film fosse crudo e inquietante; un film nel quale ti senti stanco tanto quanto mi sono sentito io a girarlo.

Cosa sono i vampiri?

Diciamo che sono una creazione culturale. Ci sono persone totalmente pazze che credono che i vampiri siano potenti ma per me, invece, sono un grande simbolo rispetto alla natura stessa degli esseri umani. Per quanto riguarda la loro provenienza, diciamo che è opinione comune che siano in giro da tempo e che per questo abbiano assistito a tutte le orribili cose delle quali si sono macchiati gli uomini e che quindi alla fine provano un profondissimo senso di disgusto per il genere umano; di conseguenza non hanno alcun rimorso a dargli la caccia per cibarsi del loro sangue.

Mi descriva i vampiri di 30 Days of Night.

Conducono un’esistenza piuttosto semplice, dove tutto ruota intorno allo “sport” della caccia all’uomo. Sono giunti alla conclusione che la moralità sia sorpassata e inutile. Questi vampiri non sono fantasie e non sono affatto avvolti da un alone di romanticismo. Non fanno l’amore. Sono un branco di cacciatori e non c’è spazio per l’amore in questo film perché secondo me se i vampiri flirtano con gli uomini, allora il film non è più spaventoso. Il nostro film è e vuole essere terrore puro. I nostri vampiri sono intelligenti perché si nascondono dietro il mito e il folklore che circondano i vampiri e in questa maniera la gente non sospetta nulla e loro possono colpire ancora più forte ogni volta che decidono di farlo. E’ stato fantastico reinventare il loro aspetto e la maniera in cui si comportano perché ho avuto una grandissima libertà a giocare con il mio personale concetto di vampiri.

Una delle copertine italiane della graphic novel
Una delle copertine italiane della graphic novel

Quale è stata la difficoltà maggiore nell’adattare i fumetto al grande schermo?

Diciamo che sono stato molto fortunato per quanto riguarda gli attori e sono stato fortunato perché ho trovato persone che desideravano tanto quanto me realizzare il miglior film possibile. La sfida maggiore è stata quella di restare fedele ai fumetti e realizzare un film che somigliasse veramente ai libri. E’ stato piuttosto difficile ritrovare quello stile e quella fotografia. Inoltre, non avevamo un budget tipo quello di 300 e quindi abbiamo dovuto sfruttare al massimo tutta la nostra creatività. E’ stato difficile creare quei vampiri e dare l’idea che uscissero letteralmente dalle pagine dei fumetti, con gli occhi neri e i denti affilati. Ci è voluta tanta pratica per ottenere la cosa giusta.

Si è divertito a lavorare con Josh Hartnett?

E’ un attore fantastico, molto coscienzioso e instancabile. Nel corso degli anni, attraverso i vari ruoli che ha interpretato, ha mostrato tutta la sua versatilità. Inoltre, è stato interessante dargli un altro aspetto diverso così che la gente non lo riconosce. Credo che grazie a questa interpretazione verrà guardato in maniera diversa. E’ sempre interessante prendere un attore bello e trasformarlo nella creatura che vedrete alla fine. E’ stata una sfida ma anche un’esperienza molto divertente.

Che cosa spera che il pubblico porterà con sé dopo aver visto il film?

Spero che il film li faccia pensare ma non sono certo io a dirgli a cosa devono pensare. Ognuno prenderà dal film qualcosa che ha a che fare con la sua visione personale e la sua comprensione del film. Per me, a livello personale, questo film è una maniera come un’altra per analizzare la condizione umana e i nostri comportamenti in quanto società. E’ un film sulla nostra paranoia, su come sopravvivere in un momento di crisi estrema e su come affrontare

la morte. Sono argomenti che hanno sempre suscitato il mio interesse.

Steve Niles
Steve Niles

Intervita con STEVE NILES

(Sceneggiatore e co-autore dei fumetti)

In che maniera i suoi vampiri e quelli del film differiscono da quelli che il pubblico ha visto finora?

Il mio desiderio era quello di ridefinire l’idea stessa di vampiro e credo che questo sia dovuto al fatto che li abbiamo in un certo qual modo addomesticati troppo negli ultimi tempi. Oggi, nei programmi televisivi o nei film, i vampiri non fanno più tanta paura. Anzi addirittura appaiono come amici o come animaletti domestici. C’è addirittura un vampiro che fa il detective! E mi sono detto: “Ora basta” Non credo che i vampiri siano creature romantiche sebbene capisca da dove venga questa percezione, dalle zanne e dai denti. E allora sono risalito fino alle radici stesse della leggenda dei vampiri, all’epoca in cui erano considerati solo e semplicemente delle orribili creature dell’oscurità. I miei vampiri non amano gli esseri umani e si interessano a loro solo perché rappresentano una fonte di cibo. I vampiri ci guardano così come noi guardiamo una mucca: per loro siamo una bella bistecca. Credo che sia veramente terrificante vederli come predatori perché sono vicino a noi ma ci danno la caccia.

Si diverte a terrorizzare il pubblico?

Basta guardare un telegiornale per capire fino a che punto la società nella quale viviamo è basata sulla paura. Il male esiste e la paura si crea, soprattutto negli Stati Uniti dove è fortemente incoraggiata. Se guardate un telegiornale, è una sorta di promozione delle 10 storie più orribili della giornata e tutto questo solo per spaventarci, per tenerci sotto controllo. Nella nostra società si usa la paura per controllare le nostre menti. La paura che io amo invece è quella fantastica dalla quale ti puoi allontanare.

Quale è il messaggio del film?

Il messaggio è soprattutto divertirsi. Voglio che il pubblico si diverta così come noi ci divertivamo quando andavamo a vedere i classici film dell’orrore di un tempo. Voglio che il pubblico esca dalla sala con il cuore che gli batte e la paura negli occhi, ma non voglio sicuramente ispirare disgusto come capita con quei film infarciti di orribili scene di sevizie e torture. Odio i film cosiddetti “horror-porno-e-tortura”, a mio avviso non sono affatto film dell’orrore. Per me 30 Days of Night è esattamente il prototipo del perfetto film dell’orrore: divertente e comico.

Josh Hartnett
Josh Hartnett

Intervista con JOSH HARTNETT

(Eben Oleson)

Balzato all’attenzione del pubblico cinematografico nel 1998 con il film Halloween: 20 anni dopo, Josh Hartnett è diventato con gli anni uno dei giovani attori più richiesti e di maggior talento del settore. Da O, versione moderna di Otello di Shakespeare, a Pearl Harbor e da Black Hawk Down a Sin City, Hartnett ha lavorato con alcuni dei maggiori registi del settore e ha dimostrato di possedere una grande versatilità.

Che cosa rappresentano i vampiri per lei?

Sono creature interessanti e l'idea della loro immortalità è assolutamente intrigante per noi comuni mortali. Sono una sorta di specchio nel quale guardare noi stessi.

Le piacciono i film dell’orrore?

Tra i miei film preferiti ci sono titoli quali Lo squalo e Alien. Mi piace l’horror quando dietro c’è una bella storia, una buona recitazione e delle immagini interessanti. Inoltre adoro la suspense ma non mi piacciono molto le scene raccapriccianti e per questo non mi piacciono i film dell’orrore di oggi perché sono semplicemente un bagno di sangue e non raccontano nulla di interessante. Ma adoro 30 Days of Night in virtù del suo lirismo, del design e della sua intensità.

In che maniera 30 Days of Night è diverso dagli altri film con i vampiri?

E’ stato fantastico per me vedere la direzione presa da David Slade e scoprire che voleva creare dei vampiri veramente spaventosi e primitivi. Non voleva dei vampiri che recitassero versi di Baudelaire. Voleva che fossero spaventosi, pericolosi e terrorizzanti. Non voleva certo dei vampiri sexy come quelli di Intervista con il vampiro. La cosa che mi è piaciuta di più è stata la curiosità di questi vampiri e il fatto che guardino gli esseri umani solo come soggetti da osservare prima di uccidere. Gli esseri umani in questo film sono solo cibo e oggetto di studio per i vampiri. Di conseguenza, c’era spazio per creare immagini assolutamente inedite. Con questo film, il pubblico si sentirà trasportato in un mondo che non potrebbe visitare nella vita di tutti i giorni. E per me è stata l’occasione per fare qualcosa che non avevo ancora fatto e che forse non farò più.

E’ stato divertente girare questo film?

Direi di sì. Quando si gira un film così intenso bisogna essere dell’umore giusto. Interpretare questo personaggio è stato per me molto interessante perché Eben è totalmente diverso da tutto quello che ho fatto finora. Alcune scene naturalmente, come quella nella soffitta, hanno richiesto un atteggiamento più cupo e una maggiore energia. Ma in linea di massima, ci siamo divertiti molto.

Perché secondo lei il pubblico si diverte a farsi spaventare da un film?

Viviamo delle vite relativamente sicure rispetto a come siamo fatti e a quello che potremmo sopportare. Probabilmente saremmo in grado di reggere un po’ più di paura e di pericoli. La paura rende le persone più consapevoli di loro stesse. In un certo senso le sveglia e gli da la sensazione che ci sono molte più cose di quelle che riescono veramente a vedere. La paura agisce a un livello molto basilare, quasi primitivo. E’ come quando guardi una commedia e senti il bisogno di ridere. Qui invece senti la necessità di aver paura, di affrontare la paura e la morte ma di sopravvivere. E’ importante tirare fuori le proprie emozioni. A volte sentiamo il bisogno di piangere e non sappiamo quale sia la vera ragione. L’orrore aiuta a allentare questa tensione interna.

Come descriverebbe 30 DAYS OF NIGHT?

Per me è un film drammatico in stile western; un thriller che parla di isolamento e paura. Parla della natura umana e di come la natura umana lotti per sopravvivere ad ogni costo. E’ interessante esplorare questa metafora ma al tempo stesso, va anche bene godersi il film semplicemente per l’azione e l’orrore.

Ha fatto qualche ricerca per prepararsi al ruolo di Eben Oleson?

Direi di no. Non abbiamo avuto molto tempo a disposizione per le prove o per parlare con il regista prima di iniziare a girare. Ma la sceneggiatura era talmente chiara e i fumetti così vividi che è stato facile capire che cosa avremmo dovuto fare.

Giunto in questa fase della sua carriera, cosa la spinge a recitare, cosa la inspira?

Innanzitutto non sono mai soddisfatto di quello che faccio e cerco sempre di migliorare la mia recitazione. Voglio continuare a crescere e a migliorare. Lavorare con dei grandi registi è la maniera migliore per crescere come attore. Per tanto tempo ero terrorizzato all’idea di apparire stupido sullo schermo ma adesso non ho più simili preoccupazioni. Oggi penso a ciò di cui ha bisogno il personaggio affinché il pubblico creda nella mia interpretazione. Direi che sono spinto dalla paura e presto molta più attenzione al regista con il quale devo lavorare mentre prima ero più interessato al ruolo e non consideravo gli altri elementi.

Come è stato lavorare con questo regista, David Slade?

Mi piace l’approccio di David. Era molto interessato a far si che i personaggi entrassero in contatto tra di loro e lavorassero insieme per creare le dinamiche giuste affinché il pubblico si sentisse coinvolto. Mi piace anche il suo approccio per quanto riguarda la musica e l’uso dei suoni. La colonna sonora è assolutamente fenomenale perché i picchi non corrispondono ai momenti di massima paura, come succede generalmente, ma arrivano un po’ dopo in maniera del tutto insolita e restano con te. E’ stato fantastico lavorare con un regista così creativo e instancabile.

Quale è stata la notte più memorabile della sua vita finora?

Probabilmente risale a quando ero bambino ed i miei genitori mi portavano in vacanza in uno chalet vicino al lago Minnesota. Trascorrevamo li le nostre estati, e ci restavamo per delle intere settimane. Lì potevamo correre per i boschi di notte e spaventarci a morte, tra cugini e amici. Adoravo l’idea di essere terrorizzato e di scappare per i boschi senza sapere quale direzione prendere. E’ un ricordo ancora molto vivido nella mia memoria. Era bellissimo e romantico perché il cielo era sempre pieno di stelle e la notte si riempiva di lucciole. Era quasi magico.

Intervista con MELISSA GEORGE

(Stella Oleson)

Melissa George ha debuttato in grande stile interpretando una famosa soap opera australiana, Home and Away. La serie televisiva si è rivela un’ottima palestra e le ha fatto toccare con mano il successo internazionale visto che è stata poi venduta in Inghilterra, Francia, Norvegia, Svezia, Israele e altri territori. Ormai semi-trapiantata ad Hollywood, si è fatta strada interpretando tra gli altri Derailed con Clive Owen, The Amityville Horror con Ryan Reynolds e il film di David Lynch Mulholland Drive. Inoltre ha avuto dei piccoli ruoli nelle serie televisive Alias e Friends. In 30 Days of Night continua la sua ascesa nei panni di una formidabile protagonista che combatte contro una banda di orrendi vampiri e che tenta di sopravvivere fino al ritorno della luce del sole.

Che cosa rappresentano i vampiri per lei?

In questo film vedrete un genere di vampiri totalmente diverso. Non ho mai visto vampiri così sul grande schermo prima d’ora. Uccidono senza alcun scrupolo morale. Uccidono per mangiare e questo è piuttosto insolito. Non vogliono riprodursi, anzi sono un gruppo piuttosto elitario. Inoltre sembrano quasi umani anche se non completamente e hanno dei denti molto affilati. Anche i loro occhi sono spaventosi e non possiedono un’anima. Siamo tutti affascinati dai vampiri e per me rappresentano la seduzione e l’istinto animalesco. Inoltre hanno a che fare con l’assenza di moralità e con l’idea di poter vivere più di 500 anni.

Come è andata sul set durante le riprese del film?

Non è successo nulla di veramente spaventoso durante le riprese e l’atmosfera è stata molto rilassante e divertente. Ma sono state giornate molto intense perché giravamo soprattutto di notte e faceva piuttosto freddo. Soprattutto alla fine, per la scena nella quale sono in un’automobile cappottata. E’ stato piuttosto stancante.

Come descriverebbe il suo personaggio nel film?

Direi che è una donna forte, non necessariamente una donna manesca o energica ma è una donna in grado di combattere per ciò in cui crede e che sa difendersi come un uomo. Il film parla anche del concetto di sacrificio. Eben (Josh Harnett) si sta scarificando per le persone che ama e questo è un qualcosa che purtroppo non accade nelle nostre società egoiste; la nozione di dare tutto a qualcun altro, di dare anche la propria vita per gli altri. E’ un potentissimo simbolo d’amore, una specie di Giulietta e Romeo …

Che cosa la spaventa di più nella vita reale?

Ho paura dei serpenti a sonagli, e di recente ne ho trovato uno nel mio giardino ed è stata un’esperienza terrificante! Ma non ho paura dei vampiri. So che non verranno mai a bussare alla mia porta!

Crede negli eventi paranormali?

No, ho bisogno di vedere per credere. Sono molto pragmatica.

Perché secondo lei il pubblico ama i film dell’orrore?

I film dell’orrore sono un’ottima maniera per liberarci delle nostre angosce; è una specie di catarsi. Guardare un film dell’orrore ti fa sentire vivo perché devi guardare in faccia i tuoi demoni, e devi liberarti delle paure interiori. Questo film somiglia molto ai fumetti ai quali è ispirato, del tipo di 300 o Sin City. 30 Days of Night non è un tipico film dell’orrore.

Come è stato lavorare con Josh Hartnett?

Fenomenale. E’ un ragazzo fantastico e abbiamo passato quattro mesi a ridere come pazzi. Si è preso cura di me. E quando hai una sceneggiatura fantastica e un protagonista come lui, è tutto più facile. E poi girare in Nuova Zelanda è stato molto divertente. Adoro Auckland dove abbiamo girato gran parte del film. La gente è meravigliosa e gentile e il paese è fantastico. Ho amato molto anche le scene d’azione che ci sono nel film e non mi sono annoiata mai, neanche per un attimo.

Le piace viaggiare?

Sì, moltissimo. Vivo tra Buenos Aires in Argentina, e New York. Inoltre vado spesso a Los Angeles per incontri di lavoro e ogni tanto faccio visita alla mia famiglia in Australia. Come la mia amica Naomi Watts, trascorrerò parecchio tempo a New York in questi giorni.

E’ un’appassionata del genere horror?

Mi è piaciuto Nosferatu naturalmente, ma mi piacciono soprattutto i film di Kar Wai Wong o di Pedro Almodovar. In ogni caso, sono una fan sfegatata di questo film, di 30 Days of Night, perché è originale e interessante.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Ho avuto un anno piuttosto pieno e nei prossimi mesi mi vedrete ovunque. Sarò in Music Within con Ron Livingston per la regia di Steven Sawalich. E poi in Waz con Selma Blair e Stellan Skarsgard. Girerò anche un film d’azione a Berlino con John Cusack per la regia di Jan De Bont intitolato Stopping Power. Sono stata piuttosto fortunata ad avere tanto lavoro perché mi piace lavorare. Adoro perdermi totalmente nel lavoro.

Note di produzione

30 Days of Night ha iniziato il suo cammino verso le sale cinematografiche con la pubblicazione dei fumetti di Steve Niles e Ben Templesmith. La miniserie, che consta di soli tre libri, ha rappresentato una svolta nella carriera di entrambi. Grazie all’approccio innovativo e ad una nuova interpretazione della leggenda sui vampiri, l’opera di Niles e Templesmith è stata salutata come un revival della comicità horror.

“Ci siamo innamorati dell’idea dei vampiri che giungono a Barrow, in Alaska, nel momento in cui il sole tramonta e non si fa più vedere per un mese ” commenta il produttore Rob Tapert, il quale, insieme al produttore Sam Raimi ha fondato la Ghost House Productions per portare sul grande schermo questa storia. “Si tratta di un progetto che ci ha veramente elettrizzati perché trasmette quell’intensità e quell’orrore che io da ragazzo adoravo vedere al cinema e che apprezzo ancora oggi. Per Sam e me, 30 Days of Night è un ritorno alle nostre comuni radici di La casa.”.

Per dirigere il film, Raimi e Tapert hanno ingaggiato David Slade, il cui primo film, la produzione indipendente Hard Candy, li ha davvero colpiti. “David ha uno stile e una maniera di lavorare che sono assolutamente unici, ” commenta Tapert. “Ha un’idea molto particolare su quello che vuole e su come vuole ottenerlo e trova sempre la maniera per collaborare nella maniera giusta con gli attori al fine di realizzare la sua visione. E’ uno strenuo sostenitore dei primissimi piani, con un’enorme attenzione per i dettagli.”.

“Molto prima di essere coinvolto nella realizzazione del film, avevo già comprato la prima edizione del libro, ” commenta David Slade. “Adoro i fumetti di Ben Templesmith, soprattutto l’immagine di Eben che guarda fuori della finestra e vede i vampiri per la prima volta. Dopo aver diretto il mio primo film, ho incontrato un dirigente della Columbia Pictures che ha accennato al fatto che erano loro ad avere i diritti su quei fumetti. E io gli ho detto: Aspetti un momento, io mi farei tagliare un braccio pur di dirigere un film tratto da questa storia!”.

I fumetti hanno infuso nuova linfa al genere e sebbene queste creature risalgano all’epoca di Lord Byron per quanto riguarda la letteratura occidentale – e a tanti secoli prima in altre culture – secondo Niles e Templesmith, i vampiri ultimamente avevano perso un po’ di smalto in termini di orrore. Per gli autori, 30 Days of Night è l’opportunità di riportare il genere alla riscoperta delle sue radici e allontanarlo dai vampiri gotici e affettati che hanno preso il sopravvento negli ultimi tempi. “Una delle cose che io e Ben desideravamo veramente era mostrarvi di nuovo dei vampiri veramente spaventosi, ” commenta Niles. “Ormai i vampiri sono stati quasi ridicolizzati. Ci sono vampiri che escono con delle adolescenti invece noi vogliamo mostrarvi dei vampiri spaventosi che vedono gli esseri umani soli come un qualcosa da mangiare. E Ben ha fatto un lavoro egregio disegnando i fumetti.”.

“Ho pensato a qualcosa di assolutamente selvaggio, con un leggero accenno agli alieni. L’immagine classica del vampiro è quella del vandalo romantico; io invece volevo delle autentiche macchine divoratrici.”.

Templesmith afferma che i realizzatori sono veramente riusciti a portare sullo schermo questa visione. “Sono riusciti a adattare perfettamente i fumetti al grande schermo. Hanno eliminato i colori e i vampiri del film sono identici a quelli del fumetto.”.

“David ed i suoi collaboratori hanno veramente colto l’essenza stilizzata e le atmosfere dei fumetti”, aggiunge Tapert. “Combinare i disegni di Ben e l’azione ha dato al film una nuova prospettiva.”

Parte di quest’integrità è stata realizzare dei vampiri che sembrano – quasi – umani e sebbene i truccatori abbiano utilizzato necessariamente alcune protesi, hanno cercato di limitarsi. “Volevo semplicemente alterare i volti dei vampiri affinché apparissero meno umani ma al tempo stesso assolutamente reali, ” commenta Slade. “Sono abbastanza umani da essere riconoscibili ma non sono come me e te!”

Per portare sul grande schermo la sua visione, i produttori si sono rivolti al neozelandese Weta Workshop, che aveva già realizzato le creature di film quali Il signore degli anelli e Le cronache di Narnia, facendo un lavoro talmente fantastico da meritare l’Oscar. “Desideravamo restare completamente fedeli ai disegni di Ben ma al contempo volevamo creare un nuovo Nosferatu, un qualcosa di originale e scioccante diretto alla nuova generazione di amanti dei vampiri, ” commenta Tapert. Hanno fatto un lavoro incredibile nel mantenere l’estetica che David ed io avevamo sperato di ottenere per i vampiri. “

“Quando vedrete i vampiri sullo schermo”, commenta Slade, “una delle cose che vi colpiranno di più di 30 Days of Night è il rosso che domina su tutto”.

La ricerca degli attori

Il primo obiettivo è stato identificare degli attori in grado di portare sul grande schermo i personaggi dei fumetti.

Josh Hartnett, che interpreta Eben lo sceriffo di Barrow, è rimasto colpito dal fatto che il fumetto originale contiene tutti i migliori aspetti del genere. “E’ stato divertente e impressionante, una storia semplice ma pura. Ho apprezzato soprattutto il fatto che fosse incentrato sui personaggi perché se sono interessanti, riesci facilmente a seguirli anche quando la storia passa ad un livello soprannaturale.”.

Prima di accettare il ruolo di Eben, Hartnett ha incontrato David Slade per avere da lui ragguagli su quella che era la sua visione del film. “Siamo andati nel bar che frequento da quando avevo ventuno anni e quindi è un luogo a me molto familiare. Mentre stavamo andando via, ha fatto un paio di foto del bar e me le ha mandate via mail un paio di giorni dopo. La maniera in cui aveva ripreso quel bar rendendolo assolutamente minaccioso lo aveva letteralmente trasformato al punto che io non riuscivo a riconoscerlo. E allora mi sono detto:’Questo regista farà qualcosa di veramente spaventoso.”

“La maniera in cui Josh ha interpretato il suo personaggio è assolutamente puntuale e precisa, e sebbene il suo personaggio sia in fondo un romantico, è al contempo un eroe in crisi, il che lo rende sicuramente più interessante, ” commenta Slade. “E’ un uomo che ha dei difetti, che perde facilmente la pazienza, una persona normale, come te e me, e non un uomo forte ed invincibile che se ne va il giro a tagliare la testa ai vampiri.”

Melissa George interpreta il ruolo della moglie separata di Eben, Stella. “E’ una donna forte, ” commenta la George. “Adoro i ruoli che mettono in luce la forza ma al tempo stesso la vulnerabilità dei personaggi. Lei adora gli abitanti della sua città, ama Eben e ama la sua pistola.”.

Tapert afferma che è stato Slade a proporre la George per il ruolo di Stella, ed è facile capire perché. “Sola Melissa poteva dare calore a Stella, ” commenta il regista.

Danny Huston interpreta Marlow, il capo dei vampiri. “30 Days of Night rappresenta una maniera assolutamente pura di fare cinema e vi spaventerà da morire” commenta l’attore. “Inoltre, si tratta di un film molto stilizzato dal punto di vista del design, nel senso che i vampiri non sono vampiri normali come quelli ai quali siamo abituati!”

“Provo una forte compassione per un personaggio come Marlow, ” commenta ridendo Huston. “Abbiamo lavorato sempre di notte e quindi mi sono calato un po’ nello stato d’animo e nelle abitudini di un vampiro; tornavo a casa dal set quando era ancora buio e rifuggivo la luce del sole. Le unghie, i denti, gli occhi e le protesi erano alquanto scomodi da indossare ma al contempo mi hanno reso estremamente sensibile alla condizione di vampiro e quindi sono giunto alla conclusione che essere un vampiro è veramente dura.”

“Danny si è calato anima e corpo nel suo personaggio,” commenta Slade. “Seguo la sua carriera da quando l’ho visto in XTC e The Proposition e la sua concentrazione è senza pari. Per esempio, ha partecipato moltissimo al lavoro sul linguaggio utilizzato dal suo personaggio.”

Ben Foster, che interpreta Lo Straniero, è stato attratto soprattutto dall’opportunità di lavorare con Slade. “Conoscevo David Slade personalmente da un paio d’anni ed ero già un grande fan dei fumetti,” commenta lui.

Foster è stato intrigato dalle opportunità offertegli dal suo personaggio. “E’ animato da un certo fanatismo,” commenta lui. “Che tipo di persona si farebbe coinvolgere dal gruppo e sarebbe disposto a morire per quel gruppo? Per me, è diventato una metafora ed è stato divertente interpretarlo.”.

“Nel nostro primo incontro, Ben mi ha messo letteralmente sotto torchio per sapere più cose possibili sul suo personaggio, domande alle quali ho risposto con entusiasmo, ” commenta Slade. “Mi ha chiesto da dove venisse lo Straniero, e io gli ho detto, ‘Sarebbe fantastico se venisse dal sud. Ben si è finanziato da solo un corso per imparare l’accento Cajun in maniera perfetta, cosa che ha arricchito moltissimo il personaggio rendendolo ancora più terrificante.”.

Slade dice che lo Straniero svolge un ruolo ben preciso nella storia che ha a che vedere con le radici stesse della tradizione vampiresca. “Se si fosse trattato del mondo di Bram Stoker, allora lo straniero sarebbe Renfield, ” commenta Slade. “Lo Straniero è colui che aiuta coloro che vogliono diventare dei vampiri a tutti i costi. Ha visto e vissuto tra cose orripilanti, e ha grandi aspettative per quello che sta per diventare.

Ben ha represso tutta la follia che sarebbe potuta derivare da ciò, ” continua Slade, “e ci ha regalato un personaggio molto emotivo perché ha trovato la maniera non soltanto per mettersi nei panni di un personaggio orrendo, cattivo e disgustoso ma è anche riuscito a creare un qualcosa con il quale il pubblico riesce in parte ad essere solidale, la cosiddetta simpatia per il diavolo diciamo.”

La fotografia

Come tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo film, il direttore della fotografia Jo Willems ha cominciato a studiare e a prendere come riferimento il fumetto sin da quando ha cominciato ad immaginare come fotografare e illuminare 30 Days of Night. La grafica, i colori ed il modo stesso in cui erano disegnati i vampiri hanno tutti richiesto dei bozzetti molto approfonditi e dettagliati proprio per arrivare a quei disegni e quel look immaginato e desiderato da Slade.

Eravamo meno interessati ai colori del mondo reale e più a quelli di Ben Templesmith,” continua Slade. “Volevamo delle notti poco sature in termini di colori, nel senso che non volevamo la tipica notte dominata dal blu dei vecchi Western o una notte nera come la pece, ma una notte illuminata da una luce della luna metallica.”

La scenografia

“Ritengo che i fumetti di Templesmith siano assolutamente interessanti dal punto di vista visivo perché sono ricchissimi di dettagli, commenta lo scenografo Paul Austerberry. La gamma di colori monocromatica, interrotta solo dal rosso del sangue, le fiamme e l’uniforme di Stella, sono stati fonte d’ispirazione per creare le scenografie del film.

Una delle maggiori difficoltà affrontate da Austerberry è stata progettare e realizzare la cittadina di Barrow, Alaska, situata in un paesaggio desolato e remoto e che diventa il terreno di caccia dei vampiri. Per Austerberry, doveva diventare un altro dei personaggi del film, e per questo era necessario instillare una profonda sensazione di spavento ed isolamento.

“Avevamo degli edifici neri coperti dalla neve candida, e David desiderava creare una geometria molto precisa e rigida con netti contrasti tra il nero degli edifici che si stagliano contro il bianco della neve, ” commenta lui. “E’ come una cittadina dei film Western, con la differenza che è coperta di neve e ghiaccio! Un luogo in cui gli abitanti vivono isolati dal resto nel mondo, sperduti nel nulla e lontani da tutto e da tutti. Ma tutto cambia quando i vampiri la scelgono come terreno di caccia.”

Tra gli effetti speciali più importanti, c’è stata la creazione della neve: per un film ambientato nell’Artico, la neve è quasi uno dei protagonisti.

Un altro ingrediente fondamentale è stato naturalmente il sangue. Quando i vampiri attaccano, il rosso diventa la tinta dominante e per il film sono stati utilizzati circa 4.000 litri di sangue finto. Nel momento culminante del film, quando la città brucia, i realizzatori hanno utilizzato 5 tonnellate di gas propano per appiccare le fiamme.

Gli Stunt

Come gli altri settori, la squadra degli stuntmen di Allan Poppleton ha dovuto affrontare il duro compito di trovare l’equilibrio tra quanto previsto dai fumetti e la rappresentazione di un mondo reale da portare sullo schermo.

Sin dall’inizio, Slade voleva che i vampiri facessero solo ciò che possono fare gli esseri umani. “Non sono sovraumani, sono solo super cattivi,” commenta. “Il nostro obiettivo è stato creare una serie di regole che non potessero essere infrante. Una delle regole che ci siamo imposti è stata non usare nessun tipo di imbracatura con fili sospesi. Se un vampiro deve saltare da un tetto all’altro, salterà veramente da un tetto all’altro. Allan Poppleton ha accettato e ha detto, ’Possiamo farlo.’ Nel secondo incontro, mi ha fatto vedere delle fantastiche immagini di repertorio dei suoi stuntman che saltano.”

E Rob Tapert conferma quanto sopra: “Allan ed i suoi sono riusciti a ricreare un tipo di azione, violenza e raccapriccio unici. I suoi stuntmen hanno una lunghissima esperienza e si sono impegnati al massimo per regalarci delle sequenze acrobatiche da mozzare il fiato. Sono convinto che guardandoli il pubblico si chiederà come ci siano riusciti.”

Poppleton commenta: “Abbiamo fatto numerose ricerche e ci siamo basati sulle esperienze passate, compresi per esempio alcuni salti dai tetti che avevamo fatto per degli spot pubblicitari, il cosiddetto “volo libero urbano”. Per quanto riguarda i salti sui veicoli o contro gli edifici sono tutti autentici, non ci sono fili, corde o cose simili!”.

Trucco ed effetti speciali

Reinventare i vampiri al cinema ha richiesto la collaborazione di un laboratorio specializzato nella creazione di protesi e creature varie, in grado di realizzare qualcosa di assolutamente innovativo. Per 30 Days of Night, i realizzatori hanno scelto i tecnici premiati con l’Oscar del Weta Workshop che hanno accettato il non facile compito di realizzare per il cinema la visione di Ben Templesmith.

“Quando abbiamo incontrato David Slade, abbiamo capito subito che non sarebbe stato un lavoro come gli altri,” commenta Richard Taylor della Weta. “Mi sono reso immediatamente conto che questo film ci avrebbe offerto delle meravigliose opportunità creative e sin dall’inizio abbiamo capito che era il lavoro giusto per Gino Acevedo, il nostro collega e amico specializzato in protesi e effetti speciali per la testa che ha assunto il ruolo di supervisore.

La cosa più importante sono stati naturalmente i denti. Infatti, i vampiri di questo film non sono delle semplici creature dotate di due piccole zanne acuminate ma delle macchine divoratrici inventate da Templesmith. “I loro denti sono simili a quelli degli squali, ” commenta Acevedo. “Sono denti cuneiformi e piuttosto irregolari. Devo dire che sono decisamente orribili da guardare.”

Il tecnico addetto agli effetti speciali della Weta, Steve Boyle ha sviluppato una tecnica particolare per le dentature per sottolineare maggiormente il look vampiresco.

Ogni vampiro è dotato di un numero superiore ai 32 denti che compongono la dentatura umana. I denti più graziosi sono quelli della ragazzina vampiro interpretata da Abbey-May Wakefield. “David voleva che i suoi denti fossero lunghi e affilati, tipo aghi, come i denti di un cucciolo di cane,” aggiunge Acevedo.

I vampiri sono inoltre dotati di lunghissime unghie che sono state una vera sfida per moltissime ragioni. Innanzitutto, il metodo solitamente usato per indossare le unghia finte – una super colla che si fissa alle vere unghie degli attori – sarebbe il metodo più semplice ma poteva risultare inaffidabile. “A volte giri una scena che ti sembra fantastica ma quando la riguardi ti accorgi che una delle unghie si è staccata ed è tutto da rifare, ” commenta Acevedo. In secondo luogo, le unghie dovevano essere soffici e pieghevoli, per evitare che gli stuntman si ferissero o facessero male agli altri durante le loro acrobazie o scene d’azione più spinte.

Per superare queste difficoltà, Acevedo e i suoi collaboratori hanno realizzato il calco della mano di ogni attore del film e hanno scolpito delle nuove falangi con le unghie attaccate.

I vampiri del film hanno una carnagione giallastra e alquanto malaticcia. “E’ una bella tonalità, direi quasi perlata, ” commenta Acevedo. "Abbiamo utilizzato una speciale pittura per il corpo, chiamato “inchiostro per tatuaggi preso a Latona in Australia. Il supervisore al trucco della Weta addetto al set Davina Lamont ha mischiato la tonalità appropriata di “color morte” con un po’ di polvere opalescente e in questo modo siamo riusciti a distribuire con il pennello la tinta sulla pelle, conferendo al tutto un aspetto molto morbido e naturale, impossibile da ottenere in altro modo. All’inizio delle riprese, ogni attore trascorreva almeno 90 minuti al trucco ogni mattina, ma una volta messo a punto il procedimento e siamo riusciti a farlo in soli 45 minuti.”

I costumi

Per quanto riguarda i costumi, Jane Holland – a capo del reparto costumi – ha seguito un unico principio: semplicità e ha previsto due tipi di costumi: gli abiti funzionali e pesanti degli abitanti di Barrow e gli abiti più cittadini dei vampiri.

“Generalmente mi piace partire dalla realtà per sviluppare poi qualcosa di più stilizzato, ” commenta l’Holland. In questo caso, mi sono informata su come si veste la popolazione della vera Barrow, in Alaska e ho parlato con alcuni di loro per capire anche cosa voglia dire e come ci si sente a vivere lì. Ciò detto, il film si è concesso alcune licenze artistiche. “Nella realtà, ” dice la costumista, “ sono tutti coperti dalla testa ai piedi, perché fa un freddo pazzesco ma naturalmente non potevamo fare una cosa del genere nel film perché non saremmo neanche riusciti a distinguere i personaggi se li avessimo infagottati come si usa lì!”

Per contro, i vampiri adottano un look urbano e moderno, con un non so ché di ultraterreno, fatto di più strati che mano a mano che il film va avanti si distruggono. “I vampiri sono creature estremamente fisiche,” commenta Holland. E volevamo che ognuno di loro avesse una sua personalità”.