Diciamocelo chiaro e tondo: i college horror hanno ormai avuto il loro tempo e questa virata harrypotteriana dell’ultimo minuto parrebbe più un disperato tentativo di salvezza, piuttosto che una spinta al rinnovamento. The Covenant, in effetti, è un film che potrebbe piacere agli adulti così come ai giovani, agli amanti del fantasy come a quelli dell’horror e del thriller, alle ragazzine stracotte per Jesse McCartney (come negare che il casting ha avuto la sua buona parte?), così come ai ragazzi di ritorno da una notte brava.

Ma non funziona granché.

Vediamo più da vicino perché: quattro allievi di un college esclusivo possiedono qualità occulte ereditate dai loro antenati, maghi e streghe appartenenti alle cinque famiglie - quella che bramava più potere è stata cacciata e se ne sono perse le tracce - della Colonia secentesca di Ipswich (Massachussetts); un patto di silenzio, però, li lega nei confronti del resto dei loro coetanei. Prossimi al compimento dei diciotto anni, i ragazzi sanno che manca poco alla loro ‘ascensione’, ovvero al momento in cui acquisiranno un potere immenso ma, allo stesso tempo, capace di consumarli. Quando il corpo di uno studente è scoperto dopo un rave-party, i segreti cominciano a venire a galla, minando la solidità del patto e le vite stesse dei ragazzi.

L’arrivo di un nuovo allievo rende subito chiaro dove la trama andrà a parare, e la prevedibilità del finale toglie quasi tutto il sale al plot. Appare comunque evidente che non è l’originalità l’aspetto su cui il regista vuole puntare. La genesi fumettistica dona colore e chiarezza alle linee, gli effetti speciali di Kevin Carter e Ryal Cosgrove sono buoni, e la fotografia altrettanto. Il montaggio della sigla d’apertura, che racconta ante litteram la storia della vecchia colonia che andremo a riscoprire durante il corso del film, è ottimo, e alcuni - ripeto: alcuni! - dialoghi brillanti. Un plauso va accordato alle scenografie di Anne Pritchard e Pierre Perrault, prima fra tutte quella della casa della madre di Caleb, seconda quella della grotta scelta dai ragazzi come quartier generale della congrega.

È una bella storia che si racconta da sé, poco importa la sorpresina finale che non c’è.

Eppure non basta.

La trama è spesso confusa (mi riferisco in particolare al mistero sul padre di Caleb), il montaggio lento (soprattutto nelle scene d’azione, il ché è tutto un dire), moltissime scene inutili allo svolgimento delle vicende e la caratterizzazione dei personaggi è appena abbozzata, quando invece avrebbe dovuto essere il sugo dell’avventura.

Se è subito evidente che il belloccio scelto per la parte del protagonista (insipido e privo di carisma) si aggiudicherà le fantasie delle ragazzine, il personaggio di Reid Garwin acquisterà le simpatie di tutti gli altri, grazie soprattutto all’esilarante battuta su Harry Potter (parental advisory sempre in agguato!) che lancia durante la fuga iniziale e rende vano ogni tentativo dello sceneggiatore di renderlo ambiguo o antipatico agli occhi degli spettatori; peccato che venga poco sfruttato a discapito dei personaggi femminili a cui viene dato ancor meno spessore (quasi gli autori avessero voluto modellare a tavolino una boy band, dando minore importanza alla caratterizzazione delle ragazze) e di Pogue, utilizzato soprattutto per la tartaruga sull’addome, quando avrebbe potuto dimostrarsi una spalla probabilmente un po’ scontata, sì, ma di tutto rispetto. Ma non preoccupatevi, maschietti: la rituale scena nella doccia della co-protagonista femminile… c’è!

Le atmosfere sono certo più cupe del fumetto originario, decisamente fantasy. Harlin ha preferito dare un tono gotico, che sfuma spesso nel grigio-blu (alla Buffy, per intendersi), e punta molto ai richiami della Colonia del 1600, nonché a piccoli giochi di suspense, unici elementi che portano a classificare la pellicola, sottolineando lo spiccato crossover, come horror.

Si tratta sicuramente di una bella massa di argilla che potrebbe essere ripresa e lavorata di nuovo, con sequel, serial, merchandising e chi più ne ha più ne metta. Il problema è che chi ha le redini in mano (eppure i produttori Gary Lucchesi e Tom Rosenberg sono gli stessi di Underworld…) pare non si sia ancora accorto che le avventure dei quattro giovani maghi stanno ottenendo un seguito di pubblico che si riscontra e lo si vede crescere solo navigando pian piano su siti amatoriali o forum giovanili. E il successo aumenta anche in Italia dopo ogni passaggio sul digitale terrestre, parallelamente al giro di voci che ha portato il DVD (Sony Pictures, 2007) fra i 10 più noleggiati e venduti degli ultimi mesi.

E' un film per adolescenti che piace agli adolescenti. Pure far morire quest’idea sarebbe da sciocchi, non fosse altro che dal punto di vista del portafogli.