Nonostante un terzo episodio sotto tono e la concorrenza delle console di nuova generazione – xbox 360, ps3 e revolution – la SEGA realizza una quarta versione per sale giochi del suo House of the dead.

La struttura di gioco è sempre la solita: missioni di pura azione in un tragitto a bivi prestabiliti, con orde di zombi e mostri sui quali sfogare a colpi di arma da fuoco i propri istinti barbarici.

 

Tecnicamente il nuovo gioco si dimostra a passo con i tempi, con lo schermo sempre affollato di nemici (circa una dozzina contemporaneamente contro i soliti 4-5) estremamente dettagliati e ripugnanti al punto giusto. Tutto merito della scheda, la Lindbergh, costituita da un Pentium 4 a 3 Ghz ed equipaggiata con 1 GB di RAM, e di una scheda video Nvidia da 256 MB che supporta effetti quali vertex shader 3.0 e pixel shader 3.0 per rappresentazioni sempre più realistiche. La SEGA sembra puntare molto su questo hardware, piattaforma sulla quale gireranno anche i nuovi capitoli di Virtua Fighter, il quinto, e di After Burner.

House of the dead è aggiornato anche nell’arsenale bellico a disposizione: niente più pistole o shotgun, ma piccoli mitragliatori simili a UZI con tanto di lancia granate. Le armi si ricaricano puntandole al di fuori dello schermo, come nella migliore tradizione degli shooter game da sala. L’introduzione del mitra garantirà molta più frenesia al gioco rispetto ai primi 3 episodi cambiando, forse, anche la strategia che si doveva adottare con le armi più lente.  

Ma la vera novità che rende questo titolo invitante è un nuovo sistema di controllo. Il giocatore dovrà scuotere violentemente la propria arma per liberarsi dalla presa del nemico, sia esso uno zombi, sia uno dei boss finali. Il computer misurerà la rapidità con la quale si sta scuotendo la periferica e, naturalmente, maggiore sarà la velocità, più facilmente sarà possibile liberarsi. Una garanzia di t-shirt inzuppate di sudore per tutti i giocatori. 

Molta carne al fuoco che, si spera, dovrebbe avere anche una conversione per le console domestiche. Speriamo invece di non vederne una nuova versione cinematografica di Uwe Boll.