Parte seconda: New Weird

La differenza tra i VanderMeer e Lovecraft, che vede il weird principalmente come una tipologia di horror, potrebbe essere attribuito al fatto che l’esperienza di Lovecraft era limitata agli autori precedenti e ai suoi contemporanei (oltre ai gotici, scrittori come Edgar Allan Poe, Ambrose Bierce, Robert W. Chambers, Clark Ashton Smith, Bram Stoker, Wiliam Hope Hodgson, Algernon Blackwood, Arthut Machen, Montague Rhode James).

I VanderMeer hanno invece avuto modo di vedere cos’è accaduto dagli anni '30 in poi del secolo scorso. Così, ai loro occhi, il weird moderno dilaga dappertutto, e si può ritrovare in autori SF come Fritz Leiber, Ray Bradbury, Harlan Ellison, Philip Dick, Michael Moorcock e James Ballard, ma anche in autori letterari come Franz Kafka, Jorge Luis Borges, Gabriel Garcia Marquez e Julio Cortazar, per non parlare di autori come Ramsey Campbell, Stephen King, Clive Barker e Thomas Ligotti, più facilmente ascrivibili al genere.

C’è dunque da chiedersi se ci troviamo di fronte a due concezioni nettamente contrapposte, o se ci sia modo di renderle compatibili. La chiave per rispondere in modo affermativo la possiamo trovare nel paragrafo che conclude l’introduzione del citato saggio di Lovecraft. Egli dice che naturalmente non dobbiamo aspettarci che tutte le storie weird si conformino a un qualsivoglia modello teorico, anche perché il weird sorge spesso da scelte inconsce che riguardano più l’atmosfera che la trama.

Al contrario, la decisione deliberata di indottrinare il lettore o di spiegare gli orrori in termini razionali distrugge la sensazione di paura cosmica di cui si nutre il weird. E tuttavia, perfino in questo caso, in alcuni punti del testo la sensazione può sorgere a causa di alcuni tocchi isolati che riescono a creare la giusta atmosfera. In definitiva, afferma Lovecraft, si tratta di capire se il testo ci trasmette un profondo senso di paura e di contatto con forze e dimensioni arcane, uno sbigottimento come quello che può sorgere ascoltando il cupo battito d'ali o il raschiare di ombre ed entità che si muovono oltre l’orlo più esterno dell’universo conosciuto.

Più questo effetto viene raggiunto, migliore è la storia come prodotto artistico in uno specifico medium, conclude Lovecraft. Dato che il termine medium sembra qui indicare il tipo, o genere, di narrazione, ne deriva che lo stesso Lovecraft era del tutto consapevole che il weird è qualcosa che può comparire, potenzialmente, in un testo qualsiasi. Questo ci riporta direttamente alle conclusioni dei VanderMeer, che si sono occupati dell’argomento anche nell’introduzione a un’altra antologia, dedicata al cosiddetto “New Weird” (2008).

Vale la pena di notare che questo scritto precede l’altro di circa tre anni. Qui l’impostazione sembra più storica, perché in prima battuta i due autori ritengono che il weird, originatosi dal gotico tra l’Ottocento e il Novecento, sia poi sfociato nel moderno horror, da cui sarebbe nato il new weird (definizione coniata da Michael John Harrison) per una sorta di germinazione collaterale. Il new weird non è dunque la nuova veste dell’horror, il quale continua a esistere come tale, semmai è una trasformazione del weird prima maniera sotto l’impulso di due fattori: il primo è la cosiddetta “New Wave” degli anni '60 del secolo scorso, che ha rinnovato gli stilemi della fantascienza a opera di Moorcock e Ballard, in qualche modo ammorbidendo i confini tra fantascienza e fantasy.Il secondo fattore è stato, sempre secondo i VanderMeer, il sopraggiungere del new horror, come esemplificato nella serie in sei volumi dei racconti di Clive Barker, Books of Blood (1984-1985). Così, mentre il gotico e il weird classico sopravvivono nell’horror, dal weird si è originato un nuovo genere, che mescola fantascienza, fantasy e un tipo di horror che oscilla tra il soprannaturale e il dark fantasy.

Sembra di capire che qui il weird è visto come una specifica modalità dell’horror, mentre il new weird è un’evoluzione che combina più generi per creare un genere nuovo. Tre anni più tardi il new weird sembra invece essere inteso come un’estensione del weird, prodotta dalla sua capacità di comparire all’interno di un qualsiasi tipo di narrazione, dall’horror propriamente detto al dark fantasy, dalla fantascienza alla narrativa sperimentale.

In qualche modo le due interpretazioni si sono combinate, i concetti di weird e new weird si sono fusi insieme e adesso il weird viene percepito sia come una particolare modulazione dell’horror, sia come un genere che oscilla tra fantascienza, fantasy e horror. Posto che il weird è, di fatto, una miscela di fantastico e di horror, le due interpretazioni sono probabilmente connesse alla specifica combinazione dei due elementi, nel senso che il weird, nella sua oscillazione tra questi due poli, si accosta a volte più all’horror e, altre volte, più al fantasy (o al fantastico in senso ampio).

Nel primo caso abbiamo a che fare con il weird in senso stretto, mentre nel secondo caso ci troviamo di fronte a una sorta di dark fantasy, o di weird in senso lato, nel quale gli elementi fantascientifici vengono utilizzati soprattutto per fornire al contesto narrativo un carattere di credibilità, allo scopo di dissolvere il senso di fiabesco che caratterizza il fantasy tradizionale.

Da questa ipotesi deriva che definire il weird come un genere ibrido non è sbagliato, ma risulta insufficiente. Ad esempio, Benjamin Noys e Timothy Murphy (Introduction: Old and New Weird, 2016) precisano che centrale nel weird è l’estraniamento dal nostro senso di realtà. In effetti, per creare il weird occorrono due elementi: lo spaesamento e la paura. Il primo è fornito da elementi fantastici o soprannaturali, mentre il secondo deriva da uno specifico registro narrativo.

Dato che il registro del weird è lo stesso dell’horror, il weird risulta essere una particolare forma di quest’ultimo. Ciò che rende complesso il tentativo di definirlo in modo preciso è la componente di tipo fantastico o soprannaturale, che riguarda non il registro ma il contenuto. Mentre gli elementi soprannaturali sono tipici dell’horror, il fantastico è qualcosa che può comparire dappertutto. Da qui discende presumibilmente l’oscillazione del weird come genere, laddove si caratterizzi il genere in base ai suoi elementi di contenuto.

Ma anche il registro narrativo crea una difficoltà, perché da esso deriva la particolare sensazione che una specifica storia trasmette al lettore. Infatti, parlare genericamente di “paura” non basta a cogliere in pieno l’effetto prodotto da una data storia su un dato lettore. Le sfumature sono, di fatto, innumerevoli, e del resto sono proprio queste sfumature a fornire al weird il suo fascino. Così, ci sono molti tipi diversi di weird, in base alla tipologia e all’intensità dello spavento emanato dal testo, che può variare da un terrore bieco a una stupefazione timorosa, dall’angoscia profonda al turbamento più inafferrabile.

In alcuni casi avremo dunque un weird più tradizionale, legato ad alcune varianti del genere horror, mentre in altri casi la narrazione virerà verso quelle forme di realismo magico o fantastico, nelle quali l’impalcatura su cui poggia l’universo è corrosa da alterazioni che ne compromettono la stabilità. Nel concetto di “realismo fantastico” vive un ossimoro che è la vera cifra del weird: una costante, pur nella variabilità del canone. Non a caso il weird di Lovecraft, che vira verso la fantascienza, viene definito “realistico”, perché non usa gli stilemi del soprannaturale spiritualistico.

Lovecraft, tuttavia, più che abolire il soprannaturale tout court (come affermano alcuni critici, ad esempio i citati Noys e Murphy) ne modifica radicalmente il concetto. Nelle sue storie, ciò che funziona come soprannaturale non è un’ipotetica dimensione spirituale, ma tutto ciò che va oltre le leggi naturali come noi le conosciamo, o presumiamo di conoscerle. Perciò Lovecraft ammette il “soprannaturale”, nel senso che ci sono dimensioni della realtà che oltrepassano la nostra capacità di comprensione. Il weird di Lovecraft ha dunque una radice materialistica, ma il suo è un horror psicologico, e la mente è la controparte moderna di quella che una volta veniva chiamata “anima”.

Noys e Murphy notano come Lovecraft usi il moderno per resuscitare l’arcaico. Come dicevo, un ossimoro.

Conclusioni

Dalla precedente esposizione si ricava che il weird può essere inteso in tre modi diversi:

1) Il weird è un genere a sé, che può presentarsi in altri generi ma può esistere in forma “pura”.

2) Il weird non è un genere, ma una suggestione analoga al “sense of wonder”. Quest’ultimo è tipico della SF, mentre il “sense of weird” è tipico dell’horror.

3) Il weird è un genere interstiziale o di confine. In quanto tale esiste all’interno di altri generi, o al confine tra un genere e l’altro, rispetto ai quali funge da collegamento.

Queste tre definizioni, se prese in senso stretto, sono mutualmente esclusive. Tuttavia, niente ci impedisce di pensare che il weird sia un concetto multiforme. Perciò può essere, di volta in volta, un genere puro, un genere di confine, oppure una suggestione. Basta accettarne la natura paradossale, l’ossimoro situato nel cuore stesso del weird, per il fatto che esso è un tentativo di rappresentare ciò che non è rappresentabile, ovvero l’incommensurabilità del cosmo rispetto all’uomo, la sua alterità assoluta.

Riferimenti

Barker, Clive, Books of Blood. Sphere, London, 1984-1985.

Noys, Benjamin, & Murphy, Timothy S., Introduction: Old and New Weird, in “Genre”, 49, 2, 117-134, 2016.

VanderMeer, Ann & Jeff, Introduction. The New Weird: “It’s Alive?”, in “The New Weird”, Tachyon, San Francisco, 2008.